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America latina, Presidenti per sempre?

Prendendo spunto dalle elezioni presidenziali che in Bolivia incoroneranno – salvo improbabili sorprese – ancora Evo Morales, analizziamo un fenomeno particolare del Sudamerica, i ‘Presidenti di lungo corso’.

Proiezioni sulle presidenziali in Brasile - fonte Folha de Sao Paulo
Proiezioni  presidenziali in Brasile, sorprendentemente disattese: Neves ha battuto Marina Silva | Folha de Sao Paulo

LE ELEZIONI IN AMERICA LATINA – L’anno dei Presidenti: così sarà ricordato questo 2014 in America latina. È cominciato a febbraio con il voto in Costarica e nel vicino El Salvador e si concluderà con il turno di ballottaggio in Uruguay il prossimo novembre. In tutto saranno eletti sette Presidenti in un anno solo. Il giorno più importante sarà il 26 ottobre, quando in Brasile si svolgerà l’imprevedibile ballottaggio tra Dilma Rousseff e Aécio Neves.
Il 12 ottobre, in Bolivia, Evo Morales con ogni probabilità potrebbe vincere di nuovo. Presidente in carica dal 2006, figura controversa del socialismo nazionalista sudamericano, eletto già due volte, la possibilità di candidarsi per la terza presidenza gli sarebbe stata preclusa per legge, ma solo in teoria. Nel 2009 ha reso possibile la promulgazione di un’altra Costituzione, definita “indigenista”, che proclama lo Stato plurinazionale di Bolivia e seppellisce la precedente Repubblica. Così è riuscito a far sentenziare al Tribunale costituzionale che il suo primo mandato (2006-2010) in realtà non era da annoverare nel computo, in quanto svolto con una Costituzione diversa.

EVO MORALES E LA SITUAZIONE GENERALE IN AMERICA LATINA – «Evo Cumple» era il grido di battaglia dei suoi (tanti) sostenitori. Ora ne ha persi parecchi per strada, ma grazie alle divisioni dei suoi avversari sarà rieletto. L’esempio richiama subito alla mente la “carriera” dei barbuti fratelli Castro, che dal 1959 detengono il potere a Cuba. Fidel ha di fatto “incoronato” il fratello solo nel 2008 e solo per motivi contingenti (soprattutto di salute). La “tradizione” del perpetuarsi del potere nelle medesime mani, tipica dei Paesi socialisti, ha così avuto effetto. Non molto diverso da quello cui assistevamo nell’Europa dell’Est. Evidentemente, socialismo non fa rima con alternanza neanche in America latina.
Hugo Chávez ha fatto più o meno lo stesso con Nicolás Maduro, vincitore delle elezioni del 2012 in Venezuela. Gli ha consegnato il Paese, i giornali, la tv. E lui ha vinto le elezioni, davanti ad avversari, ancora una volta, divisi. In Argentina Néstor Kirchner, eletto nel 2003, nel 2007 non si ripresentò per far posto alla moglie Cristina (tuttora in carica). Ma prima, da Presidente della regione patagonica di Rio Gallegos, modificò le regole elettorali assicurandosi così una rielezione illimitata. Anche l’Ecuador ha un capo dello Stato “esperto”: Rafael Correa infatti è in carica dal 2007.

Morales parla in sede Onu (fonte: Pagina12)
Morales parla in sede Onu | Pagina12

È vero che l’America Latina ha avuto nell’ultimo decennio la stabilità politica che forse prima non aveva conosciuto così approfonditamente. Ed è innegabile che i frutti ci sono: complessivamente la povertà è diminuita (anche se non ovunque), le condizioni di vita generalmente migliorate e l’influenza politica sulla scena mondiale è certamente accresciuta, anche per il graduale disimpegno di Washington nella zona. Questo blocco di potere ha portato negli ultimi due lustri stabilità, che a sua volta ha prodotto crescita.

