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Se la scuola è un business

Da Santiago del Cile – I giovani cileni chiedono una riforma profonda del sistema educativo che rafforzi l’istruzione pubblica. Il governo ha risposto assegnando maggiori risorse al settore attraverso borse di studio e crediti bancari per i più poveri, ma per per gli studenti questo non è ancora abbastanza

STUDIARE COSTA… – Il Cile è nuovamente scosso da manifestazioni studentesche da quando, nel 2009, la “rivoluzione dei pinguini” (soprannome derivato dalle uniformi degli studenti di secondaria) aveva messo sotto accusa il sistema educativo cileno che i giovani considerano iniquo e orientato al profitto. Il Cile infatti è un perfetto esempio di liberalizzazione nel campo educativo. L’importanza delle scuole private supera di gran lunga quella che si osserva in Italia o Francia ed altri paesi europei, o incluso latinoamericani. La preponderanza del settore privato si deve ad un marco normativo e finanziario che pone l’accento sul diritto delle famiglie di poter scegliere il tipo d’educazione per i loro figli. Di conseguenza le famiglie benestanti – la minoranza in Cile – optano per le scuole private che, per risultati, superano le scuole pubbliche (il terzo tipo è rappresentato da scuole pubbliche sovvenzionate, che a differenza delle pubbliche possono richiedere tasse d’iscrizione). Le scuole private godono di maggiori risorse, specie quelle che si localizzano nei quartieri alti e nella capitale. Ma la differenza fra pubbliche e private non sono solamente i soldi. Con l’obiettivo di posizionarsi sul mercato dell’educazione, certe scuole private rifiutano l’ingresso di alunni dallo scarso potenziale. In nome del diritto all’educazione, questi alunni vengono quindi accolti da strutture pubbliche.

MA LA QUALITA' E' BASSA – Il risultato è che le scuole pubbliche cilene occupano gli ultimi posti nelle valutazioni di standard di qualità. Di cento istituzioni che partecipano alla Prova di Selezione Universitaria (PSU, una sorta di esame di accesso all’università che si applica a tutte le facoltà), solamente due sono pubbliche. Secondo un secondo meccanismo, il Sistema Nazionale di Valutazione della Qualità, solamente una scuola è pubblica ed il restante novantanove sono private. Uno studio condotto dall’Università di Santiago, ha concluso che il beneficio per l’alunno è maggiore nelle scuole pubbliche che in quelle private in proporzione, ma che non è sufficiente per raggiungere il livello che si richiede per accedere all’università. Il Cile inoltre, presenta le tasse universitarie più care del mondo (circa 3,400 dollari americani) maggiore degli Stati Uniti, Inghilterra, Australia e Giappone, che inibisce l’accesso agli studi superiori per i ceti modesti o li obbliga alla sottoscrizione di crediti bancari. Come detto, le manifestazioni erano iniziate nel 2009, un anno che culminò con la revoca della Legge Organica d’Istruzione (LOGE nella sigla in spagnolo) e l’approvazione di una nuova Legge Generale d’Educazione (LGE) che introduceva però solo alcuni timidi cambiamenti. Le proteste hanno ripreso quindi nell’aprile del 2011 con lo slogan “senza proteste e mobilitazioni il governo non ascolta” inneggiato dai leader del movimento studentesco che ha come roccaforte la Federazione degli Studenti dell’Università del Cile (FECH), l’unica istituzione superiore pubblica rimasta, anche se nella pratica la sua gestione non differisce di molto da quella delle università private.

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LE “ASPIRINE” SOMMINISTRATE DAL GOVERNO – Di fronte a queste proteste, nel luglio del 2011, il Presidente della Repubblica, l’imprenditore e miliardario Sebastian Piñera, lanciava l’Accordo Nazionale per l’Educazione. L’iniziativa prevedeva 4mila milioni dollari e la creazione di un segretariato all’istruzione e di una super-intendenza all’educazione superiore, per mettere fine al lucro delle università. Inoltre venivano introdotte borse di studio per il 60% più povero e la possibilità d’accedere a credito per il 90% della popolazione. Per gli studenti però queste misure equivalgono ad una “aspirina” e non rispondono al problema della privatizzazione dell’educazione e meno alla richiesta per una educazione pubblica, gratuita e di qualità. La goccia che ha fatto traboccare il vaso (della pazienza degli studenti) è stata l’approvazione da parte del Parlamento, lo scorso 4 settembre, della riforma tributaria che aumenta dal 20 al 20,3% le imposte e pretende assegnare l’eccedente ricavato di circa 1000 milioni dollari annuali al sistema educativo. Sebbene la somma possa sembrare importante, il percentuale impositivo del Cile rimane inferiore ad altri paesi del continente (in Uruguay è del 23%). Ciononostante, l’indignazione degli studenti è rivolta soprattutto alla nuova misura che prevede la riduzione di imposte a titolo di spese per l’educazione, della quale beneficeranno 500,000 degli 8,2 milioni di contribuenti cileni. La misura che per il governo sarebbe rivolta  alla classe media, in realtà beneficia solo i ceti più benestanti. Il movimento studentesco critica inoltre che tali sovvenzioni vengano offerte alla domanda (le famiglie) piuttosto che all’offerta (le scuole, in particolare le pubbliche). In questo modo, le famiglie avranno un incentivo ulteriore per scegliere le istituzioni private piuttosto che quelle pubbliche. “Il governo ha aumentato la privatizzazione dell’educazione”, sosteneva Andrés Fielbaurn, segretario della FECH al commentare la legge. Il Cile è insieme con il Perù il paese con il maggior indice di Duncan. “In Cile ci sono scuole dove studiano i figli dei ricchi, quelle per i benestanti, quelle per la classe media-bassa, e quelle per i poveri”, afferma Mario Waissbluth, dell’iniziativa 2020 sul giornale  cileno La Tercera. La riforma, conclude, ha aumentato l’Apartheid educativo al quale già si assiste in Cile.

LE PROTESTE CONTINUERANNO – Per il governo di centro destra che affronterà il prossimo ottobre lo scoglio delle elezioni municipali con un tasso d’approvazione al minimo storico, la legge propone passi avanti sostanziali. Per l’opposizione, che ha votato a favore della riforma le risorse rimangono insufficienti, ma sarebbe stato irresponsabile non votarla, sostiene Ricardo Lagos junior, deputato della Concertaciòn. Intanto il movimento assicura di stare organizzandosi per portare avanti le proteste e limitare al contempo i fatti di violenza avvenuti durante le manifestazioni, e per i quali  governo e studenti si accusano mutuamente. Per il momento, l’opinione pubblica appoggia le rivendicazioni anche se però il movimento non è riuscito a fare aderire altri strati della società, ed in particolare i sindacati. Gilles Cavaletto (da Santiago del Cile) redazione@ilcaffegeopolitico.net

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