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Un futuro per la Somalia

Positiva, ma priva di risultati clamorosi, la conferenza di Londra sulla Somalia, ha visto la partecipazione di più di cinquanta delegati, compresi i rappresentanti delle entità territoriali del Corno d’Africa. Nel documento finale si è confermato l’iter verso la riunificazione del Paese, da attuarsi a rapide tappe tra il maggio e l’agosto 2012 secondo quanto già indicato in specifici accordi. Sullo sfondo del contrasto tra occidente e Turchia, si presenta il rischio che la comunità internazionale, in cambio della sicurezza della regione, favorisca un modello costituzionale che lasci in secondo piano la struttura clanica somala.

LA CONFERENZA – Il 23 febbraio si è tenuta a Londra la conferenza organizzata dal governo britannico riguardo alla questione somala. Tra i partecipanti, Ban Ki-Moon, Hillary Clinton, Giulio Terzi e oltre cinquanta diplomatici da vari Paesi, mentre i soggetti territoriali nei quali è divisa la Somalia erano rappresentati dal presidente del governo di transizione di Mogadiscio, Sheikh Sharif, e dagli inviati di Galmudug, Puntland e Somaliland.

I PRICIPI DI GAROWE – Nel documento finale si prende le mosse dai cosiddetti “princìpi di Garowe”, un documento sottoscritto dai delegati delle regioni del Corno d’Africa (tranne il Somaliland) e dall’ONU che definisce l’iter per la costituzione federale della nuova Somalia. L’impegno assunto durante il vertice è il rispetto dell’improrogabile termine del mandato del governo transitorio federale in agosto. In questo senso, la carta di Garowe prevede per maggio l’approvazione della nuova Costituzione, mentre «poiché l’incombente questione della sicurezza non permetterà elezioni dirette», i rappresentanti parlamentari e il presidente saranno nominati tra il 15 giugno e il 21 agosto. Negli obiettivi politici, l’atto conclusivo del vertice indica anche il sostegno al Joint Financial Management Board, un organismo di controllo dei fondi internazionali nel quale i donatori avranno parte attiva nella sorveglianza delle risorse.

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L’IMPEGNO PER LA SICUREZZA – Ampio risalto è riservato alla lotta alla pirateria e al terrorismo, necessità stringente in una regione che la Gran Bretagna ritiene direttamente connessa alla propria sicurezza nazionale. Non a caso, il giorno prima della conferenza, l’ONU ha approvato l’aumento delle truppe impegnate nella missione AMISOM da 12.000 a 17.731 elementi tramite la risoluzione n. 2036. Inoltre, è notizia recente che i soldati somali ed etiopi abbiano costretto alla ritirata le milizie al-Shabaab da Baidoa, roccaforte del sud. Per far fronte alla problematica della pirateria, invece, il governo britannico ha annunciato l’istituzione di un centro regionale di controllo alle Isole Seychelles in collaborazione con altri soggetti internazionali. Come previsto, quindi, dalla conferenza sono emerse note positive, ma non sorprese rilevanti, considerato che, comunque, non sarebbe stato possibile diversamente in questa sede e in un solo giorno di colloqui.

MOSAICO SOMALIA? – A giugno si svolgerà un nuovo meeting in Turchia, Paese molto attivo nel tentativo di attirare l’intero Corno nella propria sfera d’influenza. L’iniziativa di Londra potrebbe dover essere letta proprio in direzione del contrasto a ulteriori ingerenze in una regione estremamente critica. Cameron teme le ambizioni di Ankara e la costante insistenza della Conferenza dei Paesi Islamici, entrambe interessate a riportare la stabilità nel Corno escludendo ulteriori interventi internazionali, soprattutto da quando la società Africa Oil ha avviato un’ampia campagna di trivellazioni petrolifere nel Puntland e nel Somaliland. Strettamente implicati nella questione somala, tuttavia, sono anche l’Etiopia, tradizionale alleata degli Stati Uniti – l’impegno di Addis Abeba a sostegno del governo di Mogadiscio è da interpretarsi come una delega di Washington – e il Kenya, che ha alcune regioni occupate da gruppi somali non sempre collegabili ad al-Shabaab, ma senz’altro vicini ad ambienti nazionalisti. Quanto all’Italia, il ministro Terzi ha ribadito i legami storici con la Somalia, confermando l’impegno sia per il sostegno al percorso di riunificazione del Corno d’Africa, sia per il ripristino della sicurezza (anche marittima) nell’area.

MALINTESI INTERNAZIONALI – Resta il dubbio che la comunità internazionale continui a operare nell’eterogenea realtà somala considerando gli assetti clanici quali frammenti di un solo corpo sociale frantumato, la cui ricomposizione sia necessaria non tanto alla rinascita del Paese, quanto alla sola esigenza di sicurezza. Al contempo, però, si tralascia che l’Islam e il nazionalismo somalo non siano sempre fronti compatti e aprioristicamente unificanti, poiché includono al proprio interno posizioni variegate e costanti conflitti, manifesti o latenti. Altro elemento spesso posto in secondo piano è la tendenza centrifuga del Somaliland, dichiaratosi autonomo e indipendente da Mogadiscio, ma che tuttora è l’unico soggetto del Corno che, tramite l’aggregante dell’Islam e della tradizione clanica, riesce a mantenere ordine e integrità territoriale.

Beniamino Franceschini redazione@ilcaffegeopolitico.net

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono specializzato in geopolitica e marketing elettorale. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa. Ho un gatto bianco e rosso chiamato Garibaldi.

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