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L’avanzata silente

La storia ci insegna che ricchezza porta potere. Se oggi i paesi Asiatici, Cina in testa, si presentano come attori decisivi nell’economia globale di questo secolo, ci si domanda con insistenza quanto questa crescita economica si traduca in un cambiamento dei rapporti geopolitici sia nei confronti dei paesi industrializzati, che, soprattutto all’interno del continente Asiatico. Nonostante già da mezzo secolo tutta la zona sia stata investita dal rinnovamento, la Cina, a causa delle sue dimensioni, si afferma come gigante e guida. Pechino ha tradizionalmente mantenuto un atteggiamento assertivo a livello internazionale, ma la sua incredibile forza le permette oggi di togliersi impunemente qualche sfizio. E’ il caso della disputa, ormai ventennale, sulle isole del Mare Cinese del Sud.

I SEGRETI DEL MARE CINESE DEL SUD – Il Mare Cinese del Sud occupa un’area di un milione di chilometri quadrati, che contiene circa 200 isole, suddivise principalmente negli arcipelaghi Paracel e Spratly. Questa zona si snoda dalla costa di Hong Kong e Macau fino all’equatore, nei pressi delle acque di Singapore e del Sultanato del Brunei. Nonostante le isole facciano tutte capo a paesi del Sudest Asiatico, come Malesia, Indonesia, Filippine e Vietnam, la Cina ne rivendica la sovranità sulla base di carte geografiche risalenti al 1947 e del concetto di historical waters, di validità nulla sul piano del diritto internazionale, per cui la sovranità storica sulla superficie terrestre verrebbe estesa anche alle acque adiacenti.

In realtà secondo recenti esplorazioni la zona in questione ospiterebbe uno dei più vasti depositi al mondo di idrocarburi e combustibile fossile e oltre all’importanza cruciale che riveste per l’industria peschiera. Inoltre non va dimenticata la posizione chiave a livello strategico di questo territorio per i paesi dell’Asia Nord orientale (Giappone e Corea) e per i loro alleati Occidentali, sia per il commercio internazionale che per la gestione delle materie prime. Essi, sebbene non abbiano pretese di sovranità, sono quindi molto interessati a garantire la sicurezza e la libertà di navigazione nella zona.

COW-TONGUE STRATEGY” – Che la Cina non sia mai stata molto amata dai vicini asiatici è risaputo. Storicamente le dinastie che si sono succedute in Cina hanno cercato di espandersi verso sud alla ricerca di risorse senza curarsi troppo dei popoli vicini. La strategia della Cina è stata chiamata cow-tongue strategy proprio perché punta ad allungarsi come una lingua di mucca nel pezzo di mare che si trova a Sud di Hong Kong, Macau e delle coste del Guanxi e del Guandong, quasi a voler inglobare ciò che sta sotto e sopra le acque internazionali intorno alle coste di Vietnam, Filippine e Malesia e Indonesia.

Se negli anni della rivoluzione culturale e agli inizi del boom economico l’atteggiamento di Pechino sul piano internazionale è stato assertivo e pacato, non significa che il governo Cinese abbia mai rinunciato alla cura,  spesso silente, dei suoi interessi. Nel caso di alcune isole Vietnamite dell’arcipelago Spratly, come già in Tibet, si può parlare di una vera e propria colonizzazione: iniziata negli anni ’80, si è svolta in due fasi. Prima le isole sono state prese d’assalto da cittadini cinesi, che con le loro famiglie si sono trasferiti, avviando fiorenti attività commerciali con la madrepatria. Quando la percentuale di coloni è diventata sostanziosa, Pechino è passato alla seconda fase attraverso l’invio di rappresentanti dell’esercito e squadre militari per il presidio del territorio. Un episodio tra tutti fu quello del 1988 alle Paracel quando la tensione esplose in uno scontro armato in cui morirono settanta persone e tre navi Vietnamite vennero affondate.

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ASEAN 2010 – Sebbene la questione delle isole del Mare Cinese del Sud rappresenti una preoccupazione crescente per i paesi del Sudest Asiatico, negli incontri bilaterali con le rappresentanze cinesi, i capi di governo dei paesi interessati non erano mai riusciti a trattare l’argomento in modo diretto e la Cina, forte del suo status di superpotenza, non ha cessato la sua avanzata silente. I paesi del Sudest Asiatico da molto tempo stanno cercando di esprimere le loro perplessità attraverso un intervento unitario, ma i numerosi workshop per la cooperazione, organizzati dall’ASEAN negli anni ’90 non hanno mai portato a risultati concreti. Dopo che la Cina ha apertamente invitato Exxon Mobil e British Petroleum a interrompere le esplorazioni in corso al largo delle isole dell’arcipelago Spratly (in territorio Vietnamita), il dibattito si è riacceso. In occasione dell’ultimo incontro ASEAN tenutosi ad Hanoi nel luglio 2010, il Segretario di Stato statunitense Hilary Clinton, senza citare direttamente la Cina, ha ribadito la necessità di una soluzione pacifica delle dispute e di una sana gestione delle acque internazionali che garantisca la libertà di navigazione. La violenta reazione del rappresentante cinese alla conferenza riflette la disapprovazione di Pechino nei confronti dell’intervento della Clinton. La riluttanza cinese a trovare un compromesso sulla questione del Mar Cinese del Sud rischia di affiancarsi a Taiwan, Nord Korea e Tibet nella lista dei temi spinosi tra Cina e Occidente; chi davvero rischia di pagare il prezzo più alto sono gli stati dell’ASEAN, che su quel mare hanno fondato il loro sviluppo e vi ripongono le prospettive di crescita futura.

Valeria Giacomin redazione@ilcaffegeopolitico.net

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Valeria Giacomin
Valeria Giacomin

Laurea Triennale in Finanza presso l’università Bocconi nel 2009, Double Degree in International Management con la Fudan University di Shanghai tra il 2009 e 2011 e master di secondo livello in Economia del Sud Est Asiatico presso la SOAS di Londra nel 2012. Più di due anni in giro per l’Asia e gran voglia di avventura. Tra il 2010 e il 2012 ho lavorato in Vietnam come analista, a Milano come giornalista e a Città del Capo presso una compagnia e-commerce.
Le mie aree d’interesse sono il commercio internazionale, business development e dinamiche di globalizzazione nei paesi emergenti, in particolare nel settore delle commodities agricole.
Dal 2013 sono PhD Fellow in Danimarca presso la Copenhagen Business School. Sto scrivendo la mia tesi di dottorato sull’evoluzione del mercato dell’olio di palma in Malesia e Indonesia e più in generale seguo progetti di ricerca sul settore agribusiness in Sudest Asiatico.

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