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La nuova politica di difesa della Polonia

Preoccupata dagli sviluppi della crisi ucraina, la Polonia ha adottato una nuova politica di difesa volta a contenere una possibile aggressione russa ai propri confini.

Questa politica si basa soprattutto sulla riduzione delle missioni militari all’estero, sulla modernizzazione tecnologica delle Forze Armate e sulla formazione di unità paramilitari volontarie esperte nella guerra asimmetrica. Ma restano forti dubbi sulla reale capacità di Varsavia di sostenere i costi politici e finanziari di tale ambizioso programma.

LA DOTTRINA KOMOROWSKI – Dopo circa dieci anni di missioni militari in Africa e Medio Oriente sotto l’egida della NATO, condotte spesso senza una chiara strategia diplomatica, la Polonia ha recentemente deciso di cambiare in modo radicale la propria politica di difesa, focalizzandosi interamente sulla sicurezza dei propri confini nazionali. La crisi ucraina è stata certamente la causa principale di tale cambiamento, risvegliando vecchi timori di un ritorno armato della Russia in Europa orientale, ma i prodromi della svolta erano già ben visibili nell’estate del 2013, quando Varsavia ha rifiutato a sorpresa di partecipare alla progettata campagna aerea contro Assad in Siria, provocando parecchio scompiglio all’interno dell’Alleanza Atlantica. Sotto la guida del Presidente Bronislaw Komorowski, ex Ministro della Difesa nei primi anni Duemila, il Governo di Varsavia ha infatti riorientato la propria strategia difensiva in chiave europea, rinunciando a costose spedizioni internazionali e preparando l’Esercito per un possibile conflitto armato alle porte di casa.

Esercitazione NATO in Polonia (aprile 2014)

Meglio nota come dottrina Komorowski, la nuova politica di difesa polacca prevede un’alta spesa pubblica nel settore militare (circa l’1,9% del PIL) per i prossimi dieci anni e mira a modernizzare tecnologicamente sia le forze terrestri che quelle aeree, rimpiazzando il vecchio arsenale di età sovietica con le ultime sofisticate produzioni dell’industria bellica occidentale. Le Autorità di Varsavia hanno per esempio acquistato diverse decine di carri armati Leopard II dalla Germania, mentre recenti negoziati con la Lockheed Martin promettono di espandere considerevolmente la flotta di droni e caccia F-16 dell’Aviazione polacca, consentendole di colpire in profondità nelle retrovie nemiche. Molte basi dell’Esercito verranno spostate nelle regioni orientali del Paese e il Governo polacco sembra anche intenzionato a rafforzare corpi speciali come la JW Grom o i Formoza, impegnati con successo in Afghanistan negli ultimi anni. Inoltre, il nuovo Esecutivo di Ewa Kopacz punta a stabilire un forte sistema missilistico a difesa dello spazio aereo nazionale, neutralizzando la possibile minaccia strategica dell’enclave russa di Kaliningrad. In tal senso ci sono stati contatti con gli Stati Uniti per l’acquisto del missile terra-aria AGM-158, già adottato dalla vicina Finlandia nel 2011.

SFIDUCIA NELLA NATO – Il cuore della dottrina Komorowski è però rappresentato da formazioni paramilitari come la Strzelec, composte principalmente da volontari e addestrate per combattere guerre di tipo asimmetrico e non convenzionale. Guidata da Marcin Waszczuk, la Strzelec conta circa 5mila effettivi ed è sostenuta direttamente dall’Esercito con armi, uniformi e regolari sessioni d’addestramento. L’organizzazione è ispirata all’omonima formazione paramilitare creata da Józef Pilsudski nel primo dopoguerra ed annovera tra i suoi membri manager, insegnanti, ex soldati e rievocatori storici. Nello scorso autunno Waszczuk e i suoi uomini hanno tenuto importanti esercitazioni nella regione di Czestochowa, simulando scontri armati simili a quelli avvenuti in Ucraina e mettendo in atto tattiche di tipo insurrezionale e anti-terroristico. L’obiettivo di tali esercitazioni – piuttosto surreali nell’attuale contesto pacifico della Polonia meridionale – è quello di preparare la Strzelec a contrastare attivamente un’invasione straniera del Paese, guadagnando tempo prezioso per un possibile intervento della NATO a sostegno di Varsavia.

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Fig. 3 – Il Presidente polacco Komorowski (centro) durante un vertice congiunto tra i Ministri della Difesa di Polonia, Lituania e Ucraina (settembre 2014)

Un intervento a cui però molti politici e militari polacchi non credono, svelando la generale disillusione del loro Paese nei confronti dell’Alleanza Atlantica. Scioccata dalla guerra russo-georgiana del 2008 e dalla recente crisi nel Donbass, la Polonia si fida infatti poco delle promesse dei propri partner occidentali, accusandoli di avere sottovalutato per troppo tempo la minaccia proveniente da Mosca. Inoltre, le Autorità di Varsavia sono ancora furiose con Washington per la decisione dell’Amministrazione Obama di abbandonare il progetto dello scudo anti-missile regionale nel 2009, rendendo l’intera Europa orientale vulnerabile a un attacco nucleare russo. Nemmeno la recente svolta anti-russa di Obama e le dure sanzioni adottate dagli Stati Uniti contro il Cremlino hanno cancellato tale impressione negativa, complicando seriamente le relazioni americano-polacche e spingendo Varsavia a riorganizzare autonomamente le proprie Forze Armate. E i rapporti con gli altri Paesi dell’Unione Europea, soprattutto quelli dell’Europa centrale, sono altrettanto tesi e difficili: nonostante accordi formali di cooperazione con la Bundeswehr, il Governo polacco non si fida della Germania, accusandola di essere troppo accomodante nei confronti di Putin, mentre le differenti opinioni sulle sanzioni alla Russia hanno posto Varsavia in rotta di collisione con gli altri membri del Gruppo di Visegrád, gettando tale organizzazione in uno grave stato di crisi permanente.
Nella sua dura posizione anti-russa la Polonia non è certo isolata nel contesto europeo, potendo contare sul pieno sostegno di Gran Bretagna, Svezia e Paesi Baltici. Ma fervore nazionalistico e intransigenza politica hanno comunque posto Varsavia in una difficile situazione, limitandone la libertà d’azione diplomatica e spingendola in un teso confronto con Mosca di difficile soluzione. Da qui la decisione del Governo polacco di “far da sé” in ambito difensivo, preparando le proprie Forze Armate alla peggiore eventualità possibile, ovvero a uno scontro armato diretto con la Russia all’interno dei propri confini nazionali.

