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La Francia nell’Oceano Indiano

Miscela StrategicaEx potenza coloniale, la Francia continua ad avere importanti interessi strategici nell’Oceano Indiano, grazie anche a un significativo spiegamento in loco di basi militari e unità navali.

Ma le difficoltà economiche dell’Eurozona e l’ascesa militare di Cina e India minacciano la posizione di Parigi nella regione, costringendo le Autorità francesi a puntare sempre più su rapporti di cooperazione con diversi Paesi dell’area.

PRESENZA COSTANTE – Lo scorso 13 febbraio Véronique Roger-Lacan, Ambasciatore francese nelle Seychelles, ha dichiarato pubblicamente che la Marine Nationale non abbandonerà l’area dell’Oceano Indiano dopo la fine dell’Operazione Atalanta nel 2016, continuando ad agire attivamente contro la pirateria regionale in cooperazione con le forze navali di diversi Paesi dell’Unione Africana. Parlando proprio ad un vertice dell’Unione sull’isola di Mahé, Roger-Lacan ha anche lanciato un appello per una forte azione internazionale contro altri fenomeni criminali dell’area come il traffico d’armi e l’immigrazione clandestina, sottolineando ancora una volta la volontà francese di giocare un ruolo chiave nella sicurezza marittima della regione. “Siamo parte della IOC [Commissione dell’Oceano Indiano] e l’abbandono delle nostre responsabilità è fuori discussione”, ha concluso l’Ambasciatore, svelando poi l’intenzione di Parigi di promuovere la costruzione di un nuovo centro di controllo internazionale per le operazioni navali in Africa orientale.

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Fig. 2 – Un gruppo di pirati somali catturati dalla Marina francese (maggio 2009)

Le parole enfatiche di Roger-Lacan rivelano il forte e antico legame del suo Paese con l’Oceano Indiano, risalente addirittura alla prima metà del XVII secolo. Vecchia potenza coloniale, Parigi ha infatti mantenuto diversi possedimenti territoriali in Africa sud-orientale, usandoli spesso per proiettare il proprio potere politico-militare nell’intera regione dell’Indo-Pacifico. A ridosso del Madagascar, per esempio, la Francia controlla le due isole strategiche di Réunion e Mayotte, incorporate anche come Dipartimenti d’Oltremare (DOM) nell’amministrazione metropolitana nazionale. Presidiata da un reggimento di paracadutisti, Réunion ospita diverse fregate e pattugliatori nella baia di Point de Galets, mentre Mayotte è sede permanente di una forza di reazione rapida della Legione Straniera, appoggiata da aerei da trasporto Transall C-160 e veicoli da sbarco CTM. Più a sud, in una posizione equidistante tra Africa e Australia, Parigi dispone invece del piccolo arcipelago vulcanico delle Kerguelen, base di rifornimento ideale per le proprie unità navali dirette in Antartide o verso il Pacifico meridionale. Infine, il possesso dell’atollo di Bassas da India offre la possibilità alla Marine Nationale di interdire l’accesso del Canale del Mozambico a qualsiasi forza navale ostile, confermando l’egemonia marittima di Parigi nelle acque occidentali dell’Oceano Indiano.

RISCHIO DECLINO – Questa egemonia è ulteriomente rafforzata a nord da un forte distaccamento militare (circa 2000 soldati) nel’ex colonia di Gibuti e dalla nuova base navale di Port Zayed, inaugurata nel 2009 sul territorio degli Emirati Arabi Uniti. Costata oltre 15 milioni di Euro, la base è sede ufficiale di ALINDIEN, il comando militare francese per l’Oceano Indiano, e può ospitare diverse navi da guerra di grandi dimensioni, inclusa la portaerei Charles de Gaulle. Inoltre, Port Zayed dispone anche di un campo d’addestramento terrestre per la Legione Straniera e di una base aeronautica per caccia da combattimento Rafale e Mirage, usata recentemente a sostegno dell’offensiva aerea internazionale contro lo Stato Islamico in Iraq. Grazie a questa nuovissima installazione militare, presidiata da una guarnigione permanente di 250 uomini, la Francia è quindi in grado di controllare il traffico petrolifero nel Golfo Persico e di estendere il proprio potere aeronavale nel vicino Mar d’Arabia, affermando ulteriormente i suoi interessi strategici nell’area dell’Oceano Indiano.

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Fig. 3 – La portaerei Charles de Gaulle, ancorata nella base di Port Zayed (gennaio 2014)

