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Verso un accordo in Libia?

5 domande e 5 risposte  Il giorno 11 luglio 2015 a Skhirat, in Marocco, è stato firmato un accordo per la creazione di un Governo di unità nazionale in Libia. Cinque domande e cinque risposte per capire di cosa si tratta.

1) Cosa è stato firmato a Skhirat?

Il tentativo negoziale di portare a una stabilizzazione della difficile situazione in Libia sotto la guida del mediatore ONU Bernardino Leon, svoltosi a più riprese in Marocco, è infine giunto a un primo, parziale risultato con la firma, a Skhirat, di un accordo per la creazione di un Governo di accordo nazionale (Government of National Accord – GNA) con sede a Tripoli. Si tratta del primo passo sulla strada della stabilizzazione del Paese, concorrente al cessate il fuoco tra le principali fazioni in lotta. Contemporaneamente al Governo, deciso di comune accordo tra le fazioni, il parlamento in esilio a Tobruk (votato nelle elezioni di Giugno 2014) tornerebbe ad essere l’unico parlamento effettivo, mentre quello di Tripoli, il General National Congress (GNC), non riconosciuto internazionalmente, costituirebbe ora invece un Consiglio di Stato. Successivamente il Paese verrebbe traghettato verso nuove elezioni.

firme di delegati a Skhirat - fonte: UNSMIL
Fig. 1 – Firme di delegati a Skhirat – fonte: UNSMIL

2) Hanno firmato tutti gli attori locali? Chi manca?

Su 22 delegati, 19 hanno firmato. Manca però proprio la firma del GNC, i cui rappresentanti rimangono molto dubbiosi circa il ruolo di tale “Consiglio di Stato”. Quali saranno i suoi compiti, quali i suoi poteri? Poiché saranno i rivali di Tobruk a essere considerati il “vero” parlamento, questo significherà una riduzione di poteri e, dunque, di rilevanza? Il timore di risultare, alla fine, esclusi dalle leve di potere – e, addirittura, subordinati a chi fino a poco tempo prima era un avversario – sono visti come inaccettabili. Per questo motivo il GNC rifiuta di firmare, richiedendo che alcune parti dell’accordo vengano riformulate in maniera più chiara e più tutelante nei propri confronti. Il mediatore ONU Leon ha indicato il fatto che il documento non è da considerarsi “chiuso”, ma possa essere emendato successivamente: un invito a non fermare il processo di pacificazione con prese di posizione troppo dure. Per ora, però, il GNC non crede a tali promesse e pur non chiudendo definitivamente la porta preferisce temporeggiare: lo stallo dunque rimane. Da un lato questo significa che un gruppo fondamentale per la pacificazione del Paese per ora rimane fuori dall’accordo, minandone l’efficacia. Dall’altro, però, è bene valutare come sia silenziosamente evoluta la situazione in Libia negli ultimi mesi.

3) Come si è arrivati all’accordo?

Quella che qualche mese fa appariva una situazione bloccata (due coalizioni molto frammentate e sostanzialmente incapaci di parlarsi) si è lentamente modificata grazie a un costante impegno di alcuni attori chiave nella regione. Tra i vari elementi due in particolare: l’Egitto, impegnato a trovare un accordo con le tribù libiche a favore del governo di Tobruk – e di conseguenza per ogni accordo che vedesse il parlamento lì rifugiato ripristinato nel suo ruolo; l’Italia, tramite i propri contatti locali in Libia, e in particolare grazie ai numerosi accordi economici che il Washington Post attribuisce all’ENI con varie milizie locali per la sicurezza: in un ambito dove le rendite petrolifere sono chiave per gli attori locali, l’Italia ha in mano le carte adatte per dialogare efficacemente con tutti. Il risultato è stato una lenta modifica delle posizioni dei principali attori. Perfino la coalizione che si appoggiava al Governo islamista di Tripoli si è frammentata, con le milizie di Misurata che da sostenitori del GNC si sono dichiarate ora pronte a riconquistare Tripoli se necessario.

