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Le nuove piaghe d’Egitto

Il Giro del Mondo in 30 Caffè / Focus Egitto – La cronaca di questi giorni, le tensioni, i morti, spiegano da soli il nostro titolo. E sullo sfondo, c'è qualcosa in ballo ancora più importante. La fine del mondo per gli egiziani potrebbe arrivare un anno in anticipo rispetto al 2012. Certamente la fine di “un mondo” quello del Faraone Mubarak vedrà la luce il prossimo autunno. Spiegare il 2010 dell'Egitto e provare ad immaginare il suo 2011 diventa difficile, a non dire impossibile, se non si tiene nel giusto conto l'enorme peso delle prossime elezioni presidenziali, quelle che vedranno salire in carica un nuovo presidente egiziano dopo i 30 anni di reggenza Mubarak

VERSO IL 2011 – Un anno di preparazione. Di spasmodica attesa. Un 2010 da vivere il più velocemente ed intensamente possibile prima del momento decisivo, dell'appuntamento da non mancare. Le opposizioni governative, parte della società civile, ma anche la gente comune, hanno trascorso il 2010 con più di uno sguardo già proiettato sul 2011. Anche perché già i primi mesi dell'anno non lasciavano presagire nulla di diverso rispetto a quelli precedenti.

Certo in Febbraio il ritorno di Muhammad el-Baradei (ex-capo dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica nonché Nobel per la Pace nel 2005 – nella foto) era stato salutato da oltre mille persone che acclamandolo all'aeroporto del Cairo gli chiedevano di scendere in politica per portare un radicale cambiamento nel paese sfidando la famiglia Mubarak. Certo perché di famiglia si tratta. Non solo l'ingombrante ombra di Mubarak padre che ha tenuto saldamente in mano il governo egiziano per 30 anni, ma anche l'uomo nuovo Gamal Mubarak, il figlio del Faraone. Il 2010 è stato anche l'anno della sua ufficiale candidatura per le prossime presidenziali. Nulla di nuovo verrebbe da dire.

Nulla di nuovo nemmeno quando Mubarak padre annunciava in Maggio che la Legge di Emergenza Nazionale sarebbe stata nuovamente prorogata. Ancora, dopo 30 anni. Del resto sarebbe stato impensabile che il vecchio Faraone, stanco e secondo la stampa israeliana così malato da essere ormai in fin di vita, non avrebbe potuto dare un segno di debolezza. Non ora. Non così vicini alla successione, verrebbe da dire in stile dinastico, fra padre e figlio. Non adesso che deve preparare il terreno per la salita del figlio.

Il 2010 può essere considerato un anno di grandi speranze ed altrettanto grandi frustrazioni per la società egiziana. Una società che ha visto, a partire dal 2004, un'esponenziale crescita dei partiti di opposizione al governo. Una società che ha creduto nel messaggio di cambiamento portato da movimenti come Kifaya, i Fratelli Musulmani o anche di frange storiche come i nazionalisti del Wafd. El-Baradei si era fatto portatore di un messaggio di unità contro Mubarak ed in realtà tutto il 2010 va letto come un anno difficile, difficilissimo per il regime egiziano. Contestazioni di piazza sedate nel sangue, manifestazioni sempre più frequenti delle opposizioni, una sempre più palese insofferenza della popolazione dello stato di polizia (Il Cairo è la città con il più alto rapporto numerico fra civili e forze militari dispiegate sul territorio urbano) imposto da Hosni Mubarak.

Ben consapevole di tutto questo, il Faraone è corso ai ripari. Seggi blindati, chiusi e riaperti a piacimento degli agenti di sicurezza, osservatori internazionali lasciati a casa. Si sono svolte così le ultime elezioni legislative egiziane (Dicembre 2010). Il momento in cui le opposizioni credevano di poter raccogliere i frutti di un anno doloroso, difficile, in cui la scure della repressione statale non aveva esitato a far sentire tutta la propria veemenza. Il Partito Nazionale Democratico (quello storicamente fedele alla compagine governativa) si è affermato nella maggioranza dei seggi, lasciando le briciole al Wafd ed azzerando la presenza islamica all'interno del Parlamento. Elezioni palesemente svolte in un clima di tensione, in assenza di osservatori internazionali ed i cui risultati sono il risultato di una violenta campagna intimidatoria. Anche in questo nulla di nuovo per il paese. 

