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Se il leone torna a ruggire

Il Giro del Mondo in 30 Caffè – Il 2010 ha segnato ufficialmente il ritorno dell'Africa sotto i riflettori della comunità internazionale, e non soltanto per il successo organizzativo e mediatico dei mondiali di calcio in SudAfrica . Già da almeno un paio d'anni l'Africa è rientrata in punta di piedi nel mainstream della comunicazione dei media internazionali e i Mondiali di Calcio non hanno fatto che accelerare questo cambiamento.

SI PARLA DI AFRICA – L'ultima volta che si era parlato di Africa fu in occasione del concerto del LIVE 8 contemporaneo al summit del G8 di Gleneagles nel 2005. La novità tuttavia è che rispetto a quella rappresentazione dell'Africa il continente nero è tornato all'attenzione dei media sotto un'altra veste. L'Africa infatti, lungi dall'essere rappresentata ancora come la "ferita sulla coscienza del mondo" di blairiana memoria, è ormai assurta al ruolo di nuova terra delle opportunità. In maniera spesso confusa e semplicistica il continente nero è presentato come nuovo BRIC (il SudAfrica ha appena aderito al meccanismo di cooperazione BRIC). In realtà l'Africa, un territorio più esteso di Cina, India, Europa e Stati Uniti messi insieme, non esiste. Esistono "le Afriche" e  i loro mille volti, divise tra esperienze e realtà anche radicalmente diverse. Tuttavia per fare una sintesi e dare ragione del "ritorno" dell'Africa basta guardare ai dati di crescita aggregati del continente nero. Nel 2010 secondo i dati diffusi dalla Banca Africana di Sviluppo il prodotto interno lordo complessivo è cresciuto in media del 5% e aumentera' nel 2011 del 6% con una punta del 6,5 per l'Africa sub-sahariana (5,5 % secondo una stima più prudente del FMI). La previsione migliora le stime precedenti che parlavano di un miglioramento del 5,2% e riporta la crescita sui valori medi precedenti la crisi internazionale mettendo per sempre alle spalle il 2009 chiuso al 2,9%. Una crescita spinta per lo più dai prezzi crescenti delle materie prime, ma anche da un miglioramento complessivo del clima per gli investimenti di medio e lungo termine, da un'imprenditoria diffusa in crescita e dal costante afflusso di capitali (non solo Cinesi).

IL NORD – L'economia dell'area del Nord Africa cresce con un tasso medio del 6% favorita da una generale stabilità politica. Oltre alla spinta derivata dell'export di materie prime il Nord Africa (accanto ai partner tradizonali come Francia e Italia) è la meta preferita per gli investimenti dei paesi Bric attirati da una serie di fattori determinanti: energia a basso costo, posizione strategica quale piattaforma produttiva/logistica per trasportare prodotti in Europa e Usa, agevolazioni fiscali per svariati anni per le imprese che investono e perfino un costo del lavoro prossimo agli standard cinesi. Dunque non sono solo i fosfati del Marocco, il gas dell'Algeria o il petrolio libico a spingere la crescita ma anche i settori del tessile, della meccanica, delle energie rinnovabili (come il progetto Desertech), dell'agribusiness, delle costruzioni, dei servizi e del turismo. Non a caso il NordAfrica è diventato meta delle delocalizzazioni di molti capitali Europei ed Italiani (a discapito di un Europa dell'Est in gravissima crisi). In Nord Africa stanno nascendo nuovi impianti per l'assemblaggio di automobili dove i brand cinesi contano di conquistare un mercato di più di 150 milioni di persone e l'industria tessile è in forte espansione. Lo sviluppo corre: in Marocco per esempio, dove operano già compagnie low cost europee (fattore fondamentale dell'intergrazione comunitaria), i francesi di Alstom creeranno le prime linee ad alta velocità dell'Africa e dopo numerosi accordi commerciali degli ultimi anni si prevede entro il 2020 la liberalizzazione degli scambi con la UE. In Algeria, che dagli inizi degli anni '90 si è aperta al libero mercato, la disoccupazione continua il suo ciclo decennale di drastica riduzione e nel mirino vede il traguardo della singola cifra. Nel 2011 gli algerini senza lavoro si prevede saranno il 9,8%  della popolazione attiva rispetto ad un dato che vedeva la disoccupazione oltre il 30% solo dieci anni fa. I paesi della sponda sud del Mediterraneo sono dei piccoli dragoni a cui non si presta sufficiente attenzione, e non a caso Mediobanca è sbarcata quest'anno in Tunisia con la creazione di un nuova banca a capitale misto libico e Italiano. 