E si tratta di interessi davvero significativi, soprattutto a livello economico. Oltre il 30% delle esportazioni di Parigi verso l’Asia orientale passa infatti attraverso il bacino dell’Oceano Indiano, mentre la regione è anche sede di un reticolo di comunità francesi direttamente coinvolte nel dinamico sviluppo economico di Africa orientale e Asia meridionale. Nel solo Madagascar, per esempio, risiedono permanentemente 25mila cittadini francesi, impiegati in vari settori chiave dell’economia nazionale, e grandi compagnie come Bouygues e Gruppo CMA CGM operano regolarmente in Paesi come Mauritius, Seychelles e Maldive, usandoli come teste di ponte verso il gigantesco e promettente mercato interno indiano. Negli ultimi anni CMA CGM ha anche intensiticato le proprie attività nel DOM di Réunion, con l’obiettivo di trasformarlo in un importante hub logistico e commerciale sulla via marittima per Australia e Cina.
Non stupisce quindi il forte spiegamento di forze militari francesi nella regione, volto a difendere cospicui e vitali interessi in un’area geografica di crescente importanza per gli equilibri economici mondiali. Tuttavia tali forze militari potrebbero presto rivelarsi insufficienti per mantenere il ruolo semi-egemonico di Parigi nell’Oceano Indiano occidentale, costringendo il Governo francese a difficili scelte politiche e strategiche. Anzitutto, gli attuali problemi economici della Francia, aggravati dalla persistente crisi interna dell’Eurozona, minacciano di erodere il budget di ALINDIEN e di dimezzare la presenza economica francese nei Paesi della regione, surclassata dalla più ricca e competitiva concorrenza asiatica. Anche il settore turistico non è al riparo da una simile dinamica: nelle Seychelles, per esempio, la tradizionale presenza turistica francese è crollata di circa il 10% nel 2014, spingendo le Autorità locali a puntare sempre più sul mercato cinese per compensare tale perdita. E la lingua francese, un tempo usata abitualmente nelle transazioni economiche di molti Paesi dell’area, sta perdendo rapidamente terreno a favore dell’inglese, visto come uno strumento migliore per entrare nei grandi flussi socio-economici della globalizzazione. A livello militare, la Francia non è poi in grado di competere sul lungo periodo con India e Cina, sempre più interessate ad avere un ruolo navale attivo nella regione. Sulla bilancia pesa anche in negativo il continuo coinvolgimento di Parigi in altri teatri strategici come il Mediterraneo e il Medio Oriente, che riduce le risorse materiali e finanziarie disponibili per mantenere la propria posizione di forza nell’Oceano Indiano.

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Fig. 4 – Veduta aerea delle isole Kerguelen, possedimento francese nell’Oceano Indiano

COOPERAZIONE E CONFLITTI – Parigi sembra ben conscia di tale situazione e ha adottato da alcuni anni diverse misure per contenere il suo declino economico-militare nella regione. Una delle più significative è la scelta di stringere stretti rapporti di cooperazione con diversi Paesi dell’area, ripartendo costi e responsabilità del mantenimento della sicurezza marittima nell’Oceano Indiano occidentale. Oltre agli Emirati Arabi Uniti, patroni e co-finanziatori della base di Port Zayed, il Governo francese ha infatti sviluppato forti partnership militari con Kenya e Sud Africa, volte soprattutto a combattere la pirateria somala e a garantire la libertà di traffico nel Canale del Mozambico. Nel 2011 Parigi ha anche donato una nave pattuglia alla Marina kenyana per le proprie operazioni costiere, mentre unità navali francesi e sudafricane hanno spesso condotto esercitazioni congiunte anti-pirateria insieme alla Marina mozambicana. Ora la diplomazia di Parigi sta tentando di replicare queste iniziative in Asia meridionale, stabilendo contatti militari bilaterali soprattuto con l’India di Narendra Modi. In tal senso, anche l’Australia potrebbe essere coinvolta in un sistema di difesa comune con Parigi e New Delhi, destinato a stabilizzare e proteggere gli attuali equilibri geopolitici dell’Oceano Indiano.
Tuttavia la Francia dovrà guardarsi dall’ostilità di molte delle sue ex colonie nella regione, che potrebbe mandare all’aria i suoi ambizioni schemi di cooperazione multilaterale. Questa ostilità è frutto soprattutto di annosi contenziosi diplomatici per il controllo delle isole dell’area e della questione spinosa dell’immigrazione clandestina, autentica emergenza umanitaria nelle acque dei DOM di Réunion e Mayotte. A livello diplomatico, Parigi deve far fronte alle rivendicazioni del Madagascar sull’atollo di Bassas da India e a quelle delle Comore su Mayotte, supportate ufficialmente dall’Unione Africana. Un simile contenzioso con le Mauritius sull’isolotto di Tromelin è stato temporaneamente risolto con un accordo di co-gestione territoriale tra i due Paesi nel 2010, contestato però dalle vicine Seychelles. Tutte queste dispute rendono molto difficili i rapporti di cooperazione tra i Paesi di tale sezione dell’Oceano Indiano, mettendo a rischio la posizione francese nello strategico Canale del Mozambico.

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Fig. 5 – Il Presidente francese Hollande in visita a Mayotte (agosto 2014)

Allo stesso tempo il problema dell’immigrazione clandestina diretta verso Mayotte e Réunion, viste come porte d’ingresso nell’Unione Europea, sta mettendo a dura prova le relazioni di Parigi con i Paesi dell’Africa orientale, ostacolando ulteriormente lo sviluppo di una larga partnership strategica nell’Oceano Indiano. La situazione è particolarmente drammatica a Mayotte, dove il 40% della popolazione locale è composto da immigrati clandestini provenienti da Madagascar, Comore e Mozambico. Nel tentativo di arginare il fenomeno il Governo francese ha istituito sin dal 1993 la cosiddetta “visa Balladur”, un permesso di soggiorno obbligatorio per tutti gli stranieri che vogliono risiedere temporaneamente sull’isola. Ma la misura non ha affatto scoraggiato i viaggi della disperazione verso Mayotte, costati almeno 12mila morti negli ultimi vent’anni; anzi, essa ha ulteriormente avvelenato le relazioni della Francia con i propri vicini regionali, furiosi per il trattamento spesso brutale ricevuto dai loro cittadini migranti.

Simone Pelizza

[box type=”shadow” ]Un chicco in piĂą

Fondata nel 1984, la Commissione dell’Oceano Indiano (IOC) è un’organizzazione regionale composta da Francia, Madagascar, Seychelles, Mauritius e Comore. Obiettivo della Commissione è quello di rafforzare la cooperazione tra gli Stati dell’Oceano Indiano meridionale, sopratutto a livello economico e diplomatico. Nonostante il supporto finanziario dell’Unione Europea, l’organizzazione ha però fallito sinora in tale intento, anche a causa delle persistenti tensioni tra Francia e Comore sull’isola di Mayotte. [/box]

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Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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