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Il nuovo volto di Al Qaeda (II)

Il ritorno all’incorruttibilità del Dar al Islam: seconda parte della nostra analisi sull’evoluzione del network terroristico di Al Qaeda.

Leggi qui la prima parte.

Al QAEDA IN SIRIA – Jabhat al-Nusra li-Ahl al-Sham è la più recente formazione qaedista nella regione mediorientale che mantiene legami col network principale pur nella sua autonomia operativa. Si inserisce nella polveriera siriana nel 2012, probabilmente come retrovia strategico di AQI, importante donatore di armi e finanziamenti, e affianca le fila degli insorti mediante una militanza ad elevata intensità ideologica: molti, infatti, hanno imbracciato le armi per la causa siriana in cui lo JAN è principale bacino attrattivo. E’ proprio l’unione degli jihadisti siriani con quelli iracheni a generare nello scorso anno lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), un altro gruppo estremamente violento che opera a ridosso dei due paesi limitrofi e originariamente si è inserito nella galassia dei gruppi affiliati di Al Qaeda. Riuscire a distinguere nel marasma delle forze ribelli la specificità di ogni gruppo richiede l’assunzione della peculiarità del conflitto siriano, un territorio su cui il fronte dell’opposizione a Bashar Al Assad si presenta fortemente composito e frammentato. Gruppi islamisti (come il Fronte Islamico) dichiaratamente contro il regime si sono spesso alleati all’Esercito Libero Siriano per combattere contro l’ISIS, un frangia eccessivamente aggressiva considerata nemica interna e che lo stesso Al Zawahiri ha voluto  allontanare e isolare dalla sua strategica “cerchia periferica”. Le atroci violenze e l’autonomia di azione dell’ISIS, guidata dall’ambizione del suo leader Abu Bakr al-Baghdadi di creare un califfato islamico, ha originato una profonda frattura tra le anime dell’organizzazione terroristica.

al qaeda
Jabhat al-Nusra è una fazione più moderata rispetto a molte altre operanti attualmente

Relativamente più “moderate” risultano invece le fila di Jabhat al-Nusra la cui forza risiede non solo nella capacità di attrarre volontari provenienti da ogni dove, di saper sfruttare gli ingenti gli aiuti esterni, sia in termini di reclute che di finanziamenti (soprattutto qatarioti e sauditi) ma anche nell’ abilità di penetrare nel substrato sociale con la promozione di assistenza e beni di prima necessità alla popolazione. Diversamente dal teatro iracheno nel quale AQI si è alienata la simpatia e il consenso dei gruppi arabo sunniti, nel panorama siriano Al Qaeda ha adottato una strategia più cauta, attenta a non ledere gli interessi della classe sunnita locale (nonché maggioritaria). JAN si è reso capace di opporsi con continuità all’esercito lealista, cosa che altri gruppi di ribelli non sono stati in grado di fare.  Il conflitto siriano, oltre che uno scontro settario tra le confessioni locali, è soprattutto un terreno di gioco della proiezione di influenza delle forze regionali. In particolar modo Qatar e Arabia Saudita esercitano sul crollo di Damasco una forte pressione finalizzata al collasso del regime alawita per consolidare lo status di potenze regionali. Ma nel delicato equilibrio della competizione nel Golfo, Riyad ha accusato pubblicamente il Qatar finanziare i gruppi islamisti e terroristi operanti in Siria.

SPECIFICITÁ REGIONALI – Emergono così dei nodi importanti nell’analisi delle declinazioni regionali di Al Qaeda. Una progressiva formazione di gruppi che combattono nella specificità regionale e si distanziano sia dal messaggio che dalle direttive del core originario, assumendo un’autonomia che gli stessi leader storici tendono a condannare; l’esperienza dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante riflette precisamente questa caratteristica. Le nuove formazioni militanti rivendicano spesso l’affiliazione ad Al Qaeda per ottenere visibilità ma perseguendo scopi più regionali e incentrati sul controllo del territorio conteso con i capi delle milizie libere locali, non sempre a carattere terroristico e non sempre d’ispirazione islamica.

Una realtà sempre più sfuggente e non circoscrivibile ad un solo scenario geopolitico, Al Qaeda ha dimostrato di riuscire a sopravvivere anche se con forma e strutture nettamente mutate rispetto al passato. Al netto dei cambiamenti geopolitici in corso, si è imposta in particolari contesti gravati da una pesante instabilità interna (Sahel, Yemen, Maghreb Islamico) e si è caratterizzata in una galassia di gruppi il cui comportamento è altamente differenziato e difficilmente prevedibile. In un mondo sempre più interconnesso, in cui i conflitti non restano confinati alla sola geografia ma attraggono cause ideologiche altre capaci di irradiarsi tra i manifesti delle rivoluzioni locali, il terrorismo qaedista mantiene la sua capacità di attrattiva internazionale anche se sta perdendo la sua specificità globale a favore di obiettivi più locali, comunque sempre difficili da affrontare dalla comunità internazionale.

Giorgia Perletta

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Giorgia Perletta
Giorgia Perletta

Accento abruzzese e occhi di mandorla, un mix che dalla nascita (un Martedì del 1990) mi ha tatuato addosso le forti radici e l’esotismo d’Oriente. Sono dottoranda in Istituzioni e Politiche presso l’Università Cattolica di Milano dove ho conseguito una laurea in Sociologia e Giornalismo, una (magistrale) in Relazioni Internazionali e, (non c’è due senza tre), un Master in Middle Eastern Studies. Ho vissuto per 5 mesi a Seul -quando da Nord schieravano i missili al confine dichiarando lo stato di guerra- e lavorato a Milano in una redazione tele-giornalistica nazionale. La mia rosa dei venti punta verso il Medio Oriente e, soprattutto, verso l’Iran, Paese che mi ha fatto innamorare di una molteplicità dei suoi aspetti; tra questi il Persiano, che ho iniziato a studiare un’estate all’Università di Teheran.

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