A SUD DEL SAHARA – L'Africa Subsahariana è ancora la cenerentola dello sviluppo mondiale. Il 51% della popolazione vive con meno di 1,25 dollari al giorno, e proprio per questo motivo rimane l'area dalle potenzialità maggiori e che presenta a macchia di leopardo sia storie drammatiche che di successo. Impossibile tracciarne in poche righe un profilo completo, ma ci sono alcuni trend significativi che si sono confermati nel 2010 e alcuni appuntamenti decisivi per il 2011. La situazione politica generale non ha subito particolari evoluzioni nel 2010 (eccezion fatta per le prime elezioni democratiche nella travagliata Guinea Conakry). Tuttavia la rapida escalation post elettorale di questi giorni che sta portando la Costa d'Avorio sull'orlo di una nuova guerra civile (un paese la cui economia vale da sola l'intero West Africa esclusa la Nigeria) è un duro colpo alle speranze di coloro che speravano in una nuova stagione della politica Africana. La voracità e l'inettitudine della classe politica africana e le divisioni tribali e religiose rimangono il freno più forte all'afflusso di capitali non riconducibili all'estrazione mineraria e al settore Oil & Gas. Nonostante alcuni paesi come la Liberia e la Sierra Leone sembrano essersi definitivamente messi alle spalle la stagione delle guerre civili, l'instabilità politica rimane il principale ostacolo allo sviluppo. Le elezioni presidenziali di Marzo 2011 in Nigeria, il paese africano più popoloso, saranno il più importante "stress test" sulla tenuta politica dell'Africa. Un altro momento decisivo sarà il referendum  del 9 Gennaio in Sudan che dovrebbe sancire la divisione tra Sudan del Nord e Sudan del Sud. I rischi sono l'implosione del primo produttore di petrolio dell'Africa nera (Nigeria)  e la ripresa delle ostilità nel paese che negli ultimi 15 anni grazie ai dollari cinesi è passato dall'essere un cumulo di pietre all'avere una delle più belle skyline del continente. Due paesi il cui futuro a breve termine dipenderà principalmente dalla capacità politica interna di negoziazione, spartizione non violenta e "buona" gestione delle royalties dell'estrazione del greggio. Non è un caso che in Costa d'Avorio (tra i maggiori paesi esportatori al mondo di cacao e legname) gli ultimi 10 anni di violenze ed instabilità abbiamo coinciso con la scoperta di giacimenti di petrolio. Quest'anno nel Golfo di Guinea sono state scoperti nuovi grossi giacimenti (in particolare in Ghana e in Guinea Equatoriale) di petrolio: risorsa o maledizione?

AL CENTRO E AL SUD – In Africa centrale e meridionale le storie di successo che anche nel 2010 hanno attirato l'attenzione di media ed investitori e che saranno sempre più modello per gli altri paesi sono il Rwanda di Paul Kagame e l'Angola: due paesi resuscitati dopo guerre civili disastrose e che stanno tracciando il nuovo modello di sviluppo per l'Africa subsahariana. Nota: il Lussemburgo ha appena stretto una partership privilegiata con il governo di Luanda, e si sa come il Governo di questo paese non si muova a caso.

