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Il dilemma della mobilitĂ  terrestre (I)

Miscela StrategicaL’evoluzione del combattimento terrestre ha portato diversi Paesi o coalizioni ad alcune scelte di campo. Una di queste, trasformatasi in un dibattito dottrinale ma anche capacitivo e industriale è il dilemma tra mezzi cingolati e ruotati: quali soddisfano meglio le esigenze dei campi di battaglia odierni e futuri? La risposta è tutt’altro che scontata e a tratti sorprendente. Vediamo.

TRASPORTO E COMBATTIMENTO – Ai fini della nostra analisi è utile fare un breve excursus. Gli anni della Guerra Fredda videro la nascita di nuovi concetti operativi e, soprattutto, la meccanizzazione diffusa della fanteria. In particolare, nelle manovre dei corazzati, gli uomini che accompagnavano i carri potevano seguirli a distanza ravvicinata tramite appositi veicoli da trasporto cingolati e blindati, i cosiddetti APC (Armored Personnel Carrier). L’esempio più conosciuto di APC è l’M-113, la cui versatilità e semplicità di utilizzo lo ha reso un evergreen sui campi di battaglia. In questa accezione l’APC è un “taxi” che trasporta la fanteria sul campo di battaglia offrendo protezione dal fuoco delle armi leggere e dalle schegge di artiglieria. Una volta arrivati sul terreno di scontro, la squadra trasportata sbarca e combatte, in alcune situazioni tattiche coperta e/o supportata da un’arma pesante di bordo (di solito tra i 12,7 e 20mm). Negli anni di sviluppo dell’arma meccanizzata i mezzi da combattimento ruotati hanno avuto un ruolo marginale. I compiti assegnati riguardavano l’esplorazione, il collegamento e l’ordine pubblico.
Da metà degli anni ottanta in poi, studiando le battaglie che hanno visto alla prova i primi corazzati (sia occidentali che orientali) dal Vietnam alle guerre arabo-israeliane, fa la sua comparsa l’IFV ( Infrantry Fighting Vehicle). Questi si propone come mezzo combattente vero e proprio che, oltre a trasportare i fanti in battaglia, prende parte al combattimento al fianco dei carri o in supporto ravvicinato agli uomini sbarcati, mediante un cannone di bordo (tra i 20 e i 60mm) e/o armi anticarro. L’IFV offre al fante una protezione maggiore in termini di corazza ed è progettato per difendere gli occupanti contro il fuoco di armi pesanti e razzi almeno sull’arco frontale. Inoltre, anche se con un’impostazione operativa diversa, questo tipo di mezzo colma il vuoto lasciato dalla scomparsa del “carro leggero” (che si occupava, appunto, del supporto di fuoco diretto). Non tutti gli eserciti sono passati dall’APC all’IFV, secondo la propria dottrina di riferimento, ma la sua comparsa ha differenziato notevolmente le operazioni che la fanteria può svolgere sia in campo aperto che in ambiente urbano o lagunare.

IL CANTO DEL CIGNO – La I Guerra del Golfo è stata il banco di prova per le dottrine operative che, visto l’esito della Guerra Fredda, non avevano ancora avuto il “battesimo del fuoco”. L’accoppiata IFV + MBT (Main Battle Tank) si è rivelata davvero efficace e ha provato appieno la validità della formula, che combina adeguatamente potenza di fuoco, mobilità e protezione. Ha però dimostrato i limiti di impiego delle forze pesanti corazzate, venuta meno la minaccia sovietica. In effetti, i costi della Guerra del Golfo e le successive operazioni internazionali, in Somalia prima e nei Balcani poi, hanno fatto riflettere i Paesi NATO sulla sostenibilità della componente corazzata.

L'IFV di concezione svedese CV90 in movimento durante un'esercitazione invernale.
L’IFV di concezione svedese CV90 in movimento durante un’esercitazione invernale

I mezzi cingolati offrono una grande mobilità tattica, ovvero garantiscono il rapido movimento di uomini e sistemi d’arma su terreni altamente accidentati, scavalcano fortificazioni e trincee, concentrano su un solo punto una grossa potenza di fuoco e, all’occorrenza, contrastano le analoghe forze corazzate avversarie. Finchè si tratta, quindi, di difesa territoriale, il concetto operativorimane valido e consolidato (es.: Turchia, Corea del Sud). Ma i nuovi teatri di impiego, dal 1991 in poi, hanno creato esigenze differenti.

