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Interoperabilità, il core business della NATO (I)

Miscela Strategica – Il 2014 è stato un anno che ha messo a dura prova l’Alleanza Atlantica, non tanto per quanto riguarda l’impegno e la proiezione operativa della stessa, quanto perché la NATO ha dovuto cercare di riaffermare la sua identità agli occhi del mondo

IL CONCETTO DI INTEROPERABILITA’ – La crisi in Ucraina, il ripiegamento dall’Afghanistan, l’avanzata di ISIS in Iraq e il collasso della Siria; tutti eventi che stanno incidendo profondamente sul panorama strategico delineandosi come le sfide concrete alla sicurezza internazionale nel breve periodo. Come ovvio, l’attenzione mediatica ed istituzionale si è anche concentrata sull’atteggiamento della NATO in relazione a queste sfide e minacce e, in molti casi, è stato giudicato inadeguato o poco puntuale. Senza addentrarsi nel merito della questione, quello che sicuramente emerge da una prima analisi è che, allo stato attuale delle cose, la NATO si trova ad affrontare un processo di profonda revisione interna. Tale processo porrà le basi per affrontare il prossimo Summit che avrà luogo a Varsavia nel 2016 e per definire il prossimo Nuovo Concetto Strategico. Gli elementi di cambiamento (o per meglio dire, di aggiornamento) che verranno via via introdotti, continueranno però a ruotare intorno a quello che ormai da più di un decennio è il pilastro strutturale dell’Alleanza: il concetto di interoperabilità. A più riprese individuato come ‘la Novità’, le sue origini vanno ricondotte alla fine degli anni Ottanta, quando la crisi fra i due Blocchi stava volgendo al termine e la NATO si trovava di fronte alla sfida più grande: individuare e costruire gli strumenti che le avrebbero permesso di rimanere l’organizzazione cardine della sicurezza globale negli anni a venire. Il Summit di Newport dello scorso settembre, in risposta alla situazione in Ucraina, ha delineato le nuove esigenze di sicurezza della NATO, proponendo in realtà vecchi strumenti per affrontarle. In particolare, è stato nuovamente posto l’accento sulla cooperazione fra Paesi membri e partner, sulle esercitazioni congiunte e sulla standardizzazione di equipaggiamenti e programmi. Tutti elementi, questi, ricompresi largamente nel più ampio concetto di interoperabilità, o “interoperability platform in gergo NATO, sistema che deve essere affrontato su più livelli, da quello concettuale a quello ‘operativo’.

LO STRUMENTO PER L’ALLARGAMENTO – Poste le basi dell’allargamento dell’Alleanza, quest’ultima deve rappresentare quella piattaforma in cui i 28 Paesi membri possono lavorare insieme per assicurare la più efficace risposta alle esigenze di sicurezza. Lo sviluppo di una capacità inter-operativa in seno alla NATO ha svolto un ruolo di prim’ordine sin dalla stesura del Trattato di Washington nel 1949. Se durante il periodo della Guerra Fredda tale concetto era quasi unicamente esteso agli aspetti più squisitamente tecnici e militari, in decenni di attività congiunte è stato raggiunto un più ampio spettro di azioni. Il primo banco di prova per la NATO in questo contesto, sono state le operazioni congiunte in teatro operativo fuori area, nella fattispecie nei Balcani e in Afghanistan. Sotto il profilo militare, l’interoperabilità riguarda nello specifico la capacità delle Forze Armate appartenenti a Paesi diversi di condurre insieme operazioni. Questo permette di raggiungere una piena capacità operativa in teatro attraverso l’utilizzo di unità, forze e sistemi d’arma di appartenenza diversa. Per raggiungere questo obiettivo, la NATO ha avviato un complesso programma di standardizzazione che prevede la condivisione di dottrine e procedure comuni fra i 28 membri. Spostandoci quindi dal piano tecnico-operativo a quello più concettuale, risulta evidente come il concetto di interoperabilità non sia un mero strumento di standardizzazione, ma lo “Strumento”. L’interoperabilità non è sola esclusiva dei Paesi membri, ma è diventata il primo strumento per favorire la standardizzazione con i Paesi partner o aspiranti alla membership. In questo modo, attraverso una serie di target il cui raggiungimento è prerogativa necessaria per ottenere l’ingresso nell’Alleanza, i Paesi coinvolti nei programmi di partenariato saranno via via obbligati a rendere le proprie forze armate omogenee a quelle dei membri della NATO. Da un lato si tratta di un discorso puramente tecnico, legato alla revisione delle infrastrutture, dei mezzi, degli armamenti e degli equipaggiamenti. Dall’altro, sotto un profilo meno tecnico e più politico, questi Paesi dovranno raggiungere al contempo quegli standard democratici richiesti da un’alleanza politica e militare. Insomma, una forma di “soft-control” dei Paesi rilevanti ai fini del raggiungimento degli obiettivi strategici individuati dall’Alleanza.