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UNA STORIA GIÀ SCRITTA – Considerate tali premesse un 2011 diverso è difficile da immaginare, tuttavia alcune sorprese non sono da escludere. E questo per due motivi. In primo luogo perché il Vicino Oriente è storicamente una regione politicamente instabile dove il cambiamento di un regime o di un governo è sempre dietro l'angolo. Se l'esperienza storica dell'Egitto ha insegnato qualcosa è che spinte estremistiche possono destabilizzare il paese in qualsiasi momento. Sadat docet. Secondariamente perché la figura di Mubarak e più in generale di tutto il suo establishment di potere sembra ormai aver raggiunto il capolinea. I generali in pensione non riescono ad accordarsi sulla figura di Gamal Mubarak, figura che molti ritengono inadatta alla guida del paese. Una corposa frangia di potere interna al PND potrebbe appoggiare dunque una terza figura alternativa tanto a Gamal Mubarak quanto a Muhammad el-Baradei. Ma un'incognita sono anche i Fratelli Musulmani, destituiti del loro ruolo di opposizione politica dopo i catastrofici risultati delle ultime parlamentari (da 88 a 0 seggi in 4 anni) e dunque quasi costretti a rimpolpare le fila dei movimenti extraparlamentari come ad esempio Kifaya.

In realtà però il vero ago della bilancia nelle prossime elezioni saranno, come spesse volte è accaduto in Medio Oriente, gli Stati Uniti d'America. Considerati gli attuali equilibri geopolitici nell'area, le difficoltà irachene e gli storici interessi di Washington nel paese sembra davvero difficile, se non impossibile, che gli U.S.A. rimangano spettatori passivi di elezioni presidenziali che in un modo o nell'altro cambieranno il volto del paese.

La linea scelta sarà probabilmente quella di sostenere la candidatura di Gamal Mubarak presentandolo come “uomo nuovo”. Leader del mondo degli affari egiziano, diversamente dal padre non appartiene all’ambiente militare, Gamal potrebbe divenire il quarto presidente egiziano dopo Nasser, Sadat ed il padre Hosni se riuscirà a trovare un equilibrio fra nuove e vecchie necessità. Per salire al potere in Egitto ci sarà bisogno di accontentare le richieste della società civile che da tempo ormai chiede l'abrogazione della Legge di Emergenza del 1981 e più in generale un'apertura del sistema politico egiziano. Dall'altra si dovrà rassicura la “vecchia guardia” ed alcune frange dell'esercito che preferirebbero appoggiare un umo forte e certamente maggiormente di continuità come Suleiman. Un'impresa complessa, soprattutto se consideriamo che la società egiziana si è espressa in maniera trasversalmente negativa rispetto alla successione dinastica di padre in figlio. Tuttavia le richieste caldeggiate dai movimenti di opposizione potrebbero essere raffreddate grazie a concessioni ed elargizioni di favori su larga scala.

UNO SCENARIO A SORPRESA – Una storia dunque che sembra già scritta e che dovrebbe concludersi senza clamorosi colpi di scena. O forse no? Le tensioni sociali nel paese si inaspriscono sempre più. Del resto i dati economici parlano chiaro. Nonostante gli incoraggianti dati macroeconomici, l'economia egiziana è affetta da alcune problematiche di natura strutturale che ne mitigano gli effetti positivi. L'enorme peso del settore pubblico (il quale sta divenendo sempre più privatizzato all'insaputa dei suoi stessi dipendenti), l'endemica crisi dell'oneroso sistema di sussidi statali (cosa non da poco in un paese dove circa la metà degli 81 milioni di abitanti vive al di sotto della soglia di povertà) ed un tasso di disoccupazione che secondo fonti non governative ha ormai raggiunto il 20%, sono tutti elementi da non sottovalutare. Del resto, nonostante le fortissime pressioni che eserciteranno presumibilmente gli U.S.A. sembra difficile che le forze di opposizione (Fratelli Musulmani, Wafd e più in generale tutte le forze antigovernative) lascino trascorrere passivamente un'occasione, forse unica, per il cambiamento del loro paese.

Proprio per questo le recenti violente proteste di piazza (25-26 gennaio) assumono un valore del tutto particolare. Il paese è sul punto di esplodere, o forse è già definitivamente esploso. Voci di corridoio vorrebbero il futuro presidente egiziano Gamal già a Londra con tutta la famiglia. Mentre per le strade aumenta sempre più la massa di manifestanti (Al-Jazeera parla di migliaia di persone) folla che protesta contro il governo, quest’ultimo mostra il suo volto più feroce reprimendo con violenza le rimostranze della gente e chiudendo in pratica l'accesso alla rete internet. E’ questo lo scenario a sorpresa che forse ci si doveva attendere, anche conoscendo a fondo la storia del Paese. Delegittimare Mubarak e famiglia prima che abbiano l’opportunità di riconfermarsi alla guida del paese durante l’ennesima farsa elettorale. Sembra questa una delle strade percorribili dall’opposizione per provare ad imprimere una svolta al paese, o almeno è questo lo scenario che presumibilmente ci troviamo a commentare.

Marco Di Donato

redazione@ilcaffegeopolitico.net

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