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Rafael Corre(a) ancora

A febbraio gli ecuadoriani andranno al voto per eleggere il loro nuovo Presidente della Repubblica. In pole position il leader uscente, Rafael Correa, che attraverso un intenso programma di riforme sociali – una versione meno “estrema” del socialismo di matrice chavista – ha ottenuto risultati importanti. L’opposizione sembra frammentata ma vuole giocare comunque le proprie carte

 

ECUADOR, SI VOTA – Il prossimo 13 febbraio si svolgeranno le elezioni presidenziali in Ecuador. In questi giorni si è fatto avanti colui che potrebbe rivelarsi il principale oppositore di Rafael Correa, l’attuale presidente e candidato -anche se non ancora ufficialmente- ad ottenere un secondo mandato. Si tratta di Guillermo Lasso, di professione banchiere,votato all’apertura commerciale. Lo slogan di Lasso è la lotta contro la povertà, la promozione del lavoro, della sicurezza, della libertà d’espressione e la lotta contro la corruzione. Afferma che l’attuale Presidente non è quello del 2006, quando vinse la sua prima competizione elettorale, in riferimento alla crisi di fiducia che attraversa la Presidenza con le classi popolari. Negli ultimi mesi Rafael Correa infatti è stato oggetto di una dura contestazione da parte della classe contadina che si oppone ai progetti di sfruttamento delle risorse minerarie promossi dal governo. Correa ha cercato di calmare gli animi sostenendo che la gestione progressista del paese, ispirata alla teoria del socialismo del Secolo XXI (il cui principale esponente è Hugo Chávez) non è in discussione ma che la rivoluzione deve adeguarsi  alle esigenze dell’economia moderna.

 

I SUCCESSI DI CORREA – Ciononostante non sarà facile “detronizzare” Rafael Correa dal posto di Presidente della Repubblica. Il suo bilancio infatti include risultati significativi. Dal 2006 ad oggi ha più che triplicato la spesa sociale (salute, educazione). Inoltre ha implementato iniziative popolari come il buono di sviluppo umano per le famiglie più povere, il Banco Nacional de Fomento, una nuova istituzione bancaria che presta credito alle famiglie a tasso agevolato del quale beneficiano attualmente 60.000 famiglie, o ancora il buono per la casa che ha favorito 200.000 famiglie. Il rapporto debito pubblico/PIL del 22% è il più basso mai fatto registrare dal paese.

 

CE LA PUO’ FARE? – Gli ultimi sondaggi vedono il Presidente ottenere un’approvazione del 55%, la più elevata tra i dirigenti del continente, cosa che gli consentirebbe una vittoria al primo turno. Correa non sembra soffrire quindi della crisi che colpisce solitamente le amministrazioni uscenti mentre addirittura è sopravvissuto ad un tentativo di “golpe” tentato dalla polizia nazionale nel 2010. La sua posizione appare comunque meno solida che nel 2006 quando lanciò una grande riforma conclusa con l’approvazione di una nuova Costituzione, un processo di rinnovamento che rivaluta i diritti delle classi indigene, la protezione ambientale, l’accesso a educazione e salute per i più poveri. La coalizione di sinistra, la sponda dalla quale proviene Correa, ha però preso le distanze dall’attuale leader e presenterà una candidatura indipendente nella figura di Alberto Acosta, ex uomo forte del partiro Correista Alianza Popular. Inoltre la opinione pubblica di Rafael Correa è stata deteriorata dalla crisi che ha visto due giornalisti del “Universo”, una nota testata ecuadoriana, condannati per calunnia per poi essere graziati dal Presidente, e la chiusura di sei università private nel quadro di un progetto presidenziale che pretende aumentare il livello dell’educazione superiore eliminando le istituzioni che non rispettino alti standard di qualità.

