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Davide e Golia

I rapporti tra Cina e Vietnam storicamente sono stati molto burrascosi; dopo lunghi e ripetuti periodi di occupazione Cinese il Vietnam ha sempre visto il potente vicino come una minaccia. Tuttora molte questioni rimangono aperte in primo luogo la controversia, già trattata dal “Caffè” in marzo, relativa alla sovranità sugli arcipelaghi Paracel e Spratly e inoltre quella per la definizione del confine Settentrionale tra la province Vietnamite di Lao Cai e Lai Chao e quella Cinese dello Yunnan. Tuttavia il recente miglioramento delle relazioni tra i due paesi ha favorito l’incremento dei flussi commerciali con conseguenti benefici e nuove problematiche. Vediamone gli aspetti più salienti.

UN PO’ DI STORIA – Vent’anni sono ormai passati da quando nel 1991 il governo Vietnamita ritirava le sue truppe dalla Cambogia e le relazioni tra Hanoi e Pechino si normalizzavano. Vietnam e Repubblica Popolare Cinese avevano sospeso le relazioni diplomatiche a seguito dell’invasione Vietnamita in territorio Cambogiano alla fine del 1978. Pechino, unico alleato della Cambogia, si vide chiamata in causa e invase da nord il Vietnam, con il quale i rapporti erano già tesi dal tempo della riunificazione nel 1975 a causa dell’alleanza con l’URSS e delle numerose epurazioni di cittadini di etnia cinese. Il conflitto si svolse all’interno delle dinamiche della guerra fredda e questa volta Hanoi ebbe la meglio perché le truppe Cinesi ben presto batterono in ritirata. In realtà Pechino puntava solo a dimostrare che l’URSS non era in grado di fornire sostegno ai suoi alleati. Deng Xiao Ping non era interessato a coinvolgere il paese in una guerra proprio nel momento in cui era impegnato nel rilanciare dell’economia attraverso l’apertura al mercato e il miglioramento delle relazioni con l’Occidente.

INTEGRAZIONE O COLONIZZAZIONE? – Le relazioni commerciali tra i due paesi si sono notevolmente rafforzate nel periodo 1998-2010. I volumi import-export sono passati da 3 milioni di US$ del 2000 a ben 19 miliardi lo scorso anno con una crescita media che supera il 25% annuo. La Cina ha da poco superato il Giappone diventando il più importante partner commerciale del Vietnam. Tuttavia questo sodalizio ha visto aumentare progressivamente la dipendenza di Hanoi da Pechino. Le merci vietnamite, infatti, non sono riuscite a replicare il grado di penetrazione di quelle cinesi nel mercato domestico. Il Vietnam contribuisce solo per lo 0.76% al commercio cinese esportando principalmente materie prime agricole, beni di consumo a ridotto contenuto tecnologico e basso valore aggiunto. Di contro, Pechino rappresenta un elemento essenziale per la crescita Vietnamita poiché fornisce il 25% dell’import totale con macchinari industriali a buon prezzo, attrezzature e materiali per l’attività agricola, materie prime raffinate e beni di consumo ad alto valore aggiunto come medicine e software. Questa disparità commerciale non è altro che lo specchio di due diversi livelli di sviluppo economico: la Cina utilizza il suo vicino in primo luogo come riserva di lavoro materie e prime a basso costo e in seguito come mercato di sbocco per le merci lavorate in patria.

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I PRO E CONTRO DEL SODALIZIO – L’intervento cinese in Vietnam si è concentrato principalmente nelle province settentrionali di Lai Chau, Dien Bien, Son La e Lao Cai, più facilmente controllabili per via della prossimità geografica. Qui Pechino ha applicato la sua tradizionale strategia d’investimento estero fornendo capitali per la modernizzazione delle infrastrutture, dell’industria pesante (ferro, rame e alluminio) e aiuti per la ricerca, in cambio di contratti privilegiati per l’estrazione di risorse naturali e per l’esportazione di macchinari cinesi.

In realtà le province del Nord, dove si registrano i più alti tassi di povertà del paese, hanno ampiamente beneficiato dell’attenzione cinese. La coltivazione del riso è migliorata in qualità e volumi grazie a nuove varietà di semi, selezionate nella provincia cinese del Sichuan e sono state introdotte nuove colture più remunerative. I flussi di commercio sul confine hanno migliorato il reddito delle popolazioni delle regioni periferiche, che riescono ad ottenere i beni più facilmente e a prezzi inferiori. Le province di Lai Chau e Lao Cai, che contribuivano al GDP rispettivamente per il 2.08% e l’8.3% nel 2000, sono passate a 9.41% e 16.65% nel 2005.

L’intensificazione delle relazioni commerciali sul confine ha favorito anche la fioritura di attività malavitose come il gioco d’azzardo, la prostituzione, il traffico di droga, di beni contraffatti e di esseri umani. Sembra che negli ultimi dieci anni più di 20.000 donne e bambini provenienti dalle zone rurali del Vietnam siano stati venduti per alimentare la prostituzione nei bordelli del Guandong o utilizzati per il traffico di organi. Il governo Vietnamita è riuscito a riportarne in patria circa la metà, ma molti di loro avevano contratto l’HIV.

Il traffico di droga e di beni contraffatti si è diffuso in tutto il Vietnam; grazie a permessi giornalieri cittadini cinesi possono entrare in Vietnam facilmente con carichi di droga da spacciare nei grandi centri. Infine nelle zone di confine si sono registrati molti casi di falsificazione del Dong vietnamita, anche se il 90% delle transazioni commerciali avviene in Yuan. L’episodio più clamoroso è la scoperta di 11 camion contenenti denaro falso nel 2009,  che ha messo le autorità governative in allarme.

Valeria Giacomin

redazione@ilcaffegeopolitico.net

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Valeria Giacomin
Valeria Giacomin

Laurea Triennale in Finanza presso l’università Bocconi nel 2009, Double Degree in International Management con la Fudan University di Shanghai tra il 2009 e 2011 e master di secondo livello in Economia del Sud Est Asiatico presso la SOAS di Londra nel 2012. Più di due anni in giro per l’Asia e gran voglia di avventura. Tra il 2010 e il 2012 ho lavorato in Vietnam come analista, a Milano come giornalista e a Città del Capo presso una compagnia e-commerce.
Le mie aree d’interesse sono il commercio internazionale, business development e dinamiche di globalizzazione nei paesi emergenti, in particolare nel settore delle commodities agricole.
Dal 2013 sono PhD Fellow in Danimarca presso la Copenhagen Business School. Sto scrivendo la mia tesi di dottorato sull’evoluzione del mercato dell’olio di palma in Malesia e Indonesia e più in generale seguo progetti di ricerca sul settore agribusiness in Sudest Asiatico.

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