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Il settore energetico messicano, sviluppi, trend e politica

Analisi I segni del cambiamento nel settore energetico del Presidente López Obrador sono già visibili, soprattutto nel campo petrolifero. L’oro nero, però, non è il solo protagonista di questa nuova stagione.

LA POLITICA ENERGETICA DEL MESSICO E I SUOI LIMITI

Secondo l’International Energy Agency (IEA) l’uso di energia pro-capite in Messico è più basso del 40% della media OCSE, nonostante la domanda energetica messicana cresca dal 2000. Le prospettive di crescita dell’economia e della popolazione messicana (ora a circa 132 milioni, supererà i 150 milioni nel 2050) fanno sperare in un miglioramento. Dunque, la crescita economica sarà spronata dall’espansione demografica mentre la produttività messicana seguirà la crescita già tracciata nell’ultimo decennio: da circa 91.90 Punti indice (2009) agli attuali 110.

Attualmente, le principali fonti energetiche messicane sono il petrolio e il gas naturale. Il Presidente López Obrador ha posto forte enfasi sul tema della sovranità energetica messicana. La sua strategia segue tre filoni principali: lo smantellamento della precedente riforma costituzionale che ha aperto il settore energetico agli investimenti stranieri, voluta dal Presidente Peña Nieto; il ritiro di Pemex dalle attività offshore e il suo ripiegamento sulla meno costosa attività onshore; l’aumento della capacità di raffinazione del settore energetico messicano.

Al fine di garantire la stabilità nella propria fornitura di energia, gli strumenti messi in campo in tema di politica energetica giocano un ruolo decisivo. Tuttavia, proprio su questo fronte sono state mosse delle critiche. C’è chi evidenzia come la politica energetica sia guidata dall’ideologia e non da un preciso piano economico. Ad esempio, la costruzione di una nuova raffineria petrolifera nello Stato d’origine del Presidente, il Tabasco, suscita scetticismo a causa del costo dell’opera di 8 milioni di dollari e dei tempi di costruzione di massimo 3 anni.

Il problema principale è rappresentato dal fortissimo indebitamento della compagnia petrolifera Pemex: un guadagno di 88,7 miliardi di dollari, con perdite di 7,6 miliardi di dollari e un debito di 106 miliardi di dollari che è stato declassato a BB+ dall’agenzia di rating Fitch.
A tale scenario hanno contribuito le dinamiche perverse del mercato petrolifero messicano caratterizzato da collusioni e cartellizzazione, e il furto di carburante che nel 2018 fu stimato produrre un danno annuale di 1,6 miliardi di dollari.

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Fig. 1 – Il presidente Andres Manuel Lopez Obrador durante una celebrazione a Città del Messico il primo luglio 2019.

SCANDALI E SVILUPPI DEL SETTORE ENERGETICO

Il Presidente sta affrontando le conseguenze della pervasiva corruzione interna a Pemex e dello scandalo del sistematico furto di carburante. Fra i personaggi di spicco di questa tangentopoli centroamericana vi è anche un banchiere, Ricardo Salinas Pliego, che avrebbe beneficiato di un credito maturato con la stessa Pemex a seguito dell’acquisto dell’azienda produttrice di fertilizzanti Grupo Fertinal, nel 2016. L’acquisto, secondo le indagini, avvenne a prezzi fuori mercato e Pemex si fece carico del debito dell’appena acquisita Fertinal, ammontante a più di 400 milioni di dollari e detenuto per la maggior parte da Banco Azteca, di proprietà di Salinas Pliego.
La questione è ancor più delicata perché il banchiere in questione è un alleato di López Obrador. Salinas Pliego è consigliere del presidente e l’attuale ministro dell’istruzione messicano, Esteban Moctezuma, è membro di TV Azteca dal 2002 e CEO della Fundación Azteca, entrambi parte del Grupo Salinas.

Le accuse di favoritismi sono sempre scomode, soprattutto quando riguardano la compagnia petrolifera di Stato e in un momento in cui il Messico vuole aumentare la propria produzione di petrolio. Si vuole, infatti, invertire la tendenza che negli ultimi 15 anni ha visto diminuire la produzione nazionale di petrolio. Intanto, il Governo si impegna nel contenimento delle perdite di Pemex: nel primo trimestre del 2019 sono arrivate a 36 miliardi di pesos di perdite, un miglioramento rispetto alle perdite di 157,3 miliardi di pesos registrate nel trimestre precedente
La solidità finanziaria di Pemex è la conditio sine qua non per realizzare l’aumento di produzione, e per questo motivo la compagnia ha dichiarato che punta a rifinanziare 2,5 miliardi di dollari dal suo debito nel 2019. Inoltre, López Obrador ha promesso di ridurre le tasse per Pemex e aumentare la produzione almeno del 50% entro la conclusione della sua Presidenza nel 2024.