I corazzati hanno una velocità di trasferimento limitata, hanno consumi di carburante elevati e soffrono strutturalmente di un alto tasso di usura delle componenti meccaniche. Questo ne impone il trasferimento su linea ferroviaria o via nave per coprire distanze medie o grandi. Inoltre, in teatri operativi come la Somalia o l’Afghanistan, bisogna portarsi “da casa” quanto occorre per garantire l’operatività dei mezzi. All’alto valore tattico, quindi, si contrappone una scarsa mobilità strategica e un’”impronta logistica” davvero notevole. Ad oggi (ma anche nel 1990-1991), solo gli Stati Uniti dispongono di mezzi e risorse per operare grossi spostamenti di forze corazzate su grandi distanze a prescindere dal teatro di utilizzo. Negli ultimi dieci anni anche Washington ha però evitato di sobbarcarsi il dispiegamento di grosse unità corazzate quando non indispensabile.

ARRIVANO LE RUOTE – Il problema della mobilità e dell’impronta logistica ha portato allo sviluppo di piattaforme ruotate per il trasporto truppe e il combattimento, alternative al cingolato. Nonostante i progressi dei sistemi controcarro, divenuti oggi di estrema letalità, poter disporre di una piattaforma ben protetta e spesso capace di erogare notevole potenza di fuoco continua a garantire grossi vantaggi in combattimento. Gli anni 2000 hanno visto la nascita e lo sviluppo di un numero crescente di piattaforme APC e IFV (oltre a numerose blindo pesanti armate con cannoni tra i 90 e i 120 mm) che riproducono la protezione e la potenza di fuoco offerte dai cingolati. I mezzi ruotati hanno una meccanica meno complessa e richiedono meno manutenzione. Il settore ruotato è stato quindi “riabilitato” ed è divenuto

Un blindato britannico LAV III in movimento in Afghanistan.
Un blindato britannico LAV III in movimento in Afghanistan

centrale nella pianificazione dei principali eserciti occidentali perchè consente una mobilità strategica più spinta. I ruotati consumano meno e possono percorrere distanze medie usando la normale rete stradale. La scelta della soluzione ruotata non ha solo vantaggi. Scegliere un veicolo da combattimento su gomme limita la mobilità tattica, nella quale il cingolo offre prestazioni ineguagliate. Altro vantaggio apparente è il trasporto strategico dell’assetto. Se è vero che, in teatro, il blindato permette di raggiungere velocemente la posizione assegnata o di pattugliare ampie porzioni di territorio, è altrettanto vero che un IFV o APC ruotato non offre ingombri e pesi diversi da un cingolato e pone quindi problemi analoghi per il trasporto su lunga distanza. Considerando quindi che ambedue le soluzioni presentano vantaggi e punti critici, i Paesi che non possono permettersi la doppia linea cingolato-ruotato si sono trovati di fronte ad una scelta di campo. Da qui il dilemma, è meglio il cingolato o il ruotato?

Marco Giulio Barone

(Continua…)

 

Spaccato di un moderno APC cingolato. Nella foto il prototipo dell'M-113 A4, poi non realizzato.
Spaccato di un moderno APC cingolato. Nella foto il prototipo dell’M-113 A4, poi non realizzato

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Marco Giulio Barone è analista politico-militare. Dopo la laurea in Scienze Internazionali conseguita all’Università di Torino, completa la formazione negli Stati Uniti presso l’Hudson Institute’s Centre for Political-Military analysis. A vario titolo, ha esperienze di studio e lavoro anche in Gran Bretagna, Belgio, Norvegia e Israele. Lavora attualmente come analista per conto di aziende estere e contribuisce alle riviste specializzate del gruppo editoriale tedesco Monch Publishing. Collabora con Il Caffè Geopolitico dal 2013, principalmente in qualità di analista e coordinatore editoriale.

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