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Brasile: ‘La Turchia è qui’

Mentre sui campi da gioco brasiliani si disputano le gare della Confederations Cup, nelle piazze migliaia di manifestanti protestano contro gli sprechi di denaro pubblico per l’organizzazione dei Mondiali del 2014 e delle Olimpiadi del 2016, oltre a invocare la sospensione dell’aumento del prezzo dei trasporti pubblici (poi revocato). Sono queste le reali cause del malessere degli ultimi giorni in Brasile? Di certo, le parole del Presidente della FIFA, Blatter, non sono state gradite.

 

«A TURQUIA ESTÁ AQUI» – Da una settimana, in concomitanza con la Confederations Cup, il Brasile è attraversato dalle maggiori proteste degli ultimi venti anni, con centinaia di migliaia di persone che manifestano contro l’aumento dei prezzi nel trasporto pubblico e contro gli sprechi nella costruzione delle infrastrutture per i Mondiali di calcio del 2014 e le Olimpiadi di Rio del 2016. Come nel caso turco, anche in Brasile le motivazioni addotte sono necessarie, ma non sufficienti, a spiegare le contestazioni, dirette in realtà contro i difetti del modello di sviluppo del Paese e inasprite da una reazione dura e in alcuni casi esageratamente violenta da parte delle Forze dell’Ordine.

 

LA SITUAZIONE ECONOMICA – Nonostante sia ormai un’affermata potenza mondiale, il Brasile sta affrontando una contrazione nella propria espansione economica, con il PIL che è passato dal +7,5% del 2010 al +0,9% del 2012. In compenso, a crescere sono state l’inflazione (giunta al +6,5%), l’evasione fiscale (tra i 45 e i 50 miliardi di dollari) e la corruzione, sebbene circa queste due ultime problematiche l’azione della presidente Rousseff sia stata decisa e abbia raggiunto importanti risultati. Entrando nello specifico delle proteste di questi giorni, i manifestanti accusano il Governo di aver sottratto risorse fondamentali al miglioramento di sanità e istruzione per finanziare la costruzione delle infrastrutture per i grandi appuntamenti sportivi del Brasile nei prossimi tre anni. La Coppa del Mondo FIFA è già costata al Paese quasi 2,5 miliardi di dollari, una cifra che aumenterà ancora se si considera la serie di ritardi, errori e sperperi che sta caratterizzando l’avvicinamento al 2014: ecco perché uno degli slogan dei manifestati è stato proprio «Brasile svegliati, un professore vale più di Neymar!», con il nuovo acquisto del Barcellona (57 milioni di euro!) che si è detto non solo dalla parte delle piazze, ma addirittura ispirato nel gioco dalla vicinanza alle istanze delle proteste. Alcune fonti, inoltre, riportano che la maggior parte dei manifestanti provenga dalla classe media del Paese, vale a dire dalle fasce di popolazione che hanno goduto in modo più ampio dell’espansione economica, salvo poi pagare le conseguenze del suo rallentamento.

 

LA PROVOCAZIONE DI BLATTER – Alla fine, si è deciso per la sospensione degli aumenti del prezzo dei trasporti pubblici, che sarebbe servito a finanziare una parte delle spese per l’organizzazione di Mondiali e Olimpiadi – e sarebbe interessante riflettere quanto gioverà all’immagine politica del Brasile la serie di grandi eventi che vanno dalla Confederations Cup alle Olimpiadi, passando per i Mondiali di calcio e la Giornata mondiale della gioventù con la visita di Papa Francesco a luglio, ai quali deve essere aggiunta la candidatura per l’Esposizione universale del 2020. In tutto questo complesso scenario, ecco le inopportune parole di Blatter, presidente della Fifa, le quali – ci sia consentita l’allusione – sul campo sarebbero state da cartellino rosso: «Il calcio è più importante dell’insoddisfazione delle persone. Chi protesta non dovrebbe usare questo sport per le proprie rivendicazioni». Una provocazione assolutamente evitabile.

 

Beniamino Franceschini

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Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’Università di Pisa, sono specializzato in geopolitica e marketing elettorale. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa. Ho un gatto bianco e rosso chiamato Garibaldi.

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