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U.S. Army in transition

Miscela Strategica – L’esercito americano (U.S. Army) si troverà ad affrontare nel prossimo futuro le sfide legate al ‘pivot to Asia’, ma anche le non meno perigliose difficoltà di bilancio. Il giusto mix tra sostenibilità, preparazione ed efficienza è difficile da raggiungere. Vediamo insieme come lo U.S. Army si prepara ai teatri di impiego futuri.

 

IL DIBATTITO – Il dibattito all’interno dell’esercito statunitense si è sviluppato, negli ultimi due anni, intorno al concetto di regional alignment. Un modo diverso di pensare alla proiezione verso l’esterno di quella che è ancora saldamente la prima potenza militare al mondo e dalla quale dipendono le sorti di numerosi Paesi. Come varierà la presenza militare americana globale da oggi al 2020, e oltre?

 

DI NECESSITÀ VIRTÙ – Il cambio di rotta nella strategia militare americana non è attribuibile solamente a un approccio dottrinario differente: piuttosto è il radicale mutamento di tre aspetti, di grande rilievo, a delineare il nuovo orientamento strategico del Pentagono.

Il primo aspetto determinante è il budget a disposizione del Dipartimento della Difesa. Dal marzo 2013, 37 miliardi di dollari sono venuti a mancare dalle casse della Difesa americana, per effetto della cosiddetta sequestration, ossia il taglio delle spese stabilito nel 2011 con il Budget Control Act. Questa revisione automatica della capacità continuerà anche nell’anno fiscale 2014 e in quelli successivi. La preoccupazione maggiore rispetto a ciò è la linearità dei tagli. Se si prende come campione il numero di soldati, la riduzione è stimata tra le 80mila e le 100mila unità (considerati sia quelli in servizio attivo, sia i riservisti). Infatti, più in generale, la diminuzione riguarderà ogni capitolo di spesa, senza considerare il peso all’interno del sistema militare americano.

Il secondo aspetto fondamentale è ormai tracciato da qualche anno a questa parte. Gli interventi pubblici di Obama e della Clinton, durante il primo mandato del Presidente, erano rivolti agli USA come Pacific Power e all’Asia pivot. Il quadrante del Pacifico ha caratteristiche e necessità strategiche peculiari. È improbabile un’invasione territoriale, sia per la presenza cinese, sia per il numero e la posizione degli alleati americani nell’area, i quali garantiscono un supporto logistico adeguato agli Stati Uniti. L’acronimo chiave è A2/AD (anti-access/area denial): in sostanza gli Stati Uniti cercheranno un accesso sicuro a mercati e risorse per sé e per i propri alleati e vorranno impedire un’erosione della propria area di influenza tramite la deterrenza.

L’ultimo fattore da tenere in considerazione è il termine imminente del dispiegamento di truppe in Afghanistan. Dopo il ritiro dall’Iraq, 68mila soldati sono impegnati nella gestione della sicurezza del territorio afghano. La strategia militare dal 2001 a oggi è stata fortemente condizionata dalla contingenza afghana (e irachena), basti pensare al concetto di counterinsurgency (COIN) e al suo valore nelle scelte del Pentagono dal 2007 a oggi. Dal 2014, e tenendo presente come orizzonte il 2020, l’impiego di forze armate in questo quadrante dovrebbe diventare residuale, almeno in termini relativi.

 

Gen. Odierno, US Army Chief of Staff
Gen. Odierno, US Army Chief of Staff

L’ESERCITO DEL FUTURO – La fisionomia e le tendenze del “nuovo” esercito americano fino al 2020, e oltre, sono riassunte chiaramente nell’Army Strategic Guidance 2013, rilasciata dallo US Army Chief of Staff, carica ricoperta dal generale Odierno. L’obiettivo di medio e lungo periodo è passare da un esercito concentrato in particolare sulla counterinsurgency, a uno in grado di soddisfare le richieste dei combatant commanders in maniera rapida ed efficiente, avendo un’esperienza consolidata e una conoscenza dell’area di riferimento. L’espressione più utilizzata nei documenti ufficiali è «regionally aligned and mission tailored forces», volendo indicare un livello elevato di expertise e adattabilità della capacità militare statunitense al contesto in cui si opera.

Le regionally aligned forces si collocano idealmente tra i corpi speciali e il grosso dell’esercito, per diventare nel medio-lungo periodo la spina dorsale, dal punto di vista funzionale, della forza militare statunitense. Nella pratica sono unità (soprattutto brigate, ma anche divisioni e corpi) assegnate ai combatant command, ossia ai sei comandi regionali: USAFRICOM, USPACOM, USEUCOM, USNORTHCOM, USSOUTHCOM, USCENTCOM. Il generale Odierno ha dichiarato recentemente che il numero di brigate, o altre unità, assegnate a ogni comando sarà diverso a seconda delle esigenze strategiche (ha ipotizzato per esempio una sola brigata inserita nel Comando africano, che costituisce il progetto pilota, e cinque a quello del Pacifico). Il carattere peculiare è dato dal grado di specializzazione e integrazione all’interno del teatro di riferimento, tra cui un addestramento specializzato, compresi studio delle lingue e delle culture politiche e militari più importanti dell’area, e un collegamento continuato e approfondito con gli alleati con cui i comandi regionali si relazionano (per es. esercitazioni congiunte).

 

FORZE SU MISURA – La questione che pongono diversi analisti è il possibile trade off tra specializzazione e flessibilità per unità di questo tipo. Il generale Odierno ha parlato di una rotazione, consueta per tutto il personale, di solito su base annuale, senza chiarirne però i punti critici, in particolare in relazione al costo/beneficio di un addestramento specifico per ogni nuova assegnazione. Nel lungo periodo queste incertezze potrebbero essere riassorbite, poiché un esercito più snello e l’esigenza, oggi contingente, ma che in futuro sarà strutturale, di evitare occupazioni territoriali (soprattutto di lunga durata), potrà rendere la forma regionally aligned/mission tailored, la migliore soluzione per gli Stati Uniti. Inoltre nel lungo periodo, secondo le linee guida del Pentagono, dovrebbe affiancarsi definitivamente l’aspetto funzionale a quello geografico (da regionally aligned force a mission tailored/regionally aligned force). Sostanzialmente il Presidente e il Ministro della Difesa hanno già individuato undici missioni alle quali il Pentagono deve essere in grado di far fronte. In dieci di queste l’esercito ha un ruolo decisivo, e intorno alle quattro più importanti si sta cercando di riorganizzare la potenzialità dello US Army. Le quattro missioni che stanno guidando il nuovo assetto dell’esercito sono il controterrorismo e la guerra asimmetrica, la deterrenza e la risposta a un’aggressione, la difesa del territorio americano e il sostegno attivo alle Autorità civili. La fase di addestramento e di aggiornamento dell’esercito avrà come base il mantenimento degli alti standard per quanto riguarda le operazioni di terra unificate, ma, in più, le unità riconosciute come mission tailored forces dovranno avere le capacità e le conoscenze per affrontare in maniera specifica una o più delle missioni elencate dal Dipartimento della Difesa.

 

Davide Colombo

 

I comandi regionali USA nel Mondo. (National Defense Magazine)
I comandi regionali USA nel Mondo (National Defense Magazine)

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Davide Colombo
Davide Colombo

Sono laureato in Relazioni Internazionali con una tesi sulla politica energetica. Ho frequentato un master in Diplomacy. Mi interesso e scrivo soprattutto di Stati Uniti. Le opinioni espresse negli articoli sono personali.

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