 

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L’OPPOSIZIONE – È su questo che si appoggia Guillermo Lasso nella sua corsa al palazzo presidenziale. Non è un caso che per compagno di viaggio nella contesa elettorale abbia scelto come vicepresidente candidato, il rappresentante indio Auki Tituaña, il primo individuo originario di una minoranza etnica ad accedere alla carica di sindaco in Ecuador. La mossa di Lasso sembra diretta a conquistare il voto popolare che è stato un bacino di Correa durante l’intera durata della sua gestione, anche se però la Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador ha espulso Tituaña al momento di conoscere la sua scelta di alleanza con la destra. Nella stessa direzione va la proposta di Lasso di aumentare il buono di sviluppo da 30 a 50 dollari per famiglia. Alcuni analisti però sostengono che l’utilizzo di strategie già appartenenti alla corrente Correista non gli permetteranno di vincere il duello. Inoltre, Lasso dovrà fare i conti con una opposizione divisa, che oltre al candidato di sinistra Acosta, vede sul fronte più conservatore (quello prossimo a Lasso) non meno di atri tre candidati credibili come l’ex presidente Abdalá Bucaram, Lucio Gutiérrez, che i sondaggi accreditano come principale contendente di Lasso con rispettivamente il 16% di preferenze contro 22%, e Alvaro Noboa, l’uomo più ricco del Ecuador. A ben vedere, ci sono differenze sostanziali tra i due contendenti. Guillermo Lasso ha dichiarato apertamente che cercherà d’aumentare il commercio con il maggior numero di paesi. Si intravede il colore del suo gioco, con un riferimento chiaro alla ripresa dei negoziati con gli USA quanto alla sottoscrizione di un Trattato di Libero Scambio, una opzione sulla quale Correa aveva posto il veto a favore di una politica protezionista basata sul controllo dell’inflazione e la protezione dei posti di lavoro. Secondo le ultime stime della Banca Centrale Ecuadoriana, la crescita del paese si aggira attorno al 5%, una delle più dinamiche del continente, in aumento di 8 punti dall’anno scorso. Il dato che però più importa è che la crescita sia stata spinta dall’aumento del settore privato produttivo, principalmente la pesca e la piscicoltura, la costruzione, che nell’ultimo periodo hanno registrato un aumento dell’1,48% mentre il settore petrolifero, l’asset principale del paese, solo del 0,14%.  L’opzione di Correa di non far dipendere l’economia del paese unicamente dalla produzione di greggio la dice lunga sulla sua visione di sviluppo considerando che ha negoziato davanti all’ONU un compenso per non sfruttare, ed evitare quindi il conseguente danno ambientale, i giacimenti petroliferi del Parque Yasuni, dichiarato Riserva della Biosfera dall’UNESCO. In cambio Quito dovrebbe ricevere 3.600 milioni di dollari dalla Comunità Internazionale, l’equivalente della metà dei profitti che si ricaverebbero dall’estrazione dei circa 800 milioni di barili che si stima giacciano al di sotto di questo territorio situato nei pressi della foresta amazzonica.

 

IL RAPPORTO PROBLEMATICO CON GLI USA – Nel caso di una probabile rielezione di Rafael Correa pesa comunque la spada di Damocle rappresentata dalla scadenza nel 2014 delle preferenze commerciali con gli USA delle quali Quito gode nel quadro della CAN per accedere al mercato statunitense e la brusca discesa che hanno sperimentato gli investimenti stranieri negli ultimi anni. Non è un segreto che un cambio al timone venga auspicato internazionalmente, specie da quei paesi che vedono di mal occhio l’amicizia di Correa con il presidente venezuelano Hugo Chávez, con il quale -insieme al boliviano Evo Morales- forma parte del movimento riformatore d’ispirazione marxista che si è installato nel subcontinente nell’ultimo decennio.

 

Gilles Cavaletto (da Santiago del Cile)

redazione@ilcaffegeopolitico.net

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Gilles Cavaletto
Gilles Cavaletto

Vivo a Santiago ma ho studiato temi europei. Ho lavorato in America Latina, in agenzie legate all’ONU attive nel tema della cooperazione internazionale. Per il “Caffè Geopolitico” seguo il Cile e Haiti, bellissima isola martoriata dal terremoto e dalla povertà nella quale ho lavorato.

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