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Elezioni in Israele: cosa è successo e cosa succederà

In 3 sorsi – Le elezioni del 17 settembre hanno portato a un nuovo stallo politico in Israele. La stabilità di un eventuale Governo di coalizione dipende dalla volontà dei leader del Likud e del Partito Blu e Bianco, Netanyahu e Gantz, di collaborare, e soprattutto dai piccoli partiti, su tutti Israel Beitenu di Avigdor Lieberman, vincitore morale delle elezioni.

1. IL RISULTATO DELLE ELEZIONI: L’ENNESIMO STALLO

Il 17 settembre il popolo israeliano è tornato a votare, dopo che Benjamin Netanyahu non era riuscito a formare un Governo a seguito della sua vittoria (seppur di margine) nelle elezioni parlamentari tenutesi ad aprile. Questa volta però il partito di Bibi, il Likud, ha ottenuto ancora meno voti rispetto all’ultima tornata elettorale (32 seggi contro i 36 di aprile), e il rivale di Netanyahu, Benny Gantz con il suo partito Blu e Bianco, è riuscito a scavalcare il Likud, conquistando 33 seggi. Nonostante ciò lo scarto è minimo, ed è per questo che il Presidente Reuven Rivlin si era subito mobilitato per far sì che il nuovo Governo includesse sia il partito di Netanyahu che quello di Gantz, che unendo le forze riuscirebbero a ottenere una maggioranza (risicata, sia chiaro) in Parlamento: 65 seggi sui 120 totali. Un Governo di coalizione sembrerebbe l’unica opzione possibile, poiché, presi singolarmente, i due partiti non sono riusciti a ottenere una maggioranza di seggi, con il Likud che si è assicurato 55 raccomandazioni, mentre il partito di Gantz si è fermato a 54. Ovviamente, nel caso in cui il Governo di coalizione dovesse formarsi, e con i due partiti principali così vicini in termini di seggi e raccomandazioni, il ruolo di kingmaker spetterà ai partiti più piccoli, i quali, con il loro appoggio, garantirebbero la tenuta della coalizione di governo, sia essa a guida Netanyahu o Gantz. A tal proposito vale la pena prendere in considerazione le due “sorprese” di queste elezioni parlamentari: la Joint List dei partiti arabi e Israel Beitenu di Avigdor Lieberman.

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Fig. 1 – Stretta di mano tra Netanyahu e Benny Gantz durante i funarali di Shimon Peres

2. IL VOTO ARABO E IL RUOLO DI LIEBERMAN, IL BURATTINAIO DELLA POLITICA ISRAELIANA

Alle spalle del Likud (32 seggi), del partito Blu e Bianco di Gantz (33) e degli ultraortodossi (17), si è posizionata con 13 seggi, la Joint List di partiti arabi. Il leader, Ayman Odeh, si è detto soddisfatto della scarsa fiducia riposta in Netanyahu che, secondo Odeh, ha poche chance di formare un Governo. La Joint List ha anche offerto il proprio endorsement a Benny Gantz come Primo Ministro. Malgrado il sostegno sia figlio solo ed esclusivamente della volontà della Joint List di impedire a Netanyahu un altro mandato, era dall’elezione nel 1992 di Yitzhak Rabin che un gruppo politico arabo non garantiva il proprio sostegno a un Primo Ministro israeliano. Ciononostante Benny Gantz ha ribadito che non formerà mai un’alleanza con i partiti arabi, poiché ritenuti “estremisti”. Un altro partito che è salito alla ribalta è Israel Beitenu, guidato da Avigdor Lieberman. Quest’ultimo, a differenza di Odeh, ha molte più chance di ricoprire un ruolo di spicco nel futuro politico del Paese. Oltre a essere stato lui, di fatto, a indire nuove elezioni dopo essersi rifiutato di accettare un’alleanza con Netanyahu ad aprile, l’ex Ministro della Difesa avrebbe in pugno sia il Likud che il partito Blu e Bianco, in caso di Governo di coalizione. Senza Israel Beitenu la maggioranza raggiunta dall’alleanza tra i partiti di Netanyahu e Gantz, poggerebbe su della basi molto deboli e basterebbero una manciata di defezioni per far crollare nuovamente il Governo. Di conseguenza Lieberman rappresenta il partner ideale per l’eventuale coalizione, ma, allo stesso tempo, il falco nativo di Chişinău potrebbe decidere di minare le fondamenta di questa ipotetica coalizione in qualsiasi momento, qualora lo ritenesse vantaggioso.

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Fig. 2 – Avigdor Lieberman, leader del partito ultra-nazionalista Israel Beitenu

3. QUALI PROSPETTIVE PER IL FUTURO: GOVERNO DI COALIZIONE O NUOVE ELEZIONI?

Come anticipato, Netanyahu è riuscito a ottenere 55 raccomandazioni contro le 54 di Gantz. Le raccomandazioni di Netanyahu provengono in prevalenza dagli ultra ortodossi e dai partiti nazionalisti di destra, ma non sarebbero comunque sufficienti per formare un Governo, tant’è che Netanyahu ha invitato Gantz a costituire un esecutivo di unità nazionale. Questo appello di Netanyahu, però, è stato visto da molti come una mossa per mettere pressione a Gantz, piuttosto che un’offerta sincera, soprattutto perché Bibi ha dichiarato di voler rimanere Primo Ministro anche in caso di un eventuale Governo di coalizione. Alla luce del più alto numero di raccomandazioni ottenute da Netanyahu, il Presidente Rivlin aveva scelto lui per provare a formare una coalizione che avrebbe permesso al Paese di evitare l’ennesima tornata elettorale, vista da tutti come una catastrofe. Riuscire a dare forma al nuovo esecutivo e mantenere la carica di Premier avrebbe potuto “salvare” la carriera di Netanyahu, il quale deve difendersi da un’accusa per corruzione. Ciononostante Bibi non è riuscito a mettere insieme una coalizione in grado di governare il Paese, perciò il testimone è passato nelle mani di Gantz. In ogni caso la politica israeliana è in una fase di profonda crisi e ad oggi ci sono solamente due soluzioni. La prima è un Governo di unità nazionale, che però, come si è visto, è molto probabile che debba ricevere anche il beneplacito di Lieberman, e quindi difficilmente riuscirà ad allontanarsi dalla piega nazionalista presa dai recenti esecutivi in Israele. L’alternativa sono nuove elezioni, che non è detto riescano a garantire una maggioranza parlamentare ben definita in grado di governare il Paese.

Emanuele Mainetti

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Emanuele Mainetti
Emanuele Mainetti

Nato ad Angera nel 1994, ho conseguito una laurea triennale in Lingue e Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e un Master in Middle Eastern Studies al King’s College London. Durante i miei studi triennali ho maturato una profonda passione per il mondo arabo, la politica, la cultura e (ahimè) la lingua. Prima di cominciare il Master, ho trascorso cinque mesi in Giordania seguendo un corso intensivo di dialetto levantino e arabo standard. Sono particolarmente interessato alle dinamiche socio-politiche e alle relazioni internazionali nel Levante Arabo, con un occhio di riguardo per il Libano. Ho scritto la mia tesi magistrale sul processo di democratizzazione nel Libano post-Ta’if, per la quale ho condotto circa 20 interviste con membri della società civile libanese. Progetti per il futuro? Vorrei riuscire ad iscrivermi ad un corso di dottorato, Inshallah.

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