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ISDS e arbitrato nell’Unione europea

Con la negoziazione degli accordi CETA e TTIP, i cittadini e le Istituzioni dell’Unione si sono confrontati sempre più spesso con la clausola ISDS. Ma di cosa si tratta? E quali sono gli elementi che la rendono particolarmente controversa?

BREVI CENNI INTRODUTTIVI – La clausola ISDS – Investor-State Dispute Settlement – è lo strumento maggiormente utilizzato per dirimere le eventuali controversie tra investitore e Stato ospite che siano parti di un Accordo internazionale di investimento (AII), sia esso di natura bilaterale o multilaterale. Secondo recenti stime dell’UNCTAD (la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo), alla fine del 2014 dei 3268 AII vigenti, circa 3000 comprendevano tale tipo di clausola. Inizialmente introdotta per tutelare gli investimenti negli Stati considerati più rischiosi, il suo utilizzo è sempre più diffuso, così come le critiche a questa indirizzate. Innanzitutto, a livello generale, se da una parte si ha la necessità di proteggere gli interessi dell’investitore all’estero, dall’altra si teme che questa protezione possa interferire con la regolare attività statale. Più nel dettaglio, le perplessità riguardano l’attività di arbitrato (che manca spesso di trasparenza, indipendenza, imparzialità), l’incertezza delle disposizioni (formulate in modo vago, e dunque suscettibili di molteplici interpretazioni), l’assenza di un meccanismo di appello e gli alti costi (che hanno originato il finanziamento delle spese da parte di aziende terze, che si offrono di aiutare economicamente l’investitore in cambio di una percentuale della somma che sarà risarcita dallo Stato qualora soccombente). Prima di analizzare come l’Unione Europea sta affrontando la questione, è però importante comprendere non solo le caratteristiche dell’ISDS, ma anche ciò che ruota intorno ad essa, cioè  l’ICSID e dalla procedura di arbitrato.

LA CLAUSOLA ISDS – Consente di ricorrere ad un tribunale arbitrale appositamente costituito per la risoluzione (Settlement) delle controversie (Dispute) derivate dalla presunta violazione degli interessi dell’investitore (Investor) da parte del Paese che ne ospita l’attività (State). Qualora previste in un AII, sia esso di natura bilaterale o multilaterale, le clausole ISDS forniscono all’investitore quattro tipi di tutela:

  1. la protezione dalla discriminazione rispetto agli investitori del Paese ospite, che prevede l’applicazione del trattamento nazionale e di quello della nazione più favorita;
  2. la protezione rispetto all’espropriazione senza adeguata compensazione;
  3. il diritto ad un trattamento giusto ed equo;
  4. la protezione del diritto al trasferimento di capitali – che non può subire restrizioni da parte dello Stato ospite.

Per ogni singolo AII che preveda una clausola ISDS, le parti concorderanno preventivamente sulla legislazione in base alla quale poter costituire il Tribunale arbitrale che sarà chiamato a risolvere la controversia. In aggiunta al sistema ICSID – che trova base legale nella Convenzione di Washington del 1965 e nell’Additional Facility –, gli Stati possono avvalersi di quello istituito sotto l’ombrello UNCITRAL (la Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale), della Corte Permanente di Arbitrato dell’Aia, della Camera di commercio internazionale di Parigi e dei centri di arbitrato presenti a livello nazionale.

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Fig. 1 – La sede della World Bank a Washington D.C.; insieme a quella di Parigi è il luogo in cui, abitualmente, si riuniscono i Tribunali arbitrali costituiti dall’ICSID. 

L’ICSID… – Il Centro Internazionale per la Risoluzione delle Controversie relative agli Investimenti (ICSID) – istituito in seno alla Banca Mondiale con la Convenzione di Washington del 1965 – è l’istituzione maggiormente utilizzata per la risoluzione arbitrale di controversie giuridiche in accordi che comprendano la clausola ISDS. La portata del suo raggio di azione – stabilita dalla sopracitata Convenzione – è stata ampliata dal cosiddetto Additional Facility entrato in vigore nel 1975. In linea con le innovazioni da questo introdotte, affinché il Centro possa essere coinvolto nella risoluzione di una controversia non è più necessario che lo Stato e l’investitore siano suoi membri, ma è sufficiente che questi forniscano il loro assenso a sottoporre la questione ad un tribunale costituito secondo gli strumenti legali da questa messi a disposizione. Oltre alla volontarietà delle parti, per potersi avvalere dell’ICSID sarà necessario verificare se la materia oggetto della controversia ricada tra quelle di competenza del Centro. In caso di risposta affermativa, la richiesta avanzata verrà registrata dal Segretariato Generale, dando inizio alla procedura di arbitrato, che vede come primo passaggio la costituzione del Tribunale.

…E LA PROCEDURA DI ARBITRATO I componenti del Tribunale arbitrale (solitamente tre) potranno essere selezionati a partire dai nominativi inclusi nel Panel degli arbitri redatto dall’ICSID, o scelti tra professionisti del settore non presenti nella suddetta lista. Ciascuna parte designerà il proprio arbitro, e il terzo sarà deciso congiuntamente da entrambe; in caso di disaccordo, l’ICSID può essere chiamata a sostituire le parti nella designazione, scegliendo il terzo componente del Tribunale. A seguire si articoleranno le diverse fasi in cui il procedimento è suddiviso: trattazione delle questioni procedurali, fase scritta e audizioni (entrambe mirate alla presentazione del caso ad opera delle parti), deliberazione del tribunale. Per poter decidere, i tre arbitri si baseranno sul diritto stabilito tra le parti, cioè sul testo dell’accordo in virtù del quale la controversia ha avuto inizio. In mancanza di tale elemento, i membri del Tribunale ricorreranno alla legislazione dello Stato ospite o al diritto internazionale. Non essendo previsti meccanismi di appello, la decisione degli arbitri dovrà essere ritenuta definitiva. In caso di vizi procedurali, le parti potranno richiederne l’annullamento, che sarà decretato da un Comitato appositamente composto. Nei fatti, però, il rischio è che questa procedura si trasformi in un riesame della sentenza non solo a livello procedurale, ma anche a livello sostanziale.

