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Svolta politica in Sri Lanka

La sorprendente sconfitta elettorale di Mahinda Rajapaksa apre scenari politici inediti per lo Sri Lanka, soprattutto a livello internazionale. In cinque domande e cinque risposte, breve analisi di un evento importante per i futuri equilibri geopolitici dell’Oceano Indiano.

1) CHE COS’È SUCCESSO? – Presidente dello Sri Lanka sin dal 2005, Mahinda Rajapaksa ha perso la sua scommessa di mantenere il controllo politico del Paese per i prossimi anni. Nelle elezioni presidenziali dello scorso 8 gennaio, convocate in anticipo rispetto alla data originale del 2017, Rajapaksa è stato infatti sconfitto nettamente dal suo rivale Maithripala Sirisena, cogliendo di sorpresa molti osservatori internazionali. Appoggiato da una variegata coalizione di minoranze etniche e gruppi politici d’opposizione, Sirisena – ex Ministro della Sanità nel Governo del veterano D. M. Jayaratne – ha ottenuto oltre il 51% dei suffragi, battendo il Presidente uscente in molti distretti chiave del Paese. Una vittoria chiara, dunque, e rafforzata dall’alta e ordinata affluenza ai seggi dei votanti, attestatasi intorno all’82% nella sola area metropolitana di Colombo. Come in altre elezioni presidenziali cingalesi, sono state segnalate violenze e intimidazioni durante le operazioni di voto, ma in numero palesemente inferiore rispetto al passato.

2) PERCHÈ?  – Le ragioni della sconfitta di Rajapaksa sono molteplici, svelando la corrosione interna della sua lunga egemonia politica. Anzitutto, la decisione di anticipare le elezioni al 2015, nella convinzione di ottenere facilmente un terzo mandato presidenziale, si è rivelata avventata e controproducente, alimentando un clima di sfiducia generale nei confronti della classe dirigente cingalese. Questo clima ha finito naturalmente per avvantaggiare i Partiti d’opposizione, che con Sirisena hanno trovato un candidato abbastanza duttile da attirare le simpatie di larghe fasce della popolazione, inclusa la turbolenta minoranza Tamil nel nord-est del Paese. Contro Rajapaksa hanno poi pesato i numerosi scandali finanziari del suo Partito, lo Sri Lanka Freedom Party (SLFP), e l’eccessiva vicinanza diplomatica con la Cina, vista negativamente da molti cingalesi per via dell’aggressivo espansionismo economico di Pechino nell’Oceano Indiano.

 

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Fig. 2 – Sirisena con Papa Francesco (gennaio 2015)

3) QUALI SONO LE CONSEGUENZE? – A livello interno, la vittoria di Sirisena apre la strada a una possibile riconciliazione dello Stato cingalese con la minoranza Tamil, ancora soggetta a un duro regime di occupazione militare dopo la brutale repressione delle proprie forze separatiste nel 2009. Non a caso una delle prime mosse del nuovo Presidente è stata la nomina di un Governatore civile, H. M. G. S. Palihakkara, per le provincie settentrionali a maggioranza Tamil, mettendo fine di fatto all’amministrazione militare di quei territori. Ex diplomatico, Palihakkara avrà anche il delicato compito di aprire un dialogo costruttivo con le Autorità civili locali, democraticamente elette ma prive sinora di poteri decisionali, reintegrandole nella struttura amministrativa dello Stato cingalese. A livello internazionale, l’elezione di Sirisena potrebbe invece riavvicinare lo Sri Lanka all’India e ai Paesi occidentali, segnando una battuta d’arresto per l’ascesa geopolitica della Cina in Asia meridionale.

4) QUALI SONO STATE LE REAZIONI INTERNAZIONALI ALL’EVENTO? – Allettati da un possibile riposizionamento internazionale dello Sri Lanka, Stati Uniti e Gran Bretagna non hanno nascosto la propria soddisfazione per la caduta di Rajapaksa, detestato sia per la vicinanza politica con la Cina che per i metodi brutali usati contro i separatisti Tamil nello scorso decennio. Inoltre Washington e Londra sperano di vedere l’ex Presidente cingalese processato all’Aja per crimini di guerra, anche se Sirisena ha sinora rifiutato di dare seguito alle richieste di estradizione avanzate in Occidente, ben coscio della persistente popolarità di Rajapaksa in patria e della sua stessa complicità col precedente regime nella sanguinaria repressione delle Tigri Tamil. Anche l’India ha reagito positivamente alla svolta politica in Sri Lanka e New Delhi sarà proprio la meta del primo viaggio all’estero di Sirisena, previsto intorno alla metà di febbraio. Per ora la Cina resta invece alla finestra, ansiosa di conoscere gli orientamenti politici e economici del nuovo Presidente cingalese. Pechino è chiaramente dispiaciuta per la sconfitta di Rajapaksa, partner di importanti accordi economici e strategici negli anni passati, ma resta convinta di poter comunque mantenere una relazione privilegiata con lo Sri Lanka, forte delle ingenti cifre investite nello sviluppo del porto di Hambantota e di altre importanti infrastrutture locali.

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Fig. 3 – Mahinda Rajapaksa col Presidente cinese Xi Jingpin (settembre 2014)

5) COSA ACCADRÀ ORA? – È difficile prevedere come si svilupperà la situazione politica cingalese nei prossimi mesi. A dispetto della vittoria di Sirisena, riconosciuta pacificamente da Rajapaksa subito dopo le elezioni, il rischio instabilità appare infatti altissimo, in virtù delle divisioni interne alla coalizione del nuovo Presidente, composta da un curioso mix di nazionalisti, marxisti e liberisti. Non a caso Sirisena sta cercando in tutti modo di formare un Governo di unità nazionale con il SLFP, nella speranza di rintuzzare i propri sostenitori più intrattabili e di guadagnare una maggioranza parlamentare più solida alle prossime elezioni legislative di aprile. Da questo punto di vista Rajapaksa sembra intenzionato a dare una mano al rivale, offrendogli addirittura la leadership del suo Partito in cambio dell’immunità per le accuse di corruzione e tentato golpe avanzate dopo la recente tornata elettorale. Questo accordo potrebbe però essere contestato sia dai sostenitori più intransigenti di Rajapaksa che dal nuovo Primo Ministro Ranil Wickramasinghe, aprendo un conflitto politico-istituzionale di difficile soluzione. Insomma, tutte le strade restano aperte e c’è da scommettere che le maggiori potenze dell’area asiatica (Stati Uniti, Cina, India, Giappone) continueranno a guardare con interesse alla situazione politica di Colombo per tutto il 2015.

Simone Pelizza

[box type=”shadow” ]Un chicco in più

Papa Francesco è stato il primo capo di Stato straniero a incontrare personalmente Sirisena dopo il suo insediamento. Durante la sua recente visita pastorale in Sri Lanka, organizzata prima delle elezioni presidenziali locali, il Papa ha invitato il Paese a proseguire sulla strada della verità e della riconciliazione, indossando spesso una veste color zafferano simbolo di onore per la comunità Tamil. La comunità cattolica cingalese conta circa 1,2 milioni di fedeli ed è concentrata soprattutto nell’area di Colombo. Politicamente si è schierata con Sirisena durante la passata campagna elettorale. [/box]

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Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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