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La strategia antiterrorismo di Pakistan e Cina

Miscela StrategicaL’approccio alla lotta al terrorismo di matrice estremista da parte dei due Paesi nasce da differenti visioni dello Stato. Tuttavia è interessante studiare in parallelo gli sforzi che i due Paesi, fraterni alleati, stanno facendo per riconquistare stabilitĂ  e governance sui loro territori.

STRATEGIA CINESE – Sin dal consolidamento della Repubblica Popolare, la Cina fronteggia il problema del terrorismo di matrice islamica nello Xinjiang e nel Ningxia. Gli effetti degli incidenti in Piazza Tienanmen e nello Yunnan (a marzo 2014) stanno continuando a ripercuotersi sulla Cina, ma per adesso si è detto poco per quanto riguarda la strategia antiterrorismo di Pechino. L’East Turkestan Islamic Movement (ETIM), misterioso elemento separatista turcofono del panorama terroristico internazionale, sembra essere l’organizzatore/mandante dei due eventi. Gli effetti del terrorismo nell’Ovest, a lungo reclamizzati dalla Repubblica Popolare Cinese come ragione per l’aspra repressione, stanno iniziando a diffondersi anche nell’Est e l’instabilitĂ  sembra essere ormai il tratto distintivo che accompagnerĂ  la transizione della forma di governo della Repubblica Popolare Cinese verso la democrazia pluripartitica. La linea d’azione della Cina è quella dell’estrema durezza nella repressione contro il terrorismo e l’estremismo in generale. L’ufficio di vertice del partito che supervisiona alla giustizia, Public Legal Affairs Commission, ha carta bianca ed una serie di leggi ad hoc che permettono la comminazione della pena capitale per i reati connessi al terrorismo, in maniera molto piĂą veloce che negli altri casi.

Alcune fasi di Peace Mission 2013, documentati da news.cn
Alcune fasi di Peace Mission 2013, documentati da news.cn

IL DISPOSITIVO SCO – Il piĂą grande sforzo dell’Esercito Popolare di Liberazione nella repressione al terrorismo sono le esercitazioni condotte sotto il nome di “Peace Mission” in un contesto joint (interforze) e combined (internazionale) sotto il cappello degli accordi della Shanghai Cooperation Organization (SCO). I protagonisti sono Cina e Russia ma tutti gli Stati dell’organizzazione partecipano: Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan, Uzbekistan. Inoltre, il Pakistan, entrato in SCO come osservatore dal 2001, svolge una funzione fondamentale.

Il Pakistan è il migliore alleato della Cina dalla sua fondazione e rappresenta un punto di contatto con gli Stati a maggioranza islamica della SCO (tutti ad eccezione della Russia). Inoltre Islamabad intrattiene speciali relazioni diplomatiche con la Turchia, Paese al quale ideologicamente si richiamano i movimenti estremistici turcofoni (primo fra tutti l’ETIM). Infine, lo Stato islamico del Pakistan ha una tradizione pluridecennale di lotta alla jihad sul proprio territorio e nel confinante Afghanistan. La SCO ufficialmente addestra le proprie forze per combattere tre mali definiti: terrorismo, estremismo e separatismo, benchĂ© molti analisti occidentali sostengano che spesso si sfoci nell’utilizzo delle risorse repressive contro la protesta civile ed i movimenti democratici e dissidenti, specialmente nel caso di Pechino. Oltre al coordinamento delle esercitazioni la SCO mantiene una istituzione permanente, la Regional Anti-Terrorist Structure (RATS), che facilita lo scambio di informazioni nella lotta al fenomeno fra le polizie e gli eserciti dei Paesi membri. La RATS è una delle poche organizzazioni sovranazionali – insieme all’ONU e all’Unione Europea – a mantenere una lista di gruppi terroristici che rappresentano una minaccia per la sicurezza e la stabilitĂ  regionale e mondiale. Le esercitazioni Peace Missions sono condotte con lo scopo ufficiale di rafforzare le capacitĂ  antiterrorismo in maniera trasversale rispetto alla regione centroasiatica sulla quale insistono, e coinvolgono diverse migliaia di militari per ogni edizione. Gli scenari nei quali il personale viene addestrato varia in funzione del terreno, del numero e dell’organizzazione degli insurgents da combattere nonchĂ© in base al loro armamento. Il nemico tipo presenta sempre le fattezze della minaccia terroristica e di estremismo politico. Anche se tali sono i parametri di base, alcuni analisti USA hanno commentato, nel 2010, che gli armamenti e le funzioni di comando e controllo che i simulati insurgents avevano a disposizione erano molto piĂą simili a quelli di eserciti regolari di Paesi in via di sviluppo che a terroristi veri e propri. La prima Peace Mission si è tenuta nel 2003 (guarda caso dopo che la Cina ha integrato il Pakistan nella SCO), ed attraverso le edizioni del 2005 e del 2007 si è giunti a quella del 2009, tenutasi in Cina dal 22 al 26 luglio, nella provincia del Jilin. L’anno era quello successivo alle Olimpiadi cinesi del 2008, prima consacrazione della Cina come potenza dalle mire mondiali. E, come si addice ad un’esercitazione militare condotta da una grande potenza, la fase finale dell’esercitazione coinvolse piĂą di cento mezzi corazzati e sessanta aerei. Successivamente, nel 2010 e nel 2012 (in Tagikistan) si sono tenute altre Peace Mission ed infine nel 2013 l’esercitazione ha preso le fattezze di un significativo spiegamento di truppe russo-cinesi, nel quale l’Esercito Popolare di Liberazione ha dimostrato una capacitĂ  di comando, controllo e coordinamento da fare invidia a diverse forze armate di Paesi occidentali. L’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) ha infatti coordinato il dispiegamento in area di esercitazioni di circa settecento dei suoi militari (su un totale di 1600), 400 corazzati, circa cento aerei da combattimento o supporto, su una distanza di quattromila chilometri,  esprimendo capacitĂ  tipiche della proiezione di potenza nel ventunesimo secolo e dimostrando efficienza ed autonomia che la maggior parte degli eserciti europei ha perso da tempo. L’efficienza e la modernizzazione dell’EPL sembra essere l’arma che il gigante cinese, accanto al suo smart power, potrĂ  utilizzare nell’insidioso cammino verso la democrazia.

