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Sudafrica, l’ANC vince le elezioni, ma c’è davvero qualcosa da festeggiare?

In 3 sorsiNonostante il calo dei consensi nei confronti dell’ANC, il leader Cyril Ramaphosa è stato eletto per un secondo mandato a maggio.

1. L’ANC È IL PRIMO PARTITO, MA I CONSENSI CALANO

Nessun colpo di scena per le elezioni dello scorso 8 maggio in Sudafrica, ma i risultati generali danno comunque da pensare. L’African National Congress, il partito fondato da Nelson Mandela, ha registrato uno dei risultati peggiori dal 1994, ottenendo una maggioranza del 58%, una percentuale comunque sufficiente a riconfermare l’ANC come primo partito del Paese e a eleggere il proprio leader Cyril Ramaphosa per un secondo mandato. Il declino nei consensi tuttavia è ormai evidente e il 2004 – anno in cui il partito aveva ottenuto il 69% – sembra ormai lontanissimo. Per quanto riguarda l’opposizione, anche la Democratic Alliance (DA) di Mmusi Maimane ha perso consensi rispetto all’ultima tornata elettorale, conquistando appena il 21% dei voti. La sinistra populista degli Economic Freedom Fighters (EFF) di Julius Malema ha registrato un aumento del sostegno, con il 10,79%.

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Fig. 1 – Cyril Ramaphosa, leader dell’ANC e Presidente del Sudafrica

2. I GIOVANI NON VOTANO, I NAZIONALISMI CRESCONO

In generale, nonostante 26,8 milioni di sudafricani si siano registrati alle elezioni, solo 17 milioni si sono recati effettivamente alle urne. Uno dei dati più preoccupanti è quello relativo all’astensionismo giovanile. Dei circa 9 milioni di cittadini che non si sono registrati al voto, il 46% ha un’età compresa tra i 20 e i 30 anni, secondo le statistiche dell’Independent Electoral Commission for South Africa. Una delle “sorprese” di questa tornata elettorale è stata la crescita del Freedom Front Plus (VF+), partito nazionalistico che ha come primo obiettivo la protezione e il perseguimento dei diritti degli afrikaner. Alle ultime elezioni VF+ ha conquistato il 2% dei voti, diventando il quinto partito più grande a livello nazionale, dopo l’Inkatha Freedom Party (IFP), espressione alle aspirazioni indipendentistiche degli Zulu, passato dal 2,4% al 3,3% dei voti.

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Fig. 2 – Manifesti elettorali affissi a Pretoria, appartenenti ai principali partiti in lizza per le elezioni di maggio

3. QUALI SFIDE PER RAMAPHOSA?

Primo compito di Cyril Ramaphosa sarà quello di mantenere le grandi promesse della campagna elettorale e le richieste del Paese, a cominciare dall’annosa questione della redistribuzione delle terre che tenga conto del fatto che oggi i bianchi ne detengono la quasi totalità a discapito della maggioranza nera del Paese. Alla necessità di intervenire sulla questione terriera si affianca il problema della disoccupazione giovanile, che ha raggiunto tassi senza precedenti e che lo stesso Presidente Ramaphosa ha recentemente definito una «crisi nazionale». Sul fronte della politica internazionale Ramaphosa ha in parte già dato dimostrazione di voler intervenire affinché il Paese recuperi la credibilità perduta negli ultimi anni in seguito alla crisi politica e del rand africano. Il cambio di rotta sarebbe avvenuto in occasione del voto sulla risoluzione delle Nazioni Unite che condanna le violazioni dei diritti umani in Myanmar: il Sudafrica si è espresso a favore, discostandosi dalla posizione di due dei suoi alleati, Cina e Russia, che hanno votato contro.

Veronica Frasghini

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Veronica Frasghini
Veronica Frasghini

Classe 1988, nata e cresciuta a Roma, laureata in Scienze Politiche per la Cooperazione allo Sviluppo presso La Sapienza. Da sempre appassionata di politica internazionale mi interesso principalmente di Elezioni e processi di democratizzazione in Africa. Nostalgicamente amante della politica italiana dei tempi andati. Ho lavorato per diversi anni tra Khartoum, Bangui e in diversi paesi del continente africano e attualmente vivo e lavoro a New York.

 

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