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Una colonia cinese?

Siamo davvero di fronte a una “Cinafrica”? Ovvero, il continente nero è l'oggetto di una nuova “colonizzazione” in arrivo da Pechino sotto forma di investimenti diretti esteri? Sì, ma soltanto in parte. I dati elaborati dal CeSIF (Centro Studi per l'Impresa della Fondazione Italia Cina), che vi proponiamo in esclusiva, mostrano che è l'Asia il continente dove il Dragone investe di più, seguita dall'America Latina, dove si investe 5 volte più che in Africa. Quali le ragioni di questa dinamica? Ecco alcune chiavi di lettura

UN'AFRICA CON GLI OCCHI A MANDORLA? – C'è chi ha parlato di “Africa cinese” o di “Cinafrica”, in relazione al nuovo processo di “colonizzazione” che Pechino starebbe attuando da alcuni anni a questa parte nel continente nero. È indubbio che gli investimenti messi in atto dal Dragone in Africa, soprattutto in termini di infrastrutture, rappresentino un fenomeno molto interessante proprio perchè la presenza di capitali cinesi nella regione è aumentata in maniera rapida e si è diffusa in maniera decisamente capillare, andando a toccare non solo i Paesi più sviluppati come il Sudafrica ma anche quelli più arretrati come la Repubblica democratica del Congo. C'è da sottolineare anche come l'approccio cinese abbia saputo fare breccia nelle élites politico-economiche di questi Stati: dopo lo sfruttamento da parte delle potenze coloniali e dopo le condizioni imposte dai Paesi occidentali, sostenute con forza dalle Nazioni Unite, per il rispetto dei diritti umani e l'implementazione di riforme in senso democratico, l'arrivo di investitori dotati di “cash” e inclini a porre poche condizioni per i loro investimenti è servito ad aprire la strada alla penetrazione cinese in Africa. LE COSE STANNO PROPRIO COSI'? – Se ci fermassimo a queste considerazioni, potrebbe sembrare che la Cina abbia scelto l'Africa come territorio privilegiato per i propri investimenti. Un continente ricchissimo di risorse naturali e ancora largamente sottosviluppato, una vera e propria terra delle opportunità. In realtà, le cose non stanno esattamente in questi termini. Poche settimane fa il CeSIF (Centro Studi per l'Impresa della Fondazione Italia Cina), che annovera tra i propri soci circa quattrocento imprese italiane presenti sul mercato cinese e le più grandi realtà cinesi che hanno investito nel nostro territorio, ha elaborato una serie di dati relativi agli Investimenti Diretti Esteri (IDE) che Pechino realizza in tutto il mondo. Bene, qual è l'area più interessata dall'afflusso di yuan? L'Asia, con quasi 45 miliardi di dollari ricevuti nel corso del solo 2010. Questo dato in realtà non deve stupire troppo, dato che i Paesi limitrofi alla Cina, dall'Indocina all'Asia Centrale, possiedono un valore geopolitico e geoconomico imprescindibile per Pechino, come vi stiamo spiegando attraverso il nostro speciale “La Cina e i suoi vicini”. Tolta dunque l'Asia, ci si aspetterebbe che la seconda regione più interessata dall'afflusso di capitali cinesi sia proprio l'Africa. E invece il continente nero si trova solo al penultimo posto con “appena” 2,1 miliardi di dollari ricevuti nel 2010, poco più che quanto affluito in Oceania (dove in pratica i Paesi sono tre: Australia, Nuova Zelanda e Nuova Guinea), con 1,8 miliardi di dollari. Al secondo posto, invece, si trova l'America Latina, vera “miniera d'oro” per gli investimenti cinesi: 10,5 miliardi di dollari, il quintuplo rispetto all'Africa, con una crescita letteralmente esponenziale dal 2003 ad oggi che vede registrare un aumento di oltre il 1000%. Al terzo posto, infine, l'Europa, con 6,7 miliardi, seguita dal Nord America con 2,6.

