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Bangladesh, l’omicidio di Avijit Roy

Il brutale assassinio del blogger Avijit Roy ha sconvolto il Bangladesh, rafforzando il pesante clima di intimidazione e violenza che domina il Paese da molti mesi. In 5 domande e 5 risposte breve analisi del delitto e dell’attuale situazione politica bengalese, paralizzata dal duro scontro tra il Governo Hasina e l’opposizione guidata da Khaleda Zia.

1) Chi era Avijit Roy?

Classe 1972, Roy era uno dei blogger più conosciuti e seguiti in Bangladesh, grazie anche allo stile brillante e provocatorio dei suoi interventi online. Paragonato spesso al biologo britannico Richard Dawkins per il suo intransigente ateismo, Roy aveva infatti creato nel 2002 il popolare sito Mukto-Mona (“Mente libera”) dove promuoveva una cultura di tipo laico e razionalista, criticando duramente l’ortodossia islamica del suo Paese. Inutile dire che tale attività gli aveva procurato l’odio aperto di numerosi gruppi fondamentalisti bengalesi, costringendolo persino ad emigrare negli Stati Uniti nel 2006. Qui Roy aveva lavorato come ingegnere per un’azienda di software e si era sposato con la collega blogger Rafida Ahmed Bonna, rientrando spesso in Bangladesh per visitare gli anziani genitori Ajoy e Shefali, residenti a Dacca. Ed è proprio durante una di queste visite lo scorso febbraio che Roy è stato brutalmente assassinato a colpi di machete nel campus universitario della capitale bengalese, scioccando l’opinione pubblica del suo Paese.

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Fig. 2 – Manifestanti depongono fiori sul luogo dove Roy è stato assassinato

2) Chi sono i suoi assassini?

Al momento non si sa. L’omicidio è stato ufficialmente rivendicato su Twitter dal sedicente gruppo jihadista Ansar Bangla 7, ma le Autorità dubitano della veridicità di tale dichiarazione. Al contrario, la polizia di Dacca ha arrestato il blogger Farabi Shafiur Rahman, simpatizzante dell’organizzazione islamista Hizb ut-Tahrir, che aveva minacciato più volte Roy sul suo profilo Facebook. Ma questa decisione è stata criticata da molti osservatori, incluso il padre di Roy: non ci sono infatti prove concrete che leghino Rahman al luogo del delitto e il suo arresto è avvenuto in circostanze ambigue e pretestuose, facendo pensare alla facile ricerca di un capro espiatorio.

La verità è che Roy era odiato da molte persone in Bangladesh non solo per i suoi scritti “blasfemi” ma anche per le sue controverse posizioni politiche. Nel 2013 Mukto-Mona aveva infatti sostenuto con forza le proteste del movimento Shahbag contro la leadership del partito islamico Jamaat-e-Islami, accusata di atrocità e collaborazionismo col Pakistan durante la guerra d’indipendenza del 1971. Tali proteste spinsero infine il Governo Hasina alla condanna a morte ed all’esecuzione di Abdul Quader Molla, leader di Jamaat, dopo un procedimento legale contorto e frettoloso duramente criticato dalle Nazioni Unite. Le proteste di Shahbag portarono anche alla parziale messa fuorilegge di Jamaat e ad una svolta autoritaria del Governo contro i Partiti d’opposizione, culminata nelle violente e contestatissime elezioni del gennaio 2014. Visto il suo sostegno acritico di Shahbag, molti bengalesi consideravano Roy direttamente responsabile per tali eventi, reagendo con malcelata soddisfazione alla notizia della sua morte.

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Fig. 3 – Farabi Shafiur Rahman, il blogger islamista arrestato dalla polizia per l’omicidio di Roy

3) L’omicidio di Roy è un caso isolato?

