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Sud Sudan, instabilità alle porte

Il Sud Sudan, Stato più giovane al mondo, precipita nel caos dopo che un colpo di Stato è stato sventato a Juba, la capitale.Gli scontri mettono in evidenza una lotta intestina che attanaglia il Paese fin dalla sua fondazione e che è emersa con lo scioglimento del Governo dello scorso luglio.

 

I FATTI – Scampato il colpo di stato domenica notte in Sud Sudan, il paese è Precipitato in una situazione di crisi che potrebbe protrarsi a lungo. Ad annunciare l’attacco è stato lo stesso presidente, Salva Kiir, in una conferenza televisiva in cui, smessi i caratteristici cappello e stivali da cowboy per l’uniforme militare, dichiara che “un gruppo di soldati” ha cercato di orchestrare un colpo di stato nella capitale Juba. Responsabile del tentato golpe sarebbe una fazione dell’esercito fedele all’ex-vicepresidente Riek Machar.

Gli scontri sono proseguiti e si sono intensificati a partire da lunedì tra le diverse fazioni dell’esercito in una capitale deserta, con l’aeroporto chiuso per ragioni di sicurezza, e con la comunicazione resa difficile dalla mancanza di adeguate infrastrutture.Il numero delle vittime degli scontri, tuttora in atto, varia tra un centinaio second le fonti ufficiali a diverse centinaia secondo i dati forniti dalle organizzazioni internazionali che operano sul territorio e migliaia di civili si sono rifugiati nella base ONU a Juba (si calcola siano oltre 16000): si tratta di cifre  destinate ad aumentare. L’ambasciata statunitense ha invitato i propri connazionali a lasciare il paese. Le forze leali al Presidente hanno arrestato una decina di esponenti di spicco dell’opposizione, tra cui ministri del precedente Governo. La comunità internazionale è già intervenuta esprimendo la propria preoccupazione per una situazione che potrebbe sfuggire di mano, come ha dichiarato il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon. Ci sarebbero tutti gli elementi per far presagire una stagione di scontri, che potrebbero addirittura sfociare in una sorta di guerra civile.

 

IL PIU’ GIOVANE STATO AL MONDO – Gli scontri a fuoco e lo stato di allerta che si sono susseguiti (e sono tuttora in atto) fanno aumentare i dubbi sulla stabilità politica del più giovane Stato al mondo, nato nel luglio 2011. Un crescendo di insicurezza e instabilità hanno caratterizzato il Paese negli ultimi mesi, tanto che l’escalation degli ultimi giorni non coglie completamente di sorpresa coloro che seguono il Sud Sudan da vicino.

Come conferma anche Ahmed Soliman, ricercatore di Chatham House, le aspettative della comunità internazionale si stanno erodendo. Le tensioni latenti nel paese, mai sopite dall’indipendenza, sono cresciute a partire dall’estate: il secondo compleanno del paese è stato contraddistinto da una crisi politica, che ha portato al rimpasto di governo. Il Presidente Kiir ha allontanato proprio il suo vice ed eterno rivale Machar sostituendo l’intero gabinetto. È facile leggere tra le righe del cambio completo della propria squadra di ministri l’atto del Presidente di allontanare dal potere l’alleato-rivale politico storico, che ne aveva messo in gioco la leadership all’interno del partito SPLM (The Sudan People’s Liberation Movement) in vista delle elezioni del 2015. Noto come politico accorto e conoscitore dei giochi di potere, il gesto di Kiir ha svelato quanto il rapporto con il vice fosse arrivato a un punto di rottura.

 

Nella mappa la posizione del Sud Sudan

COME COSTRUIRE LO STATO-NAZIONE? – La decisione di luglio ha destato non poche preoccupazioni, in quanto la vicenda ha assunto da subito i tratti di uno scontro etnico. Si palesava il rischio che la diatriba politica Kiir-Machar si ripercuotesse sulle divisioni etniche già presenti nel paese, in particolare tra le due maggiori comunità etniche del Sud Sudan, i Dinka e i Nuer, di cui essi sono rispettivamente rappresentanti e portavoce. Divisioni etniche e politiche si mischiano in uno Stato ancora troppo giovane in cui il partito principale, l’SPLM, non ha ancora finito la transizione da forza liberatrice che ha portato all’indipendenza da Khartoum a vero e proprio partito di governo. Il rimpasto di luglio sembra aver dato ragione a coloro che dubitavano della capacità del governo di mettere da parte le lotte politiche intestine e favorire invece misure per la crescita del paese. Nonostante sia ricco di risorse, con il 98% del budget dello stato proveniente dalle revenues delle esportazioni di petrolio, il Sud Sudan è tra i Paesi più poveri al mondo, in cui oltre 100 bambini su 1000 muoiono entro un anno dalla nascita, privo delle infrastrutture più basilari come strade asfaltate e in cui l’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari è limitato.

Mentre cerca di garantire sicurezza, accesso ai servizi e una solida struttura istituzionale, lo Stato è ancora debole in quanto si trova ai primi stadi del processo di state e nation building. Si tratta di un lungo percorso che richiederà tempo, contrattazioni e il supporto della comunità internazionale, e che comprende anche la costruzione di un’identità nazionale condivisa. Condizioni necessarie per consentire al Sud Sudan di poter reagire senza contraccolpi istituzionali e militari forti a continue tensioni intestine che sembrano essere all’orizzonte.

Myriam Zandonini

 

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Myriam Zandonini
Myriam Zandonini

Laurea in Economia e politiche internazionali, da inizio 2012 vive a Londra e lavora come Research Associate in un think-tank londinese, dove coniuga la studio delle relazioni internazionali con quello dello stile inglese.

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