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Soldati statunitensi si preparano per un’esercitazione NATO in Kosovo

I PUNTI DI NEWPORT – Vediamo ora alcuni degli elementi che contribuiscono a raggiungere l’interoperabilità. Come espresso in più punti della dichiarazione del Summit di Newport, in questo preciso momento storico la NATO va a ribadire il suo impegno a rinforzare il legame transatlantico per garantire la salvaguardia dei territori dei paesi membri e a fornire capacità, risorse e la volontà politica per fronteggiare tutte le minacce emergenti. Per fare questo, l’elenco in più di cento punti della dichiarazione evidenzia, più o meno esplicitamente, gli strumenti pratici funzionali all’implementazione della “interoperability platform”. In primo luogo, viene posto l’accento sulle esercitazioni congiunte, con particolare riferimento allo sviluppo della NATO Ballistic Missile Defence (BDM) ed alla politica nucleare. L’auspicato “global nuclear zero” non potrà essere ragionevolmente raggiunto finché la sicurezza euro-atlantica sarà potenzialmente minacciata da una crescita della produzione di armi nucleari oltre i suoi confini. I programmi di Mosca sembrano orientati verso una implementazione della propria capacità nucleare, nel 2018 dovrebbe essere operativo un nuovo missile balistico inter-continentale in grado di trasportare dalle 10 alle 15 testate contemporaneamente. La NATO continua a guardare alla Russia come un possibile partner, ben consapevole però della volatilità della politica estera e militare del Cremlino. D’altro canto, Corea nel Nord, Iran e India stanno sviluppando le tecnologie in questione. La stessa NATO, in molte dichiarazioni formali, ha ribadito che al momento non è previsto nessun rischio immediato di attacco, ma che l’Alleanza, in virtù della sua propria natura, ha il dovere e la responsabilità di considerare la difesa missilistica come il cuore degli strumenti di difesa collettiva.

(Continua)

Emma Ferrero

[box type=”shadow” align=”aligncenter” ]Un chicco in più

Per una maggiore comprensione di quanto asserito nel corso del Summit NATO in Galles in merito ai rapporti NATO-Russia, si riporta integralmente il punto 23 della dichiarazione ufficiale: “The Alliance does not seek confrontation and poses no threat to Russia. But we cannot and will not compromise on the principles on which our Alliance and security in Europe and North America rest. NATO is both transparent and predictable, and we are resolved to display endurance and resilience, as we have done since the founding of our Alliance. The nature of the Alliance’s relations with Russia and our aspiration for partnership will be contingent on our seeing a clear, constructive change in Russia’s actions which demonstrates compliance with international law and its international obligations and responsibilities.” [/box]

Foto: Rob Schleiffert

 

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Emma Ferrero
Emma Ferrero

Torinese di nascita, ma romana di adozione, ha frequentato da civile la Scuola di Applicazione e Istituto di Studi Militari dell’Esercito, conseguendo con lode la Laurea Magistrale in Scienze Strategiche nel 2012. Con passate esperienze di ricerca e analisi in ambito geostrategico e militare presso il Centro Studi per le Operazioni Post Conflict di Torino e presso la Rappresentanza Permanente italiana alla NATO a Bruxelles, dopo aver conseguito un master in Sicurezza Economica, Geopolitica e Intelligence in SIOI, attualmente collabora con alcune testate e organizzazioni internazionali. Le sue aree di interesse sono: NATO e sicurezza cooperativa, industria difesa, analisi d’area (in particolare Afghanistan, Iraq, Paesi del Golfo, Medio Oriente, Asia Centrale).

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