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Ecologia in salsa cinese

I problemi ecologici sono sempre più al centro delle attenzioni del Governo cinese, che sta cercando un modo di conciliare le esigenze dello sviluppo sostenibile con quelle della crescita economica. Un obiettivo ambizioso ma non facile, reso ancora più urgente dal costante degrado delle condizioni ambientali in molte aree urbane e rurali della RPC

LA CINA E L’AMBIENTE – Le tematiche ecologiche, al contrario di quanto molti pensino, rappresentano per la classe dirigente cinese un argomento sensibile inserito nella Costituzione – che sottolinea, all’art. 9, l’appartenenza al popolo di tutte le risorse naturali -, al cui uso razionale deve provvedere lo Stato. La formula adoperata, originale e unica nell’universo giuridico, prevede un’appartenenza diversificata: i beni di proprietà dello Stato, cioè di tutto il popolo, ricadono in un regime giuridico diverso rispetto a quelli di appartenenza collettiva. Quest’ultima comprende un vasto range di imprese o di organismi, vagamente assimilabili alle nostre cooperative, in genere sottoposti al controllo dalle municipalità territorialmente competenti, cui vengono affidate le foreste, le montagne, le praterie, le terre incolte e le spiagge. La protezione si estende (art. 22) ai siti di interesse paesaggistico e storico, ai monumenti e a tutto ciò che testimoni l’eredità culturale della Cina. L’art. 26 impone allo Stato, attraverso il Ministero preposto, di proteggere e migliorare l’ambiente, prevenendo e controllando l’inquinamento.

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Fig. 1 – Le grandi foreste di Huanglong nel Sichuan, Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO dal 1992

AMBIGUITÀ E DEGRADO – Gli enunciati costituzionali del 1982 sono stati seguiti da ampie discussioni parlamentari solo a partire dal 1997, cioè da quando l’inizio del turbosviluppo ha prodotto pesanti risvolti ambientali. Il Governo cinese, d’altra parte, è stato sempre molto attento a mantenere una quota di terra arabile tale da poter sfamare la popolazione più numerosa del mondo, ponendo un freno alla desertificazione e al degrado del territorio. Ma la consistente quota di terre gestita localmente e appartenente alla proprietà collettiva, che gode di un alto grado di autonomia relativamente alle scelte economiche, è spesso oggetto di trasformazione in relazione alla destinazione d’uso, tanto che su molti terreni sorgono repentinamente interi quartieri urbani, adibiti sia a uso abitativo che commerciale, o destinati a uso industriale. Tali riconversioni permettono ai quadri del Partito di raggiungere molto velocemente i target di sviluppo assegnati in fase di programmazione, superando, talora attraverso il ricorso a pratiche illegali, gli ostacoli costituiti dai vincoli ecologici. Questo spiega, almeno in parte, la rottura degli equilibri preordinati dal Governo centrale, che, per altri versi, ha sottovalutato le gravi conseguenze del degrado ambientale e ha posto addirittura il segreto di Stato su molte questioni, impedendo la diffusione dei dati, spesso non conformi agli standard internazionali, che ora sono…proiettati nei cieli grigi di tutta la Cina!

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Fig. 2 – Due cittadini di Wuhan raccolgono i corpi di migliaia di pesci uccisi dal massiccio inquinamento del fiume Fuhe

BROWN ECONOMY – L’impronta ecologica globale, che misura lo sfruttamento delle risorse del pianeta, è in continua ascesa, ed è sempre più elevato l’impatto di Cina e India, responsabili delle maggiori emissioni di gas a effetto serra. La prima causa si scorge sicuramente nel largo uso di prodotti petrolchimici (carbone, petrolio, gas naturale) nei processi produttivi, che rilasciano nell’aria grandi quantità di biossido di carbonio e creano  inquinamento atmosferico, ma non sono da trascurare altre emissioni di sostanze chimiche che aggravano la situazione e determinano effetti dannosi a catena, dal suolo fino agli alimenti e all’acqua, per le falde inquinate dallo smaltimento dei rifiuti. L’alta concentrazione di particelle inquinanti nell’aria e persino negli ambienti interni ha prodotto deleteri cambiamenti climatici, l’aumento preoccupante di malattie cardiovascolari e tumorali e, contestualmente, ondate migratorie “ecologiche” verso contesti ambientali più sani.

