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"L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere"

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Barack ce la fa?

Il Giro del Mondo in 30 Caffè – Da Washington – Ecco la prima analisi sugli Usa del nostro speciale. La politica statunitense vista dal di dentro, da chi vive nella capitale americana. Una politica che ha continuato a spostarsi verso gli orientamenti della destra nel corso del 2010, come reazione alla presidenza Obama, il perdurare della recessione economica, e la polarizzazione della politica di Washington. Eppure il governo Obama non ha del tutto perso la propria azione, e alcune vittorie nelle ultime settimane del 111esimo Congresso hanno la possibilità di fare risorgere il Partito democratico durante la seconda metà del mandato Obama.

NESSUN COMPROMESSO – Dopo la riforma sanitaria dell'inizio dell'anno scorso, il partito repubblicano ha raddoppiato gli sforzi per bloccare l'agenda legislativa di Obama, con discreto successo. Dopo due anni di governo, quasi 200 posti nella burocrazia federale e nel consiglio della magistratura non sono stati confermati dal Senato, e ci sono state 280 chiamate a cloture (il processo parlamentare volto a terminare un dibattito e forzare un voto definitivo su una proposta di legge) più che durante gli ultimi due Congressi insieme. L'obiettivo di questa strategia è di ostacolare qualsiasi vittoria politica al presidente. Allo stesso tempo, critiche legali alla riforma sanitaria stanno cancellando l'effetto (sia psicologico che legale) del progetto principale del governo dell'anno scorso. A dicembre, un giudice federale ha negato gli argomenti principali del governo di obbligare la popolazione a possedere un’ assicurazione sanitaria, una diffusione necessaria di rischio per abbassare il prezzo dei servizi medici. (Negli Stati Uniti, il cittadino media spende il doppio che l'italiano medio per servizi medici ogni anno.) Fino ad ora la situazione sembra favorire i repubblicani. Le elezioni di novembre hanno restituito loro la maggioranza della Camera e il suo nuovo presidente, John Boehner dell’ Ohio, ha intenzione di continuare l'offensiva della destra contro l'espansione del governo federale. STATALISMO O NECESSITÀ? – Nonostante ciò, il governo ha aumentato di fatto il suo ruolo politico-economico nell'anno passato per combattere la recessione economica. Vista la paralisi degli organi politici, che controllano la politica fiscale del governo federale, questo lavoro viene svolto principalmente dalla Federal Reserve, “arma” autonoma tecnica che controlla la politica monetaria per mezzo del tasso di interesse. Però, con l'interesse praticamente allo 0% (e la perdurante possibilità di prezzi e stipendi in crollo), la Fed e il suo capo Ben Bernanke hanno ideato nuovi meccanismi di stimolo monetario. Il processo di quantitative easing, condotto in due fasi nel 2010, ha iniettato miliardi di dollari nell'economia per riaccendere i consumi del popolo americano. Ma la disoccupazione rimane stabile a circa il 10% e il credito istituzionale, fonte di nuovi investimenti, rimane ancora bloccato dalla paura. Esperti economici dicono che serviranno altri tre anni prima che l'economia ricominci a crescere a livelli normali. Ma per arrivare anche a quel punto di stabilità ci vorrà una riforma fiscale al livello federale. Il deficit pubblico era a livelli insostenibili anche prima della crisi, e adesso vanno aggiunti un altro trilione di dollari all'anno al debito. Una commissione bipartitica ha proposto a novembre un programma di riforme di tasse e spese governative, ma non è riuscito ad arrivare al numero di voti necessario per mandare la proposta ad un voto al Congresso. In ogni caso, la proposta sarà un punto di partenza per la conversazione economica che verrà. VITTORIE DELL'ULTIMO MOMENTO – Dopo la sconfitta democratica ai sondaggi di novembre, tanti davano ormai per scontata la fine dell'ambiziosa agenda di Obama. Ma non è stato così. Fra le elezioni e la fine del 111esimo Congresso il 23 dicembre, Obama è riuscito a forzare voti finali su tanti progetti originati nel suo periodo di candidatura: una serie di trattati nucleari con la Russia (anche per cui Obama ha vinto  il Premio Nobel per la Pace del 2009), l'eliminazione della proibizione militare per gli omosessuali, e la continuazione di livelli abbassati di tasse sono stati approvati con l'aiuto di un gruppo di senatori repubblicani moderati. Questi “ribelli” del centrodestra diventeranno sempre più importanti per Obama durante il prossimo Congresso, quando la leadership dell'opposizione diventerà più dipendente dall'estremista Tea Party, il cui gruppo parlamentare avrà 60 membri (quasi un quarto della conferenza repubblicana nella Camera).

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PRAGMATISMO – Nonostante il grande teatro della politica dell'anno scorso, il fondamento rimane lo stesso. Dalle campagne militari in Afghanistan e Iraq alla gestione dell'economia globale, la politica degli Stati Uniti è guidata da un centro che apprezza il pragmatismo. Questo centro rimane presente sia nei democratici (Obama, Segretario di Stato Hillary Clinton, e il Senatore John Kerry) che nei repubblicani (i Senatori Dick Lugar e Lamar Alexander e il Segretario della Difesa Robert Gates) e sono capaci di incontrarsi l’un l’altro in mezzo ai contrasti delle due parti politiche. Se riescono a tenere il controllo della sostanza della politica esterna americana, con qualsiasi procedura, la posizione degli Stati Uniti rispetto al mondo non si sposterà dal suo pragmatismo storico.

Christopher Dittmeier

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