INQUIETUDINI SOCIALI – Ma Varsavia è davvero in grado di sostenere una simile politica difensiva sul lungo termine? Dopotutto la dottrina Komorowski costerà allo Stato polacco oltre 30 miliardi di dollari e i primi risultati del generale ammodernamento delle Forze Armate si vedranno solo tra tre-cinque anni, lasciando il Paese in una posizione estremamente vulnerabile nell’immediato futuro. L’Esercito polacco conta solo 120mila effettivi e necessita una seria espansione per poter sostenere un confronto diretto con quello russo. E la Strzelec resta una piccola organizzazione di volontari inesperti, incapace di fronteggiare situazioni complesse e pericolose come quelle viste in Crimea e nel Donbass. Per trasformarla in un’efficace forza da combattimento occorrono una forte campagna di arruolamento di volontari e grossi investimenti economici per la loro formazione. Investimenti che potrebbero presto mancare, viste le crescenti difficoltà dell’economia polacca.

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Fig. 4 – Manifestazione di protesta dei minatori polacchi (ottobre 2014)

Nonostante il PIL della Polonia continui infatti a crescere a buoni livelli (+3,4% nel 2014), ci sono numerosi segnali che indicano una possibile recessione nel prossimo futuro. Un tempo punta di diamante dell’economia nazionale, il settore minerario è in crisi gravissima, colpito sia dalla concorrenza internazionale che dalla legislazione ambientale europea, e i sindacati dei minatori minacciano scioperi ad oltranza, finora scongiurati da un fragile gioco di concessioni reciproche con Governo e imprenditori. Anche gli agricoltori sono sul piede di guerra, danneggiati seriamente dall’embargo alimentare della Russia contro l’Unione Europea, e le Autorità polacche hanno chiesto ripetutamente a Bruxelles aiuti finanziari per ripianare le perdite subite. Infine, il settore sanitario è in fibrillazione per via di budget ridotti e del controverso piano anti-cancro del Ministro della Salute Bartosz Arlukowicz, che mira a ridurre i lunghi tempi di attesa dei pazienti per diagnosi e trattamento della malattia. L’Unione Nazionale dei Medici (OZZL) ha infatti chiesto più fondi per l’implementazione del piano, minacciando addirittura uno sciopero generale se Arlukowicz continuerà a ignorare le proprie richieste. Lo scontro tra OZZL e Ministero della Salute ha portato finora alla chiusura di diversi ospedali e studi medici in tutto il Paese, creando gravi disagi per decine di migliaia di persone.
In generale, la situazione socio-economica polacca appare quindi tutt’altro che tranquilla e la crescente sfiducia di molti polacchi verso la propria classe politica, travolta da scandali come quello delle intercettazioni dell’ex Ministro degli Esteri Sikorski, minaccia di aggravare ulteriormente le tensioni interne al Paese. In un simile contesto la piena realizzazione della dottrina Komorowski resta dunque di difficile attuazione, mettendo a rischio la sicurezza della Polonia in una fase internazionale estremamente delicata e imprevedibile.

Simone Pelizza

[box type=”shadow” ]Un chicco in piĂą

Uno dei modelli di ispirazione della Strzelec è l’Arma Krajowa (AK), il magggiore movimento di resistenza polacco durante la Seconda Guerra Mondiale. Creata nel 1942, l’AK condusse numerose operazioni militari contro l’occupante nazista, incluse insurrezioni locali come quella di Zamość nel 1943. Agli inizi del 1944 l’organizzazione raggiunse l’apice della propria forza con oltre 400mila effettivi, organizzati a livello regionale ed equipaggiati con armi leggere. Ma il sanguinoso fallimento della rivolta di Varsavia ridusse considerevolmente tali numeri e l’AK dovette cessare molte delle sue operazioni per il resto del conflitto, ritirandosi nella regione di Lublino. Fedele al Governo in esilio a Londra, l’organizzazione rifiutò di collaborare con i sovietici alla fine della guerra, venendo sciolta con la forza dall’Armata Rossa nei primi mesi del 1945. Molti dei suoi membri continuarono a combattere in clandestinità contro il nuovo regime comunista polacco sino alla fine degli anni Quaranta. [/box]

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Simone Pelizzahttp://independent.academia.edu/simonepelizza

Piemontese doc, mi sono laureato in Storia all’Università Cattolica di Milano e ho poi proseguito gli studi in Gran Bretagna. Dal 2014 faccio parte de Il Caffè Geopolitico dove mi occupo principalmente di Asia e Russia, aree al centro dei miei interessi da diversi anni.
Nel tempo libero leggo, bevo caffè (ovviamente) e faccio lunghe passeggiate. Sogno di andare in Giappone e spero di realizzare presto tale proposito. Nel frattempo ho avuto modo di conoscere e apprezzare la Cina, che ho visitato negli anni scorsi per lavoro.

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