ARBITRATO E ISDS NELL’UE – Gli accordi di cui gli Stati membri sono parti e che prevedono una clausola ISDS sono circa 1400, cui si aggiunge il Trattato sulla Carta dell’Energia, che vede l’Unione come parte contraente. Nonostante il territorio europeo ospiti un buon numero di Istituzioni presso le quali poter avviare una procedura di arbitrato – tra cui l’Associazione Italiana per l’Arbitrato e le Camere di Arbitrato di Milano e Venezia –, la maggior parte delle controversie relative ad accordi contenenti una clausola ISDS vengono assegnate al sistema ICSID. Con l’introduzione del Trattato di Lisbona, che rende la stipulazione di trattati di investimento una competenza esclusiva dell’Unione, le Istituzioni, pur riconoscendo l’importanza che tale clausola ricopre nel panorama degli accordi internazionali, stanno tentando di promuovere una sua riforma, così da poterne ridurre le criticità. In particolare, il Parlamento prima e la Commissione poi, hanno dichiarato il proprio impegno a lavorare su due fronti: il miglioramento delle norme orientate alle protezione degli investimenti (garantendo la chiarezza di concetti come “espropriazione diretta” e “trattamento giusto ed equo” e la conferma del diritto dei governi a regolamentare secondo l’interesse pubblico) e del sistema di risoluzione delle controversie (prevenendo abusi del sistema e conflitti di interesse tra gli arbitri, evitando la possibilità di abrogazione di misure pubbliche da parte del tribunale, aumentando la trasparenza del sistema e inserendo misure di salvaguardia che consentano ai Governi di interpretare le norme contenute negli accordi). Questa tendenza è stata messa in pratica nel testo dell’accordo CETA.

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Fig. 2 – Il Primo ministro canadese Harper e il Presidente della Commissione europea Barroso durante la cerimonia ufficiale per la firma del CETA, ottobre 2013.

ISDS E CETA –  Il CETA è l’Accordo economico e commerciale globale recentemente concluso tra Unione Europea e Canada, ma che entrerà in vigore solo dopo l’approvazione del Parlamento europeo e dei Governi dei 28 Stati membri. Il testo dell’accordo prevede una clausola ISDS “calmierata”, con la quale si è scelto di stabilire i casi in cui questa può essere invocata e tentato di limare alcune delle asperità abitualmente individuate. Una delle novità è quella di dettagliare accuratamente le disposizioni più controverse, così da ridurre il margine interpretativo del Tribunale arbitrale. Particolare attenzione è stata dedicata ai concetti di espropriazione indiretta – per accertare la quale, precisa il testo, non basta l’analisi del solo impatto economico negativo di una misura regolamentare, ma serve verificarne oggetto, contenuto e soprattutto motivazione – e di trattamento giusto ed equo – prevedendo degli specifici casi che costituiscano una violazione. Si è poi lavorato sulle questioni legate al procedimento di arbitrato, come la sua trasparenza (incentivata attraverso l’obbligo di pubblicare i documenti e di tenere udienze pubbliche, ma anche la possibilità che soggetti terzi come le ONG possano presentare le proprie osservazioni) e la scelta e la condotta degli arbitri (selezionati a partire da un elenco di professionisti già individuati congiuntamente dalle parti contraenti e soggetti al rispetto di un codice di condotta vincolante). Qualora il CETA dovesse entrare in vigore, sarà interessante vedere se la struttura della ISDS da questo prevista avrà dei riflessi sul TTIP, per il quale si è scelto di posticipare la negoziazione della clausola anche in vista delle crescenti critiche poste alla possibilità di una sua introduzione – caldeggiata soprattutto dai negoziatori statunitensi.

Giulia Tilenni

 

[box type=”shadow” align=”center” class=”” width=””]Un chicco in più

Tra i settori in cui il ricorso all’arbitrato secondo la clausola ISDS è più frequente si trovano quello energetico (soprattutto in relazione ai prezzi fissati a lungo termine per gli approvvigionamenti energetici) e delle risorse naturali (principalmente sulle estrazioni). Anche se il numero di casi è ancora contenuto, crescono le dispute legate allo sfruttamento della proprietà intellettuale. Conferma il trend la controversia più nota a livello europeo, che coinvolge la compagnia energetica svedese Vattenfall e la Germania, che trova la sua base nel Trattato sulla Carta dell’Energia. La Vattenfall, società che gestisce due impianti di produzione di energia nucleare nel nord della Germania, ha citato il Governo di quest’ultima e chiesto un risarcimento di circa 5 miliardi di euro per la decisione tedesca di abbandonare l’energia nucleare dopo il disastro di Fukushima del 2011.

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Foto: Mehr Demokratie e.V.

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Giulia Tilenni
Giulia Tilenni

Laureata magistrale in Relazioni Internazionali a Bologna – dove ha anche completato il Master in Diplomazia e Politica Internazionale, che l’ha portata a Francoforte sul Meno per un tirocinio di ricerca di tre mesi. Dopo una tesi in Studi strategici che analizza l’intervento militare in Libia del 2011 e una ricerca sui velivoli a pilotaggio remoto, è entrata a far parte del Caffè Geopolitico nel team Miscela Strategica.

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