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L’asse Parigi-Berlino taglia fuori Bruxelles

Nicolas Sarkozy e Angela Merkel non sono mai andati troppo d'accordo, sia per le differenze caratteriali che per motivi strettamente politici. Ma c'è qualcosa che unisce il cancelliere tedesco e il presidente francese, soprattutto da quando c'è in ballo la gestione della crisi: la volontà di prendere in mano il governo economico europeo.

FRANCIA E GERMANIA IN PRIMA LINEA – Nelle scorse settimane sono state prese tre decisioni importanti nell'ambito dell'economia europea. Da un lato Sarkozy e Merkel hanno scritto una lettera comune sollecitando l'introduzione di una severa normativa su alcuni strumenti finanziari messi sotto accusa dalla crisi; dall'altro i ministri delle finanze dell'eurozona hanno approvato il meccanismo di stabilizzazione dell'euro, basato su un fondo speciale che soccorrerà i paesi membri in caso di crisi; inoltre il cancelliere tedesco e il presidente francese hanno stabilito i criteri per la formazione del “governo economico” dell'Unione europea.

A gestire tutte e tre le situazioni dal punto di vista politico, diplomatico e decisionale sono stati i governi di Francia e Germania, che hanno preferito scontrarsi e mediare tra di loro per trovare una posizione unica, invece che perdere tempo coinvolgendo la Commissione europea o gli altri paesi dell'eurozona. La Spagna, nella difficile situazione economica in cui si trova, non gode di alcun potere contrattuale nei confronti di Merkel e Sarkozy. L'Italia sembra aver delegato la rappresentanza della sua economia ai tecnici e in particolare a Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial Stability Board, e non pare intenzionata ad entrare nei rapporti di forza interni all'Europa con i suoi rappresentanti politici. Gli altri paesi dell'UE, troppo piccoli per contare, sono scarsamente rappresentati da una Commissione europea debole e da un presidente, Manuel Barroso, che è stato rieletto proprio perché considerato “morbido” nei confronti dei forti interessi nazionali interni all'Unione.

LE NUOVE REGOLE FINANZIARIE E IL GOVERNO ECONOMICO DELL'UNIONE – Nelle scorse settimane, il governo tedesco ha deciso unilateralmente di proibire alcuni strumenti finanziari, considerati nocivi per i mercati. All'inizio la reazione della Francia è stata dura: il ministro dell'economia Christine Lagarde ha definito la scelta “discutibile”. La scorsa settimana, però, Merkel e Sarkozy hanno scritto a due mani una lettera in cui esprimevano una posizione comune contro le vendite allo scoperto di certe azioni, obbligazioni e credit default swap sui titoli pubblici, che a loro parere vanno proibite “a livello europeo”. Si tratta della possibilità di prendere a prestito un titolo e poi venderlo, senza realmente possederlo: un'operazione di speculazione finanziaria che Francia e Germania vorrebbero proibire sulla scorta dell'impopolarità di queste operazioni.

Questo tema è stato affrontato durante il summit Francia-Germania che si è svolto a Berlino lunedì scorso. Durante l'incontro, però, la posta in gioco era più alta. Secondo il governo francese, la crisi finanziaria ed economica ha dimostrato che l'unione monetaria avrebbe bisogno di un governo politico; secondo Berlino, invece, l'Europa non ha alcun bisogno di nuove istituzioni, e anzi una gestione politica dell'economia dell'eurozona potrebbe avere conseguenze negative sull'indipendenza della Banca centrale europea. Tra le due posizioni ha vinto il compromesso: verrà creato un coordinamento economico comune all'Europa, ma non sarà chiuso ai 16 paesi dell'euro, bensì allargato ai 27 dell'Unione europea. In questo modo Merkel ha minato alle basi l'idea stessa di un "governo economico": è già difficile trovare intese tra i 16 stati membri della zona euro, portare 27 paesi ad avere una posizione comune è impresa quasi impossibile. L'unica concessione a Sarkozy è che i paesi con i conti in disordine perderanno il diritto di voto. Barroso non è stato neppure consultato sulla vicenda.

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IL FONDO EUROPEO DI STABILITA' – Nella scorsa settimana, dopo un mese di trattative, è venuto alla luce il Fondo di stabilità della zona euro. Il fondo, approvato a inizio maggio, gestirà 440 miliardi di euro, destinati a soccorrere i paesi membri in caso di crisi. Partecipano al fondo i 16 paesi della moneta unica, più Svezia e Polonia. Ognuno dei paesi dovrebbe essere in grado di garantire il 120% della propria quota, in modo da poter compensare l'eventuale default di uno degli stati membri.

Si tratta senza dubbio di un evento economico di primo piano, e anche in questa occasione a decidere tempi e modi dell'intervento sono state innanzitutto le diplomazie tedesca e francese. Dopo il “caso Grecia”, con Merkel che ha esitato ad aiutare il paese ellenico per paura di perdere consensi in termini elettorali, Parigi voleva evitare che si ripetesse una situazione del genere. Durante le trattative non sono mancati gli scontri tra Francia e Germania, in particolare sulla necessità di un'approvazione politica (da parte dei parlamenti nazionali) dei finanziamenti al fondo. I problemi sono stati risolti, e il fondo verrà attivato nei prossimi giorni.

Anche in questa situazione, ad elaborare idee e strategie sono stati i singoli governi nazionali, e in particolare quelli francese e tedesco. La Commissione è messa sempre più all'angolo, anche per quanto riguarda le decisioni economiche che sembravano ormai destinate a passare sempre più a Bruxelles.

Stefano Ungaro

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