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La carretera della discordia

L’arrivo a La Paz, lo scorso gennaio, di una seconda grande marcia in poco più di tre mesi ha ravvivato il conflitto sulla costruzione della carretera Villa Tunari – San Ignacio de Moxos che dovrebbe attraversare il Parque Nacional del Tipnis, porzione di foresta amazzonica in territorio boliviano. Ma il risvolto più preoccupante per il presidente Evo Morales è probabilmente quello politico, dato che la vicenda ha creato una spaccatura della base che ne ha decretato il successo elettorale, proprio quelle comunità indigene che hanno capeggiato, in questo caso, proteste di segno opposto

LA CONTROPROTESTA – “Esigiamo l’annullamento della legge che dichiara intoccabile il Parque Nacional del Tipnis, perché ci pregiudica e non è stata presa con il consenso della comunità locale” ha detto Gumercindo Pradel, leader indigeno di questa seconda marcia alla quale hanno partecipato un migliaio di persone circa e che è durata 45 giorni coprendo 600 km, da La Paz a la vicina El Alto. Lo scorso agosto era nato il movimento contrario alla costruzione di questa strada, con in testa alcune organizzazioni indigene locali tra le quali la Comunidad Indigena del Oriente Boliviano, ritenuta vicina ai partiti d’opposizione al governo Morales, che focalizzava la protesta sugli effetti dannosi dell’opera, come la divisione del territorio del Tipnis in due parti, l’invasione delle coltivazioni di coca ma soprattutto lo sfruttamento irrazionale delle risorse petrolifere, di cui la zona è ricca, che rappresenterebbe un catastrofe ambientale per gli abitanti del posto.

I PROTAGONISTI DELLA NUOVA PROTESTA – Questa volta i manifestanti, arrivati a La Paz il 30 gennaio, sostengono ragioni opposte. La maggior parte dei membri della protesta, i componenti del Consejo Nacional del Sur (Conisur) l’organo più rappresentativo delle comunità indigene del Parque Nacional Tipnis, chiedono l’abolizione immediata della Ley Corta 180, approvata lo scorso ottobre dal Congreso boliviano, che dichiara l’intangibilità del Tipnis e il divieto di costruzione di qualsiasi tipo di infrastruttura. A questo nucleo si sono unite federazioni di imprenditori e contadini nonché organizzazioni sindacali e operaie. Per queste rappresentanze sociali la strada Villa Tunari – San Ignacio de Moxos rappresenta una grande opportunità di sviluppo commerciale e produttivo di livello nazionale, del quale beneficerebbero i dipartimenti di Beni e Cochabamba. Il pieno appoggio alla costruzione della controversa carretera è considerata come “unica forma che consentirebbe di venir fuori dalla povertà economica e intellettuale delle popolazioni locali”. I manifestanti chiedono la costruzione della seconda parte della struttura, che avanza solo nelle sue parti esterne ed è di fatto paralizzato nella su parte centrale, i 177 km che attraversano proprio il Parque Tipnis. E chiedono la riaffermazione del diritto alla consultazione delle popolazioni che vivono in quei territori.

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COSA HA FATTO IL GOVERNO – “Il governo nazionale ha deciso la costruzione della Villa Tunari – San Ignacio de Moxos  solo applicando la legge e rispondendo alle richieste popolari” e non favorendo interessi di parte. Questa è stata la posizione da sempre sostenuta dal presidente Morales, che a settembre aveva decretato la sospensione della costruzione della carretera, attraverso la Ley Corta 180, annunciando inoltre di voler ricorrere alla consultazione popolare per risolvere la questione. E proprio giovedì scorso il Parlamento boliviano ha approvato una legge, la Ley de Consulta previa, che fisserebbe tra quattro mesi un referendum consultivo. Riaccendendo però gli animi del movimento contrario alla carretera, dato che la nuova norma cancellerebbe proprio gli effetti della sospensione della costruzione dell’opera decisa dal Parlamento lo scorso ottobre.

UNA CRISI POLITICA IRREVERSIBILE? – Questa vicenda sta assumendo dei risvolti politici importanti dato che, come detto, sta spaccando la base indigena, vale a dire l’autentica roccaforte elettorale di Morales, sindacalista di origini quechua. I protagonisti di questa seconda marcia, come il citato Consejo Nacional del Sur, costituiscono segmenti della rappresentanza non certo minoritari, dato che rappresentano circa 13 comunità su 64 nel solo Tipnis. E sono considerati, dunque, lo zoccolo duro del partito di maggioranza Movimiento al Socialismo. La reazione del oficialismo boliviano è stata quantomeno ambigua dato che sembra aver riservato lo stesso trattamento ad entrambi i movimenti di protesta. Anche in questo caso, infatti, i manifestanti hanno subito una dura repressione, a volte al limite della legalità, da parte della Policia Nacional. Esattamente come era successo ad agosto scorso, quando centinaia di persone erano partite da Trinidad diretti alla capitale La Paz, percorrendo i 250 chilometri di cammino per manifestare il loro dissenso alla realizzazione della carretera. La recente Ley de Consulta previa, quindi, non ha avuto per il momento l’effetto di sedare gli animi, assicurando soltanto che il conflitto del Tipnis sarà rimesso in futuro alla decisione popolare. Ci sono inoltre ancora da stabilire le modalità di applicazione, vale a dire se la consultazione sarà fatta a livello nazionale o se riguarderà solo gli abitanti dei dipartimenti interessati di Beni e Cochabamba. L’unica certezza è che la vicenda sta creando non pochi grattacapi a Morales che sta vivendo un calo di popolarità senza precedenti, sfociato nella richiesta di dimissioni proveniente da gran parte di quel mondo che fino ad ieri era considerato il suo pueblo.

Alfredo D’Alessandro redazione@ilcaffegeopolitico.net

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