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Fig. 3 – Un grafico che rappresenta la continua crescita del consumo di carbone in Cina dal 2000 al 2011| Fonte: US Energy Information Administration (EIA)

VERSO LA GREEN ECONOMY – Un passo decisivo, che si aggiunge a diverse leggi sulle risorse e sulla tutela ambientale – la cui disciplina applicativa è contenuta in un centinaio di regolamenti e decreti elaborati sia a livello centrale che locale – è costituito dalla recentissima modifica della Environmental Protection Law con cui si cerca la soluzione a problemi complessi ed eterogenei, creati da uno sviluppo economico dirompente, anche per la delocalizzazione delle multinazionali straniere. Il quadro normativo prevede, tra gli obiettivi della performance dei quadri, il raggiungimento dei target ecologici, sotto la supervisione dei gruppi di interesse, registrati presso il Civil Affairs Bureau, e l’obbligo di pubblicazione delle liste dei trasgressori, in un contesto di trasparenza e di information disclosure and public participation. Viene così reso imprescindibile l’Environmental Impact Assessment e Energy Conservation Assessments (ECA) per tutte le attività imprenditoriali, per le quali si prevedono, oltre ad una sorta di carbon tax, un meccanismo sanzionatorio il cui ammontare aumenta in modo esponenziale al protrarsi del reato, la detenzione e il sequestro di assets, fino alla chiusura definitiva.

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Fig. 4 – Pannelli solari a Dunhuang, nella provincia nord-occidentale di Gansu

CIELO AZZURRO, MONTAGNE VERDI E ACQUE LIMPIDE – La struttura produttiva ed energetica della Cina deve essere riconvertita alla luce delle esigenze dell’ambiente, e quindi di uno sviluppo sostenibile che comporta una revisione dell’immenso apparato produttivo, altamente inquinante e con scarso impiego di tecnologia, e dello stesso stile di vita della popolazione, in un contesto circolare in cui sia possibile riciclare le risorse naturali. Lo stesso sviluppo economico, secondo quanto trapela dalla redazione, in corso, del  XIII piano quinquennale (2016-2020), virerà verso modelli green oriented, che punteranno sull’eco-agricoltura, sulle risorse oceaniche marine e su quelle derivate dal Sole: energia eolica, solare e fotovoltaica, acqua, energia da biomasse, geotermica e marina, cui farà da corona tutto l’indotto. La riconversione comporterà frenate produttive molto rilevanti, di cui forse le svalutazioni a catena dello yuan dell’estate 2015 sono il primo segnale. Gli investimenti, che nel XII piano quinquennale ammontavano per le infrastrutture ambientali a 3mila miliardi di RMB,  saranno implementati per migliorare l’efficienza energetica e accelerare il progresso nelle tecnologie ambientali cui l’Europa in generale e l’Italia in particolare potrebbero notevolmente contribuire. Un nuovo sviluppo eco-compatibile, teso a regolare l’impatto delle attività antropiche sull’ambiente, riuscirà a trascinare la Cina verso nuove opportunità di profitto legate a produzioni con basse emissioni e un minore consumo di risorse, azzerando i costi ambientali?

DALLA BLUE ALLA GOLDEN ECONOMY – Il Governo dello Stato di mezzo sa bene quanto uno sviluppo ecosostenibile (Kě chíxù fāzhǎn 可 持续 发展, che letteralmente significa “sviluppo che può continuare”) sia imprescindibile e non più derogabile per garantire il benessere, contenere lo spreco di risorse e proteggere l’ambiente. Dal raggiungimento di questo obiettivo, che non può limitarsi a brevi parentesi – come accaduto nel corso del vertice APEC, che ha mostrato al mondo un cielo fittiziamente azzurro, chiamato APEC Blue (APEClán) -, dipende la stabilità economica, sociale e politica  della Cina in relazione agli impegni assunti nei confronti del mondo globalizzato, ma soprattutto rispetto all’impalcatura ideologica e filosofica di una civiltà antichissima, che spesso sfugge a noi occidentali.