No. Negli ultimi anni diversi altri blogger e giornalisti bengalesi sono stati assassinati in circostanze brutali e misteriose, confermando la generale assenza di libertà di stampa nel Paese. Nel 2012, per esempio, i giornalisti televisivi Sagar Sarwar e Mehrun Runi furono pugnalati a morte nel loro appartamento di Rajabazar, quartiere esclusivo di Dacca. Ancora oggi non si sa nulla riguardo ai possibili killer e mandanti del loro omicidio. Nel 2013 una sorte simile toccò invece al blogger Ahmed Rajib Haider, collaboratore di Mukto-Mona, ferocemente massacrato a colpi di machete nel quartiere di Mirpur. In quel caso i sospetti si indirizzarono però subito verso membri di Chhatra Shibir, ala studentesca di Jamaat-e-Islami, il Partito islamico pesantemente contestato sia dal movimento Shahbag che dal sito di Roy. Alcuni mesi dopo il Governo Hasina arrestò infatti cinque esponenti di tale organizzazione, già protagonista di numerosi attacchi armati contro altri blogger atei e contro la minoranza induista del Paese.

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Fig. 4 – Le proteste del movimento Shahbag, che portarono nel 2013 all’esecuzione di Abdul Quader Molla

4) Ma il Bangladesh non è uno Stato laico e secolare, sul modello della vicina India?

Lo è, anche per via dell’estrema complessità sociale del Paese, abitato da differenti gruppi etnici e religiosi. Tuttavia il tradizionale secolarismo bengalese è pesantemente sotto attacco sin dai primi anni Ottanta, quando il Presidente Ziaur Rahman decise di allearsi con Jamaat-e-Islami e altre organizzazioni religiose per rafforzare il proprio regime autoritario. Da allora i principi laici dello Stato bengalese sono stati gradualmente erosi a favore di una visione particolarmente ortodossa dell’Islam, mentre Jamaat ha creato un vero e proprio impero informale nel Paese tramite la creazione di varie istituzioni benefiche (scuole, ospedali, moschee) e il controllo di numerosi giornali e canali televisivi locali. Allo stesso tempo il Partito di Molla si è anche alleato stabilmente con il Bangladesh Nationalist Party (BNP) di Khaleda Zia, figlia di Rahman, rappresentando una costante minaccia elettorale per l’Awami League del Primo Ministro Hasina. Da qui il tentativo di indebolire l’organizzazione per via giudiziaria, sfruttando le proteste del movimento Shahbag contro i crimini di guerra impuniti del 1971.

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Fig. 5 – Agenti di polizia presidiano le strade di Dacca durante uno sciopero antigovernativo (gennaio 2015)

5) Come è stato riportato l’omicidio di Roy dai grandi media internazionali?

Prima di essere eclissato dal contemporaneo delitto di Boris Nemtsov a Mosca, l’omicidio di Roy ha attirato l’attenzione di diversi grandi media internazionali (Guardian, BBC, CNN), che hanno dedicato servizi ed editoriali alla tragica morte del blogger bengalese. Tuttavia tale copertura mediatica è stata a dir poco superficiale, presentando Roy come un’eroica vittima del fondamentalismo religioso e ignorando completamente le sue controverse posizioni politiche. Poco spazio è stato anche dato alla caotica situazione interna del Bangladesh, paralizzato politicamente dal duro scontro tra Governo Hasina e Partiti d’opposizione, e alla brutale campagna di violenze condotta dalla polizia contro dissidenti e “sospetti terroristi”. Dall’inizio dell’anno le Autorità di Dacca hanno infatti arrestato oltre 20mila oppositori antigovernativi, inclusi diversi attivisti per i diritti umani, e si segnalano anche numerosi casi di tortura ed “esecuzioni extragiudiziarie”, con detenuti morti in circostanze violente e poco chiare. Ma di tali fatti si è parlato poco o nulla sui grandi network internazionali, interessati solo alla semplice storia del “coraggioso blogger ateo assassinato da fanatici religiosi”.

Simone Pelizza

[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

Roy aveva ottenuto recentemente la cittadinanza americana, grazie anche ai suoi successi professionali come ingegnere informatico. In virtù di ciò, l’FBI ha inviato subito un team di agenti per collaborare alle indagini sulla sua morte, incontrando però parecchie resistenze da parte delle Autorità di Dacca. [/box]

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Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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