Il 2010 ha visto anche la conferma del fenomeno definito come "land grabbing", ovvero dell'afflusso di capitali (privati e fondi sovrani) per l'affitto a lungo termine di grandi appezzamenti di terra. In cambio di  terra ceduta in concessione per pochi dollari all'ettaro e per periodi che vanno dai 50 ai 99 anni gli investitori offrono finanziamenti per la realizzazione di infrastrutture come sistemi di irrigazione, centri di raccolta, siti di stoccaggio, centri di studio e di formazione, oppure per acquistare sementi ibride e fertilizzanti. Alcuni paesi africani come Mozambico, Madagascar, Tanzania, Etiopia, Sudan, Zambia, Angola hanno spalancato le porte con entusiasmo al denaro e ai trattori stranieri convinti che questo sia il modo per introdurre tecnologie moderne, creare posti di lavoro e garantire cibo alla popolazione limitando i rischi legati alla dipendenza dal petrolio. La Banca Mondiale stima che nel solo 2009 nel mondo siano stati concessi circa 45 milioni di ettari, un’area equivalente alla Svezia, destinati per lo più a coltivazioni funzionali alla produzione di biofuel. Il ruolo dei governi africani dovrebbe essere quello di censire delle aree più o meno adatte allo sviluppo agricolo. Invece il criterio generalmente utilizzato è semplicemente quello del potenziale produttivo e la tendenza è quella di concludere accordi classificando quanta più terra possibile come disponibile, con enormi conseguenze sociali ed ambientali.

L' altro settore che in Africa mostra i piu' alti tassi di crescita e le migliori prospettive al mondo è quello della telefonia: gli Africani ne fanno un utilizzo quasi compulsivo e il cellulare è utilizzatissimo perfino per le piccole transazioni di denaro. Il principale operatore del continente, la sudafricana MTN, ha appena annunciato di aver raggiunto a settembre il record storico di clienti a quota 135 milioni e ha scatenato una bagarre commerciale con l'altro grande operatore, Zain, che a sua volta ha pianificato investimenti per 1,1 miliardi di dollari in tre anni per migliorare ed estendere il proprio network e conquistare altri clienti. E se lo sviluppo non è solo questione di cifre ma anche di segnali, vale la pena segnalare lo sbarco in Africa annunciato da Yum Brands Inc. proprietaria del noto marchio Kentucky Fried Chicken (ma anche PizzaHut, già presente sul continente).  La compagnia ha in programma di raddoppiare la sua presenza di ristoranti in Africa con l'obiettivo di incassare due miliardi di dollari nei prossimi 4 anni.

Il 2010 è stato un anno di grandi trasformazioni per l’Africa dal punto di vista economico ma soprattutto mediatico, e se i mondiali di calcio hanno accesso i riflettori sul continente è necessario mantenere quelle luci accese, anche perché altri paesi lo fanno già da tempo: il SudAfrica ha appena aderito al meccanismo di cooperazione BRIC su invito della Cina e proprio il SudAfrica, nonostante una crescita economica non eccellente (intorno al 3% nel 2010 dopo un tonfo del – 2% nel 2009) e una divisione della ricchezza fortemente ineguale (tra le dieci più ineguali al mondo), presenta delle opportunità importanti nei settori dei servizi, dell’agricoltura e dell’estrazione mineraria. In questi stessi settori le compagnie SudAfricane si stanno espandendo molto nei paesi limitrofi e lo sviluppo dell’Africa del Sud dipenderà in gran parte dalle sorti del SudAfrica.

 Il 2011 offre quindi uno scenario contrastato nel quale sulle straordinarie opportunità di crescità e sviluppo pende la spada di Damocle della "solita" politica africana e dell’andamento dei prezzi delle materie prime: e se per quest’ultimo fattore il trend in crescita spinto dai BRIC non sembra possa subire grandi cambiamenti, la grande incognita rimane la politica.

Stefano Gardelli

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