IL PREZZO DELLA MANCATA ALTERNANZA – Ma questo è avvenuto a che prezzo? A Cuba c’è stata qualche timidissima apertura, ma si rimane sostanzialmente in un regime illiberale. Il Venezuela, Paese ricchissimo di petrolio, è perennemente sull’orlo della guerra civile. L’informazione è ostaggio del partito che continua nell’opera di congiunzione tra socialismo e nazionalismo. L’iperinflazione erode i salari e vanifica gli espropri e la limitazione all’iniziativa (e alla libertà) privata. L’Argentina è nel pieno di un vortice finanziario internazionale e Cristina Kirchner sembra aver esaurito la propria spinta propulsiva socialdemocratica. Insomma, i tempi sarebbero maturi anche da un punto di vista economico e sociale per salutare in America latina la fine di un’era politica e accoglierne un’altra.
In un’epoca di precariato la figura del “Presidente a tempo indeterminato” si pone spesso come poco democratica e ricorda le tipizzazioni dei fazenderos d’antan descritti da Jorge Amado.
Una democrazia matura deve favorire il ricorso all’alternanza e creare le condizioni perché essa sia realizzabile. Aveva ragione Machiavelli nell’affermare che il “principe” deve essere temuto più che amato e i presidenti latinos hanno di fatto usato tutte le armi a loro disposizione, tra cui il controllo della stampa, per rimanere ancorati in sella. La tendenza comune è quella di perseguire programmi di ispirazione socialdemocratica con una forte componente di liderismo, personificazione e grande longevità (aveva probabilmente ragione Giulio Andreotti quando diceva che «il potere logora chi non ce l’ha»).
Questa ostinazione nel continuare l’azione di governo direttamente e in prima persona ha il suo lato debole nella continuità. Il non trovare né allevare un delfino in seno al proprio partito politico è una debolezza che rischia poi di compromettere quanto di buono portato a compimento.
Le società coinvolte avrebbero potuto confrontarsi in maniera più libera e più ampia e produrre novità ancor più significative se avessero potuto contare su una discontinuità della figura presidenziale. È giusto riconoscere ai lider, Morales in primis, di aver portato una condizione totalmente diversa rispetta al passato, ma il percorso avrebbe potuto essere più fruttuoso se poi queste figure bolivariane si fossero fatte da parte dopo un po’. Ora sembrano aver perduto la spinta propulsiva e concorrere solo per la conservazione del potere.

Andrea Martire

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Un chicco in più

Un articolo simile a questo è uscito all’inizio di ottobre sul periodico “Luchìn”, foglio informativo dell’Associazione “Carla Crippa” di Seregno (MB), con cui prosegue la nostra collaborazione. L’Associazione “Carla Crippa” nasce nel 1995 per la volontà di un gruppo di seregnesi di proseguire l’opera della concittadina e amica Carla Crippa, scomparsa l’anno precedente dopo aver speso la sua vita a sostegno di poveri e disagiati. Dalla sua fondazione l’Associazione “Carla Crippa” ha finanziato e sostenuto diversi progetti in Bolivia, in particolare nei Dipartimenti di Cochabamba e Santa Cruz: progetti di potabilizzazione dell’acqua nelle comunità andine, un centro per bambini di strada e uno per disabili, una falegnameria per ex detenuti, una scuola di restauro, borse di studio e tanti altri interventi. In particolare, il sostegno dell’Associazione porta alla creazione nel 1998 dell’Hogar de la Esperanza a Santa Cruz, dedicato a ospitare i figli dei detenuti del carcere di Palmasola. L’Hogar accoglie circa 160 bambini e bambine di età compresa tra 0 e 14 anni, altrimenti costretti a convivere coi genitori all’interno delle mura detentive.[/box]

 

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Andrea Martire
Andrea Martire

Appassionato di America Latina, background in scienze politiche ed economia. Studio le connessioni tra politica e sociale. Per lavoro mi occupo di politiche agrarie e accesso al cibo, di acqua e diritti, di made in Italy e relazioni sindacali. Ho trovato riparo presso Il Caffè Geopolitico, luogo virtuoso che non si accontenta di esistere; vuole eccellere. Ho accettato la sfida e le dedico tutta l’energia che posso, coordinando un gruppo di lavoro che vuole aiutare ad emergere la “cultura degli esteri”. Da cui non possiamo escludere il macro-tema Ambiente, inteso come espressione del godimento dei diritti del singolo e driver delle politiche internazionali, basti pensare all’accesso al cibo o al water-grabbing.

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