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Miracle on ice

A qualsiasi americano vengano pronunciate queste tre parole, state certi che vedrete ancora, trent'anni dopo, quello stesso luccichio negli occhi. Carl von Clausewitz, nell'occasione, avrebbe detto: “L'hockey non è che la continuazione della guerra (fredda) con altri mezzi”. Ecco come la nostra rubrica “È solo un gioco?” racconta uno dei più grandi intrecci fra sport e geopolitica, che scorre sul ghiaccio, all'inizio degli anni '80, in uno scontro che sembra quasi preannunciare i destini del decennio: nessuno l'avrebbe mai immaginato, eppure…

"Quello che avete scritto davanti, conta più di quello che avete scritto dietro" (Herb Brooks)

La Guerra Fredda si avviava verso il trattato INF, ma i rapporti tra le due superpotenze nel 1980 erano ancora tesi. L'unione Sovietica aveva da poco iniziato le manovre per l'invasione dell'Afghanistan – evento che avrebbe portato solo pochi mesi dopo al boicottaggio dei giochi olimpici di Mosca 1980 – e da mesi minacciava di disertare i giochi di Lake Placid. Tuttavia, spinti soprattutto da una notevole consapevolezza della propria forza negli sport invernali (infatti si aggiudicarono il primo posto sul medagliere) i sovietici presero regolarmente parte alla competizione.

La nazionale sovietica di Hockey dominava la scena mondiale da due decenni, il capitano Boris Mikhailov e soprattutto il portiere Vladislav Tretiak sono tuttora considerati tra i più forti giocatori di sempre in questo sport. L'allenatore Viktor Tikhonov – una delle figure più controverse della storia dell'hockey mondiale, a causa dei suoi metodi poco ortodossi – guidava un'armata imbattuta da ben tre edizioni dei giochi olimpici. Sul fronte opposto, Herb Brooks, dopo una discreta carriera da giocatore (prese parte ai Giochi del '64 e del '68) iniziò ad allenare la Minesota University, dove nel corso degli anni '70 mise in bacheca tre titoli NCAA. Proprio in virtù di queste vittorie gli venne affidato il compito di formare la squadra per le Olimpiadi di Lake Placid del 1980.

Il team, come da tradizione, era composta da giocatori universitari e dilettanti tra cui spiccavano il capitano Mike Eruzione, Neal Broten, Ken Morrow e "l'eroe per un giorno" Jim Craig. La federazione nazionale – con un notevole sforzo economico sostenuto dal governo, che teneva particolarmente al successo per ovvie ragioni politiche – permise a Brooks di organizzare un trainig camp che sarebbe durato diversi mesi, per preparare al meglio la squadra. Qui i metodi di allenamento dell'allenatore divennero leggendari: Brooks era un duro, un leader, oltre ad una estenuante preparazione fisica spendeva lunghe ore in sedute motivazionali. Nonostante gli ingenti sforzi i risultati stentarono ad arrivare; nelle amichevoli precedenti al torneo molte furono le sconfitte, tra cui quella ad opera dell'Unione Sovietica per 10-3.

Gli Stati Uniti parteciparono quindi alla competizione senza godere dei favori del pronostico. Tuttavia nel girone eliminatorio i ragazzi di Brooks sorpresero molti osservatori con il loro gioco fisico e ordinato, terminandolo con 4 vittorie e 1 pareggio qualificandosi per il girone delle medaglie. I sovietici invece, soddisfando appieno le aspettative dominarono il loro girone annientando gli avversari uno dopo l'altro.

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La prima partita del secondo girone sarebbe stata proprio USA – URSS. Brooks mantenne alta la tensione, continuando con le sue estenuanti sessioni di allenamento, mentre Tikhonov, probabilmente già certo della vittoria, concesse molto tempo libero ai suoi. Il giorno precedente la partita Dave Anderson, editorialista del New York Times, scriveva: "Unless the ice melts, or unless the United States team or another team performs a miracle, as did the American squad in 1960, the Russians are expected to easily win the Olympic gold medal for the sixth time in the last seven tournaments." (A meno che il ghiaccio non si sciolga, o a meno che la squadra americana non compia un miracolo, come fece quella del 1960, ci si attende che i russi vincano la medaglia d'oro per la sesta volta negli ultimi sette tornei). Il pubblico americano, che con questa partita rese celebre in tutto il mondo il coro U-S-A U-S-A, fece un tifo assordante per tutto l'incontro, sventolando qualsiasi cosa a stelle e strisce gli capitasse tra le mani. I sovietici nonostante il tifo avverso andarono subito in vantaggio quando Vladimir Krutov superò da pochi metri Jim Craig, e anche dopo il momentaneo pareggio americano si portarono nuovamente in vantaggio con un gol di Sergei MaKarov. Nonostante un evidente controllo sulla gara, i sovietici non riuscirono però a concretizzare il possesso, grazie soprattutto alle parate di Craig. A pochi secondi dalla fine del primo tempo, un Hail Mary Shot di Dave Christian ingannò Tretiak, che non trattenne favorendo il tap-in di Mark Johnson. Nel secondo tempo Tikhonov decise incredibilmente di sostituire Tretiak – giudicato colpevole per il secondo gol subito – col portiere di riserva, che riuscì a mantenere la porta inviolata, mentre i sovietici tornarono in vantaggio segnando il 3-2 in un momento di power-play.

Nel terzo tempo avvenne l'impensabile: Johnson segnò di nuovo per gli USA, e a dieci minuti dalla fine il capitano statunitense Mike Eruzione, intercettando un tentativo di liberare l'aria dei sovietici, lanciò il disco nell'angolo destro della porta difesa da Vladimir Myshkin, portando il punteggio sul 4-3 e facendo esplodere lo stadio (nella foto, l'esultanza di Eruzione). Da questo momento la partita non fu più USA – URSS ma URSS contro Jim Craig, che resse ad un'infinita serie di tiri dei sovietici, difendendo il risultato fino al termine della partita. Il pubblico in delirio iniziò a scandire il conto alla rovescia, riportato dal commentatore Al Michaels, con il famoso finale per il quale la gara sarebbe divenuta famosa: "Eleven seconds, you've got ten seconds, the countdown going on right now! Morrow, up to Silk. Five seconds left in the game. Do you believe in miracles?…YES!" (Undici secondi, vi restano dieci secondi, stanno contando alla rovescia in questo momento! Morrow per Silk, restano cinque secondi di gioco! Credete nei miracoli? Sì!)

Le emozioni della partita USA – URSS furono talmente memorabili che ancora oggi molti credono sia stata proprio quella la gara che assegnò l'oro agli statunitensi, in realtà mancava ancora la gara con la Finlandia. Come per l'incontro precedente Brooks impose ai suoi un duro allenamento prima della partita, determinato a mantenere alta la concentrazione nonostante l'incredibile vittoria contro i sovietici e le conseguenti celebrazioni. Ancora una volta gli USA andarono partirono male, ma nel terzo tempo gli USA riuscirono a ottenere la vittoria segnando quattro gol fissando il punteggio sul 4-2. Eruzione salì sul gradino più alto del podio invitando Brooks e tutta la squadra a salire con lui, mentre il pubblico delirante cantava God bless America: il miracolo si era compiuto.

Simone Bellasio redazione@ilcaffegeopolitico.net

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