Soldato statunitense sulle montagne pakistane al confine con l'Afghanistan.
Soldato statunitense sulle montagne pakistane al confine con l’Afghanistan.

IL PAKISTAN – Il Pakistan è da anni in lotta contro un nemico endemico. Le Aree Tribali a nord delle regioni della penisola indopakistana rappresentano ancora il serbatoio inesauribile del terrorismo internazionale. Se la minaccia terroristica alla Cina è rappresentata dalla radice turcofona dei movimenti presenti nello Xinjiang e negli Stati dell’Asia Centrale, quella pakistana è il jihadismo internazionale che ha preso piede radicandosi nell’Area della fiera appartenenza tribale pashtun (Afghanistan e Aree Tribali). Cina e Pakistan condividono quindi l’obiettivo strategico di contenere l’instabilitĂ  in Asia Centrale. In teoria l’alleanza strategica in campo militare (la citata SCO) dovrebbe facilitare il compito ad entrambe, coprendo, rispettivamente, il versante Nord e Sud dell’area critica, ma le cose non sono così semplici. In effetti il Pakistan stesso ha funzionato come incubatore dell’estremismo islamico, basti citare l’avventura filoaraba di Al-Qaeda e quella filo-talebana iniziata su spinta del ministro pakistano Naserullah Babar (in collaborazione con l’allora Primo Ministro Benazhir Bhutto, intorno al 1992). Solo l’avvento del Generale Parveez Musharraf, nel 1999, ha orientato la politica del Pakistan verso un’aspra risposta la terrorismo, ma per far ciò il Generale (che subì ben due attentati ai quali scampò rocambolescamente) si appoggiò all’interessato aiuto statunitense. La strategia pakistana di contrasto al terrorismo è stata fondamentalmente, dal 2001 al 2010, un gioco di equilibrio tra l’accettazione della presenza statunitense e il rafforzamento dell’alleanza con la Cina attraverso la SCO. Gli USA, con le forze di Enduring Freedom operanti nelle Aree Tribali, hanno combattuto la vera operazione di strike al terrorismo ed hanno dato luogo ad una vera e propria limitazione di sovranitĂ  nazionale di Islamabad della quale l’eliminazione di Bin Laden ad Abbottabad e il bombardamento che ha ucciso l’estremista Akimullah Mehsud (nel 2013) sono solo punte dell’iceberg. Adesso, con il progressivo abbandono dell’area da parte della NATO ed il governo Sharif, acerrimo rivale di Parveez Musharraf, c’è da aspettarsi un riorientamento della strategia pakistana di contrasto al terrorismo verso il rosso dell’EPL piuttosto che verso l’approccio a stelle e strisce.

Francesco Valacchi

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Francesco Valacchi
Francesco Valacchi
Nato a Siena nel 1980, laureato in Scienze Strategiche nel 2004 presso l’ateneo di Torino ed in Studi Internazionali presso quello di Pisa nel 2013. Abita a Livorno.
E’ appassionato di geopolitica e strategia e ufficiale in servizio permanente effettivo nell’esercito italiano.
Passa il suo scarsissimo tempo libero leggendo di geopolitica, scrivendo di geopolitica, saltando fuori da aerei perfettamente funzionanti ed insegnando a farlo, e arrampicandosi sulle montagne.

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