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Fig. 5 – Un volontario di un’organizzazione ambientalista raccoglie campioni d’acqua da far analizzare nella provincia di Henan

NATURA E MANDATO CELESTE – I cinesi, nella loro incredibile razionalità, hanno da sempre creduto nelle forze della natura, esplicitate in un Cielo che assicuri l’ordine cosmico e l’armonia, prova del possesso del Mandato Celeste (Tiānmìng 天命) da cui derivava il potere dei sovrani. Il carattere wáng 王, che significa re, rappresenta mirabilmente questa concezione: una linea verticale che unisce tre linee orizzontali, il Cielo, l’Uomo e la Terra. L’ambiente e la natura costituiscono pertanto l’asse portante di quell’armonia che il susseguirsi di eventi disastrosi mette a repentaglio in quanto possibile segno della perdita della legittimazione a governare, come riflesso anche nel termine rivoluzione, che viene tradotto  gémìng 革命 , cambiare il mandato. Questo monito risuona per tutti i governanti cinesi, ieri a capo dell’Impero Celeste oggi del PCC. Il più grande sviluppo economico che la storia abbia mai scritto deve comunque garantire il susseguirsi delle stagioni, i buoni raccolti, l’armonia della società, vagheggiata da sempre e, negli ultimi anni, evocata con insistenza dalla leadership del Dragone, perché i cieli plumbei, le variazioni climatiche, i continui disastri potrebbero suggerire al popolo che il Governo, forse…ha perso il mandato celeste!

I BENI INVIOLABILI – Ci chiediamo oggi se un’economia come quella cinese, ancora saldamente guidata dalla politica, non orientata al mercato, ma ancora da considerare pianificata, riuscirà ad abbracciare la green economy e a proiettare verso l’avvenire quell’equità intergenerazionale che sostanzia lo sviluppo sostenibile, a salvaguardia dei beni comuni che rappresentano un mondo più umano e vivibile, un altro futuro, il linguaggio del cambiamento proiettato alle generazioni future. In effetti il collegamento tra la dignità della persona e i beni comuni è talmente stringente da rendere molto arduo per il Governo del Dragone sorvolare sul nesso funzionale tra essi e i diritti inviolabili, considerati entrambi il cuore pulsante dell’universo del costituzionalismo moderno e contemporaneo. È arrivato forse il tempo, dopo la riformulazione delle priorità economiche e il recupero della tradizione, di realizzare anche il sogno del costituzionalismo… con caratteristiche cinesi?

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Fig. 6 – Un gruppo di panda gioca nella riserva naturale di Wolong

Nota: I dati presentati nell’articolo sono attinti da CeSIF, La Cina nel 2015: scenari e prospettive per le imprese VI edizione.

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Un chicco in più

Per approfondire l’argomento, si consigliano i seguenti testi:

  • L. D’ANDREA, “I beni comuni nella prospettiva costituzionale: note introduttive, in Rivista AIC, N. 3/2015.
  • S. ALLAN, “On the Identity of Shang Di 上帝 and the Origin of the Concept of a Celestial Mandate (tian ming 天命)”, Early China, 31 (2007), pp. 1-46.
  • ZHU ZHONGMING, “Toushi Taizhou moshi. Tanfang quanmian fazhan” (Una prospettiva sul Modello Taizhou: Analisi di un modello di sviluppo completo), in Jingji Qianyan (Posizioni d’avanguardia in economia), n. 5, maggio 2004, p. 17

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Foto: Aaron Miller – Postcard Intellect

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Elisabetta Esposito Martino
Elisabetta Esposito Martinohttp://auroraborealeorientale.wordpress.com/

Sono nata nello scorso secolo, anzi millennio, nel 1961. Mi sono laureata in Scienze Politiche, Indirizzo Internazionale, presso La Sapienza con una tesi sul consolidamento della Repubblica Popolare cinese (1949 – 1957); ho conseguito il  Diploma in Lingua e Cultura Cinese presso l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente di Roma ed il Perfezionamento in Lingua Cinese presso l’ISMEO. Sono stata delegata italiana per l’International Youth culture and study tour presso la Tamkang University Taipei, e poi docente di discipline giuridiche ed economiche. Ho lavorato come consulente sinologa e svolto attività di ricerca. Ora lavoro in un ente di ricerca e continuo la mia formazione (MIP Business School del Politecnico di Milano e dalla SDA Bocconi School of Management, Griffith College di  Dublino, Francis King School of English di Londra, EC S.Julians di Malta). Ho pubblicato sull’”Osservatorio Costituzionale”, dell’associazione italiana dei costituzionalisti  (AIC) , su “Affari Internazionali” e su “Mondo Cinese”.
Dopo aver sfaccendato tra pappe e pannolini per quattro figli, da quando sono cresciuti ho ripreso alla grande la mia antica passione per la Cina, la geopolitica  e le istituzioni politiche e costituzionali. Suono la chitarra, preparo aromatici tè ma non mi sveglio senza… il caffè!

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