Lo smantellamento della politica energetica del Governo di Peña Nieto, considerata un fallimento dall’attuale Presidente, è un punto fondamentale. La riforma, varata fra il 2013 ed il 2014, ha determinato l’apertura ai capitali stranieri del settore energetico e cancellato il monopolio storico di Pemex, in vigore per 75 anni. Nel dicembre 2018, López Obrador ha sospeso le nuove aste petrolifere per tre anni e ha criticato le compagnie petrolifere straniere per non aver contribuito ad accrescere la produzione. Il Presidente ha anche attaccato i contratti per le pipeline del gas naturale firmati dal precedente Governo, definendoli “iniqui” per lo Stato messicano.

È interessante notare che fra le aziende che hanno recentemente concluso accordi per la produzione di petrolio nella nazione centroamericana ci sia anche l’Eni, con un progetto nel giacimento offshore di Mizton nella baia di Campeche, nello Stato federato del Tabasco.

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Fig. 2 – L’imprenditore e banchiere Ricardo Salinas durante la Cumbre de Negocios.

AMBIENTE ED ENERGIA: CONNUBIO POSSIBILE?

Il Messico ha un potenziale enorme per quanto riguarda lo sviluppo dell’energia eolica e solare. Per sostenere le tecnologie rinnovabili, nel 2012 il Messico ha stabilito l’entrata in vigore dei propri certificati di energia verde. Inoltre, nel 2015 aveva emanato la propria dichiarazione di intenti con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 22% entro il 2030 in riferimento allo scenario business as usual, distinguendosi in quanto primo Paese in via di sviluppo a definire questo tipo di legislazione in materia climatica.

Questi provvedimenti sono però figli dell’era di Peña Nieto, quando il Paese si apriva agli investimenti privati e stranieri e cercava di conquistare la fama di mercato energetico promettente. Con il nuovo Governo, le cose sono cambiate. Il nuovo Presidente ha infatti esteso la sua influenza al settore delle energie rinnovabili, con la cancellazione del più recente bando per la produzione di energia verde. La decisione segue la già avvenuta sospensione del bando da parte del ministro dell’Energia Rocío Nahle nel dicembre 2018. Al momento il Messico ha contrattato 5 GW di energia proveniente da fonti rinnovabili e le ultime decisioni hanno sorpreso gli operatori del settore.

Alla fine di febbraio, López Obrador ha presentato al Congresso un nuovo programma nazionale di sviluppo per il periodo 2019-2024. Il programma è stato approvato dalla Camera dei Deputati il 28 giugno 2019 ed include fra i suoi punti lo sviluppo sostenibile tramite fonti rinnovabili ma non delinea nel dettaglio gli strumenti con cui perseguire tale obiettivo. Nulla dunque su come recuperare il bando cancellato che è fondamentale, assieme ai GW già concordati, per raggiungere l’obiettivo del 35% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2024. Il Governo di Lopez Obrador è estremamente esplicito quando si tratta di Pemex e del proprio impegno di portare la produzione di petrolio a livelli sempre maggiori. Sembra meno chiaro quale sia il ruolo che il presidente ha pensato per il Messico all’interno di un contesto di difficile implementazione degli obiettivi prescritti dagli Accordi di Parigi, per non dire di vero e proprio revisionismo climatico. Non sembra esserci ancora un piano alternativo rispetto a quanto fatto finora, soprattutto nel settore delle rinnovabili. Le decisioni del Presidente rischiano di cancellare quanto faticosamente conquistato finora per perseguire una strategia a breve termine e dal ritorno elettorale più accattivante. Per il bene del Pianeta, possiamo solo sperare che non sia così.

Riccardo Antonucci

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Riccardo Antonucci
Riccardo Antonucci

Nato a Roma il 29 gennaio 1996. Laureato LUISS in Scienze Politiche in inglese, specializzato in Energy Policy Studies presso la Masaryk University di Brno. Sono il coordinatore del Programma Ambiente, promuovendo lo studio della geopolitica dell’energia e del clima a livello globale.

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