Logo dell'UNSMIL - United Nations Mission in Libya
Fig.2 – Logo dell’UNSMIL – United Nations Mission in Libya

4) È la svolta che si aspettava?

Si e no. L’accordo è sicuramente un passo in avanti, non tanto perché si è firmato un documento, ma perché per la prima volta ha messo d’accordo (anche se in forma solo preliminare) quasi tutte le principali fazioni. Allo stesso tempo, finché un giocatore così rilevante come il GNC rimane fuori, la situazione continua a essere sostanzialmente irrisolta. Certamente la pressione sul GNC oggi è maggiore e la sua situazione più precaria, ma questo non necessariamente implica un suo cambio di decisione a breve.

5) Quali punti interrogativi rimangono ancora aperti per il proseguimento del negoziato e della situazione in generale?

Tra i punti interrogativi ancora aperti rimangono:

– i Paesi che appoggiano il GNC (principalmente Turchia e Qatar) sono interessati a premere perché l’accordo venga firmato, o preferiscono incoraggiare alla resistenza ad oltranza – timorosi di perdere influenza nel Paese se l’accordo si trova?

– legato a questo, quanto Paesi come Emirati Arabi Uniti e Egitto (che appoggiano il parlamento legittimo di Tobruk) sono disposti ad autorizzare un ammorbidimento delle posizioni dei propri protetti per assecondare le richieste del GNC? Oppure quanto terranno una linea dura per non lasciare alcuno spazio ai rivali?

firme di delegati a Skhirat - fonte: UNSMIL
Fig.3 – Skhirat, il momento della firma da parte dei delegati – fonte: UNSMIL

– Nonostante l’accordo, le rivalità locali possono ancora fare crollare i vari cessate-il-fuoco (alcuni non ancora attivi) in corso di definizione in Libia. Quanto fragili sono le tregue in corso e previste se pensiamo che la maggior parte delle questioni sull’assetto del nuovo Stato non sono ancora definite? Oppure si sta per intraprendere un percorso più virtuoso come in Tunisia?

– Infine, quanto le varie fazioni sono interessate a coalizzarsi a breve termine contro i gruppi jihadisti come Ansar al-Sharia, lo Stato Islamico e gli altri gruppi minori legati ad al-Qaeda?

La risposta a queste domande segnerà il reale proseguimento dell’attuale, incoraggiante ma fragile, iniziativa.

Lorenzo Nannetti

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Un chicco in più

Rapimento degli italiani: In questo panorama quattro italiani sono stati recentemente rapiti a ovest di Tripoli. Ma chi c’è dietro? Davvero qualcuna delle fazioni principali sarebbe disposta a inimicarsi l’unico Paese capace di distribuire ingenti proventi? In realtà, secondo le informazioni trapelate, sarebbe opera di un piccolo gruppo non legato ad alcuno in particolare, tuttavia è bene comprendere come il rischio maggiore sia legato alla possibilità che, senza una soluzione a breve, gli ostaggi possano essere venduti ad altri gruppi, anche jihadisti. In tal caso il rischio per la loro vita sarebbe molto più altro. Per ora, considerata la delicatezza della questione, preferiamo non azzardare ulteriori ipotesi, se non citare la possibilità – da non escludere a priori – che ovviamente tra i gruppi locali esista anche una “gara” a chi li può salvare… per chiedere qualcosa di più in cambio al nostro Paese.

Stato Islamico e Libia: Nonostante l’impressione spesso riportata dai media, lo Stato Islamico in Libia sta affrontando un momento di difficoltà. Ha perso la propria roccaforte a Derna (conquistata da un altro gruppo rivale legato ad al-Qaeda) e pur avanzando nei dintorni di Sirte non appare ancora capace di opporsi efficacemente alle altre fazioni principali. È vero però che più continua l’instabilità e più facile sarà per il gruppo espandersi ancora, rendendo quindi ancora più importante un’azione congiunta dei firmatari dell’accordo, per quanto possibile a questo stadio dei negoziati.[/box]

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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