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HIT PARADE AFRICANA – Andiamo ora ad esaminare più in profondità i dati relativi al continente africano. Nel 2010, il Paese che ha ricevuto più investimenti dalla Cina è stato il Sudafrica con 411,17 milioni di dollari: esattamente dieci volte di più che nel 2009. Come è possibile un aumento di questo genere? In realtà si tratta di dati “alterati” dalla realizzazione di un unico, o di pochi investimenti, molto ingenti che da un anno all'altro provocano cambiamenti improvvisi (questo accade in diversi Stati). Per il Sudafrica la spiegazione è data dagli investimenti confluiti per l'organizzazione dei Mondiali di Calcio, che si sono svolti proprio l'anno scorso. Abbastanza stabile al secondo posto è invece la Repubblica democratica del Congo, che con 236 milioni di dollari vede sostanzialmente confermarsi il dato del 2009. Tra i Paesi principali destinatari dei capitali cinesi vi sono tutti quelli maggiormente in crescita, come Algeria, Ghana, Angola e Nigeria, ma quello che è più interessante è la presenza di Paesi ancora largamente sottosviluppati e meno dotati di risorse naturali ed energetiche. Consideriamo per esempio Niger e Ciad, stati sahariani che non sono stati “baciati” da Madre Natura e che si trovano in posizioni geografiche isolate ed estremamente difficili. Ebbene, il Niger è al terzo posto nel 2010 con 196, 2 milioni di dollari, mentre Ciad e Madagascar erano rispettivamente settimo ed ottavo nel 2009 (51,2 ml e 49,3 ml). INTERPRETAZIONI – Riteniamo che i dati presentati in questo articolo siano di grande interesse. Per interpretarli, vanno innanzitutto scomposti in due livelli. Il primo è quello internazionale: come abbiamo visto, l'Africa si trova solamente al quinto posto tra le regioni del mondo come destinatario degli investimenti cinesi. Che significa tutto ciò? Di certo non vuol dire che tutti gli articoli e i libri sulla “colonizzazione gialla” siano carta straccia. L'Africa è indubbiamente strategica per Pechino, ma ancor di più lo è l'Asia e, probabilmente, l'America Latina. Bisogna inoltre riflettere sul fatto che il continente africano è ancora il meno sviluppato al mondo e dunque i costi da sostenere per un investimento, dalla costruzione di una fabbrica alla realizzazione di infrastrutture, sono molto più bassi che in altre regioni. Pensiamo soltanto al bassissimo costo della manodopera, mentre la forza lavoro più qualificata viene “esportata” dai cinesi e impiegata sul posto. Il secondo livello di analisi è quello interno al continente africano. La forte presenza in Paesi più sviluppati e in forte crescita, anche in questo caso, non deve sorprendere. Più interessante è la dinamica degli investimenti in aree più arretrate e meno “battute” dalle altre potenze economiche mondiali: Paesi come il Niger e il Madagascar RDC sono considerati meno appetibili da altri Paesi investitori. È lì dunque che la presenza di Pechino può rivelarsi più influente anche da un punto di vista strettamente politico, oltre che puramente economico. Davide Tentori redazione@ilcaffegeopolitico.net

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Davide Tentori
Davide Tentori

Sono nato a Varese nel 1984 e sono Dottore di Ricerca in Istituzioni e Politiche presso l’UniversitĂ  “Cattolica” di Milano con una tesi sullo sviluppo economico dell’Argentina dopo la crisi del 2001. Il Sudamerica rimane il mio primo amore, ma ragioni professionali mi hanno portato ad occuparmi di altre faccende: ho lavorato a Roma presso l’Ambasciata Britannica in qualitĂ  di Esperto di Politiche Commerciali ed ora sono Ricercatore presso l’Osservatorio Geoconomia di ISPI. In precedenza ho lavorato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dove mi sono occupato di G7 e G20, e a Londra come Research Associate presso il dipartimento di Economia Internazionale a Chatham House – The Royal Institute of International Affairs. Sono il Presidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del Desk Europa

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