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Gli scheletri nell’armadio

I gravissimi fatti accaduti in Calabria riportano in primo piano due grandi problemi del nostro paese: l’immigrazione e la malavita. Sullo sfondo, una crisi diplomatica tra l’Italia e l’Egitto

GLI INTERESSI DELLA MALAVITA – Le violenze della malavita sui più deboli fanno parte della mentalità stessa delle organizzazioni camorristiche o mafiose che siano. In quest’ottica l’immigrato senza permesso di soggiorno rappresenta dunque il più facile degli obiettivi: senza fissa dimora, privo di qualsiasi forma di assistenza, facile preda del caporalato e comoda recluta per i lavori sporchi e duri che molti italiani non vogliono più fare. A dispetto di quanti affermano che le ultime violenze derivino dall’eccessiva tolleranza della popolazione e delle istituzioni nei confronti di quelli che potremmo a giusto titolo definire come schiavi,  il discorso va totalmente capovolto. Proprio perché privi di ogni diritto e perché messi spalle al muro dal sistema delle ‘ndrine calabresi i 1.100 irregolari di Rosarno hanno manifestato per dimostrare che anche loro esistono e che quando sbucciamo un’arancia dovremmo pensare alla sua provenienza e a quanto viene pagato un bracciante extracomunitario per raccoglierla. Ma sopratutto dovremmo riflettere su un dato:se non ci fossero i tanto bistrattati immigrati forse noi quell’arancia non potremmo nemmeno assaggiarla, perché semplicemente non ci sarebbe nessuno disposto a raccoglierla per noi. Secondo i dati di “Repubblica”, in Italia regolari e clandestini rappresentano il 6-7% della popolazione, producono circa il 9,7% del nostro Prodotto interno lordo (circa 122 miliardi), compongono il 50% degli operai delle fonderie, il 10% degli infermieri e ben il 67% delle colf e badanti: in totale versano contributi per oltre 6 miliardi del vecchio conio. Tutto questo senza ovviamente contare il lavoro sommerso, per intenderci quello in nero. Immaginate se d’improvviso, stanchi del razzismo di alcuni italiani e delle inumane condizioni di lavoro cui sono sottoposti, decidessero tutti di fare ritorno a casa. Mi chiedo quanti figli sarebbero disposti o disponibili a fare compagnia all’anziana madre 24 ore su 24, quanti di noi si spaccherebbero le ossa nei campi di pomodori o laverebbero su un’impalcatura instabile a cinque piani dal suolo?

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LE POSSIBILI ZONE D’INSTABILITÀ – Ma come ricordavo prima le proteste degli immigrati africani a Rosarno, riportano alla mente quelle dei loro connazionali del settembre 2008: Castelvolturno, altra terra di sangue e disperazione, il cui controllo è ormai storicamente nelle mani del sistema camorristico. Le due vicende in parte si assomigliano e sicuramente mettono in risalto un dato incontrovertibile: l’assenza delle istituzioni. Secondo “Panorama” sul litorale domizio sarebbero circa 15mila gli immigrati presenti, quasi tutti costretti a condizioni di vita ben oltre il limite del sopportabile. Che sia la provincia di Caserta la prossima bomba pronta ad esplodere alla prima provocazione buona? O forse Milano dove gli irregolari sfiorano quota 100mila? O ancora nel feudo leghista del Veneto dove attualmente, secondo le stime del “Sole 24 Ore”, nel settore della concia senegalesi e indiani rappresentano il 100% della manodopera impiegata? Ai sistemi mafiosi comunque, per ora va bene così. Del resto i fatti di Rosarno hanno rappresentato una triplice vittoria per la ’ndrangheta il cui coinvolgimento nei disordini appare un dato ormai certo. In primo luogo le ’ndrine locali hanno dimostrato, qualora ve ne fosse bisogno, chi effettivamente controlla il territorio. Secondariamente l’intera opinione pubblica ha distolto l’attenzione dal gravissimo attentato alla procura di Reggio Calabria ed infine ha permesso che gli oltre mille africani lasciassero il paese permettendo così alle aziende agricole locali l’assunzione di immigrati dall’est Europa, il cui impiego illegale viene punito con pene e multe molto meno severe. Chi è allora il vero colpevole: lo Stato o l’immigrato? Certamente non gli abitanti di Rosarno che proprio razzisti non potrebbero essere chiamati. Piuttosto colpevoli sono le amministrazioni locali che certo hanno dovuto chiudere più di un occhio per non vedere quanto accadeva nei campi calabresi, ma anche l’amministrazione centrale, Palazzo Chigi, che forse dovrebbe rivedere le proprie politiche in materia d’immigrazione e gestione del territorio. Forse uno stato di diritto non dovrebbe permettere tre giorni di guerriglia urbana, con oltre 60 feriti. Forse non dovrebbe permettere il proliferare di vastissime sacche di illegalità che infettano l’intera penisola.  Fin tanto che non si comprenderà questo saremmo costretti ad assistere a chissà quante altre battaglie per la sopravvivenza fra poveri e disperati.

LE RIPERCUSSIONI INTERNAZIONALI – Un caso quello di Rosarno che ha anche scatenato le proteste del ministero degli Esteri egiziano il quale, in un comunicato ufficiale, ha chiesto maggiore tutela per gli immigrati che vivono in Italia denunciando anche il clima d’intolleranza razzista che si respira attualmente nel paese. Accuse queste che, per quanto in parte comunque corrette, stonano decisamente con i fatti di circa una settimana fa, quando furono i copti cristiani a subire angherie e violenze nel sud dell’Egitto. In quell’occasione furono dure le proteste dell’Italia che si appellò alla comunità internazionale affinché indagasse sul caso. Alla prima opportunità l’Egitto ha dunque colto l’occasione per rispedire le accuse al mittente ottenendo al fine di ottenere un doppio risultato: distogliere l’opinione pubblica dalle recenti violenze interne e controbattere diplomaticamente al governo di Roma.

Marco Di Donato

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