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Zimbabwe: la rinascita dell’era post-Mugabe è rimandata

In 3 sorsi L’entusiasmo per la fine della tirannia trentennale di Mugabe si è spento alla luce delle vessazioni economiche e della repressione nel sangue del malcontento popolare. 

RABBIA POPOLARE E REPRESSIONE

Dallo scorso 14 gennaio in Zimbabwe imperversano forti agitazioni popolari. A farle esplodere è stato l’annuncio del 12 gennaio da parte del Presidente Mnangagwa sull’aumento dei costi dei carburanti del 150%. A ciò ha fatto seguito la proclamazione di uno sciopero generale di tre giorni della principale federazione sindacale del Paese, laZimbabwe Congress of Trade Unions (ZCTU). Questa misura vessatoria aggrava una situazione economica caratterizzata da un tasso di disoccupazione dell’80%, un’iperinflazione che ha ridotto il potere d’acquisto dei cittadini e una cronica scarsità di valuta, di beni di primo consumo e di medicinali. Alle proteste pacifiche degli attivisti sono seguiti atti di vandalismo ad Harare, Kadoma e Bulawayo da parte di giovani disperati. Il Ministro dell’Informazione Christopher Mutsvangwa ha accusato le forze dell’opposizione del Movement for Democratic Change (MDC) di aver orchestrato le proteste nel tentativo «terroristico» di sovvertire il Governo in carica. Il portavoce e braccio destro del Presidente, George Charamba, ha affermato che il giro di vite è solo «un assaggio di ciò che verrà». Il Ministro per la Sicurezza Sydney Sekeramayi ha ordinato ai maggiori providers la chiusura dei servizi internet poi ripristinati lo scorso 21 gennaio su decisione dall’Alta Corte. Le manifestazioni popolari sono state brutalmente sedate dagli apparati di sicurezza dello Zimbabwe National Army (ZNA) e dello Zimbabwe Republic Police (ZRP), ai quali sono stati attribuiti dallo Zimbabwe Human Rights NGO Forum complessivamente 23 tipi di violazioni dei diritti umani su civili. Netta è stata la condanna delle violenze perpetrate dagli apparati di sicurezza da parte di ONU, USA, Regno Unito e UE, che esigono dal Governo un’approfondita investigazione sugli accadimenti e sollecitano un dialogo nazionale inclusivo.

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Fig. 1 – Il Presidente dello Zimbabwe Emmerson Mnangagwa

DEBACLE DEL PROGETTO POLITICO DI MNANGAGWA

Le gravi agitazioni interne hanno costretto il Presidente Mnangagwa a un rientro anticipato dal tour internazionale di due settimane tra Russia, Bielorussia, Azerbaijan, Kazakhstan e Davos per il World Economic Forum volto a conquistare fiducia e fondi internazionali a sostegno della peggiore crisi economica dell’ultimo decennio. Al suo ritorno in patria Mnangagwa ha qualificato come inaccettabili le violenze perpetrate come «un tradimento del nuovo Zimbabwe» e HA promesso che dopo aver investigato i casi di cattiva condotta, se necessario, «le teste cadranno». Il Presidente ha inoltre proposto di avviare un dialogo nazionale. Se dietro questi annunci riposi una determinata volontà politica di ripristinare lo Stato di diritto violato e di costruire un ambiente politico inclusivo o solo una retorica di facciata in risposta alla reprimenda della comunità internazionale resta da vedere. Per ora polizia ed esercito hanno scaricato le loro responsabilità sui civili che inavvertitamente si sono impossessati delle loro divise. Va notata la crescente debolezza del Presidente, il quale è stato nei fatti esautorato delle sue prerogative costituzionalmente stabilite sia con l’ordine di sospensione dei servizi internet del Ministro della Sicurezza, sia con l’uso eccessivo della forza orchestrato dal suo vice Constantino Chiwenga. L’acuirsi della crisi valutaria, l’incapacità di soddisfare le richieste di aumenti salariali di ampi settori professionali, il ricorrere sin dall’inizio del suo mandato alla repressione violenta della dissidenza politica e del malcontento sociale erodono il progetto politico di un nuovo Zimbabwe che era emerso durante le prime elezioni dell’era post-Mugabe e riportano il Paese nel cono d’ombra dell’autoritarismo.

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Fig. 2 – L’Associazione degli avvocati in Zimbabwe ha partecipato alla Marcia per la giustizia dello scorso 29 gennaio, per ribadire la necessità di rispettare i diritti umani

RICETTE PER UN’INVERSIONE DI MARCIA

Secondo le ricette prescritte da vari analisti, invece di alzare il costo dei carburanti per garantire maggiore stabilità economica Mnangagwa dovrebbe ridurre la carenza di contante con l’abolizione dei cosiddetti zollars e il ripristino del dollaro zimbabwiano, abbandonato nel 2009. Per realizzare tale operazione andrebbero aumentate le riserve finanziarie come copertura economica per l’emissione della nuova valuta mediante l’incremento delle esportazioni. Per limitare l’uscita di capitali dal Paese è stato inoltre suggerito di punire i membri del partito ZANU-PF responsabili di riciclaggio di valuta estera. Bisognare inoltre fermare la rapina da parte degli apparati statali dei beni naturali di cui lo Zimbabwe è particolarmente ricco. Maggiori risorse economiche a beneficio della popolazione verrebbero ricavate dal taglio delle spese militari. Il ripristino dello Stato di diritto attraverso la riduzione della preminenza degli apparati militari nelle Istituzioni e l’avvio di un dialogo nazionale inclusivo per risolvere i dissensi post-elettorali e dar vita a un Governo condiviso fungerebbe da leva per chiedere l’abolizione delle sanzioni economiche occidentali, sfruttando la mediazione della diplomazia sudafricana.

Salvatore Loddo

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Salvatore Loddo
Salvatore Loddo

Sono nato in una piccola località turistica della Sardegna nel 1985. Studi e lavoro mi hanno portato lontano. Ultima tappa è Atene, dove vivo da qualche tempo. Ho studiato filosofia a Venezia e Torino, diritti umani e “studi sul genocidio” a Londra. Ho collaborato con il Centro Studi Sereno Regis (Torino), Saratoga Foundation for Women Worldwide (New York), Philosophy Kitchen (Torino). Ho pubblicato nel 2015 La Shoah. Una guida agli studi e alle interpretazioni e articoli sulla crisi in Centrafrica e sulla “responsabilità di proteggere”. Principali aree di interesse sono la violenza politica e le strategie di prevenzione, la trasformazione non violenta dei conflitti e le innumerevoli forme di rappresentazione della violenza estrema.

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