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L’intricato golpe in Burkina Faso

Il Burkina Faso ha subito un colpo di Stato: dopo 27 anni il presidente Compaoré è stato destituito dall’esercito del generale Traoré. Tuttavia il quadro è piuttosto confuso, perché se da un lato non è chiaro chi abbia in mano la situazione e quali siano i veri protagonisti del golpe, dall’altro lato Compaoré non si dimette e sembra in qualche modo ‘sostenere’ lo scioglimento del Governo.

IL CONTESTO – Dopo tre giorni di violente proteste, ieri in Burkina Faso il capo di Stato maggiore, Nabéré Honoré Traoré, ha annunciato lo scioglimento del Governo di Blaise Compaoré, al potere dal 1987. La ricostruzione dell’accaduto è ancora piuttosto complessa, con fonti discordanti e scarsa chiarezza sulle ore che hanno portato centinaia di manifestanti a incendiare il Parlamento. Per di più, le parole del Presidente, che ha definito l’azione dell’esercito «patriottica» e ha accettato di cedere il potere, contribuiscono a rendere il contesto confuso, con una sovrapposizione di personaggi chiave da districare. Proviamo quindi a procedere per gradi. Blaise Compaoré guida il Burkina Faso da 27 anni, ossia da quando, in un incidente mai del tutto appurato, uccise – probabilmente in modo volontario – Thomas Sankara, tuttora punto di riferimento politico per l’Africa subsahariana. Compaoré è stato sempre confermato in elezioni fortemente contestate dalle opposizioni e negli anni ha tentato di presentarsi come un leader affidabile per l’Occidente, intessendo solidi legami soprattutto con Stati Uniti e Francia, anche per la lotta al terrorismo islamico. Recentemente – ed ecco l’attualità, – il Presidente, giunto al limite massimo di mandati e sostenuto da un sistema personalistico basato su corruzione e culto della personalità, ha proposto una modifica costituzionale che gli avrebbe consentito di candidarsi nuovamente. Migliaia di cittadini sono quindi scesi in piazza per tre giorni di manifestazioni, culminate nella giornata di ieri con l’assalto al Parlamento nel giorno della discussione dell’emendamento alla Carta. Il bilancio della rivolta è di almeno trenta morti. Fin qui tutto tragicamente chiaro.

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Scene dagli scontri di Ougadougou

IL 30 OTTOBRE – La situazione si complica nel pomeriggio. Compaoré, infatti, scompare. Nessuno sa dove sia, però in serata comunica lo scioglimento del Governo e l’applicazione dello stato d’emergenza. Apparentemente ad avere in mano la situazione è il generale Traoré, che conferma la dissoluzione dell’esecutivo e del Parlamento, annuncia una fase di transizione di 12 mesi e tratta con le opposizioni e con Kouamé Lougué, ex ministro della Difesa cacciato da Compaoré. Nella nottata interviene ancora il Presidente, il quale si congratula con l’esercito e dichiara che lascerà il potere al termine della fase di transizione, eventualità contestata dalle opposizioni, che definiscono le dimissioni «non negoziabili». Nonostante alcuni manifestanti in Burkina Faso già parlino di «Primavera nera» (Pargui Emile Paré, del Movimento del popolo per il progresso), a inquadrare bene la situazione è Bènèwendè Sankara, portavoce delle opposizioni: «Si tratta di un colpo di Stato. Traoré agirà negli interessi del Paese, ma si tratta di un colpo di Stato». Non è comunque chiaro chi stia comandando adesso in Burkina Faso: le dichiarazioni di Compaoré sono il riconoscimento della sconfitta, il tentativo di cavalcare la situazione o la conferma che egli stesso sia dietro all’azione dell’esercito? E ancora, perché i manifestanti invocavano il nome di Kouamé Lougué? Infine, l’incontro tra alcuni alti ufficiali dell’esercito con i capi dell’etnia mossi, maggioritaria nel Paese, richiama un’origine tribale del golpe? A queste domande, per ora, si può rispondere solo all’ultima e in modo negativo, sebbene si debba tenere presente che l’aspetto etnico-tribale è spesso fondamentale per capire gli equilibri di potere in Africa. L’esercito si è rivolto ai capi dei mossi per evitare ulteriori spargimenti di sangue.

