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Mamma li cinesi

Gli Uiguri e degli scontri in Cina: un fenomeno tutt’altro che nuovo. Vediamo assieme perché questa minoranza turca, vogliosa di indipendenza, viene così brutalmente repressa dal regime di Pechino

QUESTIONE DI ETNIE – Il pensiero corre veloce a Samuel Huntington, che per il nuovo ordine mondiale al termine del bipolarismo della Guerra fredda promulgava la teoria dello scontro di civiltà. Comunque la si pensi a riguardo, gli eventi di questi giorni in Cina sembrano segnare un punticino a suo favore. Nella regione nord-occidentale dello Xinjiang, quella che da sempre è ritenuta una delle zone più a rischio per la stabilità degli equilibri dell’area, le differenze etniche e religiose sembrano ormai prendere il sopravvento e sfociare in violenze e scontri. La regione, poco meno di 20 milioni di abitanti, è abitata per il 45% dagli Uiguri e da circa il 40% dagli Han. I primi rappresentano la cultura musulmana e turcofona cinese, mentre i secondi sono addirittura il primo gruppo etnico al mondo per numero di persone: circa 1,3 miliardi e, in Cina, il 92% della popolazione totale.

I FATTI – Nella capitale della regione, Urumqi, sono in atto violente repressioni contro i manifestanti uiguri che protestavano per la sospetta uccisione di due membri della loro etnia. Il governo di Pechino ha risposto con una brutalità tipica dei regimi più autoritari: il 6 Luglio, gli spari sulla folla hanno provocato la morte di almeno 156 persone. Nei due giorni seguenti le violenze sono continuate, e alcune fonti riportano la notizia di gruppi di Han muniti di armi da fuoco e bastoni che si riversano per le strade della capitale per “punire” gli Uiguri, colpevoli di aver portato il caos nella città. Il Presidente cinese Hu Jintao ha lasciato in fretta e furia l’Italia, dove avrebbe dovuto partecipare al vertice dell’Aquila con gli altri Capi di Stato, vista la situazione d’emergenza. Il regime di Pechino ieri ha annunciato che tutti i responsabili delle mobilitazioni saranno condannati a morte.

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CONTRADDIZIONI E SILENZI –  Si tratta di un altro capitolo della violenza di regime contro gruppi di manifestanti inermi, mentre sempre in Asia ancora non si placano le violenze a Teheran, capitale dell’Iran, con voci che parlano di oltre 1.500 arrestati, e di diverse forme di tortura compiute nelle carceri. Questa è la contraddizione di nuovi grandi Paesi che si affacciano sulla scena internazionale come protagonisti, influenzandone sempre di più le dinamiche, caratterizzati però da sistemi e regimi del tutto inadeguati a gestire le politiche internazionali secondo i canoni occidentali. La Cina ha nuovamente messo in luce tutte le sue contraddizioni e, ancora una volta, la comunità internazionale si interroga su quali misure prendere nei confronti di Pechino, ma senza disturbare troppo per non mettere a repentaglio altri interessi economici e finanziari. Ecco perché la Cina potrà continuare, a differenza di altri Paesi, ad agire impunita.

Stefano Torelli

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