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Blaise Compaoré

I PROTAGONISTI – Di Blaise Compaoré abbiamo parlato poco sopra. Proviamo a individuare qualche altra figura chiave della giornata di ieri. Innanzitutto, il generale Traoré, il frontman del colpo di Stato: è lui che ha formalmente guidato le manovre per l’allontanamento di Compaoré, ma nel corso del pomeriggio il Presidente lo ha più volte anticipato da un punto di vista comunicativo e politico, bruciandolo sulla dichiarazione dello scioglimento del Governo e gestendo alcune trattative in via informale. Ecco perché di ora in ora appare sempre più che non sia Traoré il vero capo del golpe, né che a lui spetti la guida della fase di negoziazione. Altra figura il cui ruolo è piuttosto fumoso è il generale Kouamé Lougué, compagno di Compaoré nell’eliminazione di Sankara, già capo di Stato maggiore e ministro della Difesa, allontanato nel 2003 per un presunto tentativo di colpo di Stato. I manifestanti hanno inneggiato al suo nome nella marcia verso il Parlamento, però non è chiaro il motivo. Addirittura, secondo alcuni testimoni, molti non sapevano nemmeno chi fosse. Non è un caso, quindi, se la sua presenza sia lentamente scivolata in secondo piano a partire dal tardo pomeriggio. Lougué è stato convocato da Traoré nella giornata di ieri per partecipare alle consultazioni con le opposizioni: secondo diversi osservatori è lui il leader del colpo di Stato, mentre per altri è stato coinvolto solo in qualità di facilitatore. A rappresentare il fronte politico contro Compaoré è Zéphirin Diabré, mediatore tra le varie formazioni partitiche e in stretto contatto con l’ambasciata di Francia. Diabré avrebbe criticato l’incertezza di Traoré in alcuni passaggi (per esempio i tentennamenti sui tempi delle comunicazioni ufficiali) e sarebbe il più intransigente nel richiedere le immediate dimissioni di Compaoré, a costo di mantenere la mobilitazione delle piazze. Infine – ed ecco il richiamo all’aspetto etnico – non bisogna sottovalutare il ruolo del Mogho Naba, il re dei mossi (l’etnia del 40% degli abitanti del Burkina Faso), che ieri ha ricevuto tutti i protagonisti del colpo di Stato, dialogando a lungo con Lougué. L’autorità morale e tradizionale del Mogho Naba è tale che la sua opinione è un elemento fondamentale di riflessione per il popolo e la dirigenza del Paese.

Dov'è il Burkina Faso
Dov’è il Burkina Faso

PERCHÉ IL BURKINA FASO È IMPORTANTE – La situazione in Burkina Faso desta grande preoccupazione a livello internazionale. Si tratta infatti di uno dei Paesi più poveri al mondo, che basa la propria economica soprattutto sull’esportazione di oro e cotone. Già attraversato da rivolte contro Campaoré nel 2011, il Burkina Faso si trova in una posizione strategica a cavallo tra Sahel e golfo di Guinea, in una regione geopoliticamente compressa tra la turbolenza del Mali, i rischi del Niger, la dinamica area Costa d’Avorio-Ghana e il limite occidentale dell’azione di Boko Haram. Dopo il Che Guevara africano Thomas Sankara, leader del panafricanismo, Blaise Compaoré ha virato verso posizioni filo-occidentali, rafforzando i legami con Francia e Stati Uniti, in particolare negli ultimi quindici anni. Il Paese è considerato da Washington un punto d’appoggio fondamentale per la lotta al terrorismo, tanto che dal 2007 è presente nell’aeroporto della capitale Ouagadougou il Joint Special Operations Air Detachment statunitense, impegnato, anche tramite droni, per il contrasto di al-Qaida nel Maghreb islamico e MUJAO, nonché per attività di sorveglianza e spionaggio in Mauritania e Mali. In questo senso, è importante citare che la maggioranza degli abitanti del Burkina Faso è musulmana (60-65%), ma che nel Paese non si riscontrano episodi rilevanti di radicalismo. Da ricordare, infine, l’attivismo del presidente Compaoré come mediatore tra la Francia e l’Ecowas per la crisi in Mali.

 

Beniamino Franceschini

[box type=”shadow” align=”aligncenter” ]Un chicco in più

Ecco un link per seguire gli aggiornamenti della situazione ora per ora.[/box]

Foto: dayblakelydonaldson

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’Università di Pisa, sono specializzato in geopolitica e marketing elettorale. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa. Ho un gatto bianco e rosso chiamato Garibaldi.

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