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Ritorno al protezionismo

Gli Stati Uniti innalzano barriere commerciali contro la Cina, che non gradisce il provvedimento. La posta in gioco contiene anche i negoziati internazionali sul libero scambio, con il rischio di una serie di provvedimenti a catena che innalzinoulteriormente la spirale protezionistica

LA CRISI – Tensioni e screzi sono sorti negli ultimi giorni tra la Casa Bianca e il Governo di Pechino a causa di dazi doganali sulle importazioni cinesi negli Stati Uniti. La scorsa settimana il governo di Washington ha deciso infatti di imporre forti restrizioni alle importazioni di pneumatici cinesi, scatenando le ire dell’esecutivo di Pechino e una denuncia all’Organizzazione Mondiale del Commercio per violazione delle norme internazionali sui liberi scambi. Secondo Pechino l’amministrazione Obama starebbe abusando delle regole concordate proprio durante i negoziati del WTO, imponendo un aumento del 35% sui pneumatici di provenienza cinese con la motivazione che la crescita costante dell’export dal paese asiatico sarebbe costata finora 5000 posti di lavoro alle aziende produttrici negli Stati Uniti. I rappresentanti del Ministero del Commercio cinese hanno fatto sapere che i dazi doganali statunitensi dovrebbero avere nel paese asiatico un impatto pesantemente negativo, che potrebbe portare alla perdita di 100.000 posti di lavoro in Cina e ad una successiva guerra sulle regole da applicare nel campo del commercio internazionale.

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LA TENSIONE – Il portavoce del Ministro del Commercio cinese ha infatti dichiarato che gli Stati Uniti sono stati la causa della crisi finanziaria, dovrebbero quindi evitare di alimentare tensioni commerciali di portata potenzialmente mondiale prendendo iniziative di stampo protezionistico. Barack Obama ha tentato di allentare il clima di tensione generatosi negli ultimi giorni, rilasciando dichiarazioni in cui è stata sottolineata l’importanza di buoni rapporti commerciali fra Stati Uniti e Cina. Secondo il presidente sarebbe infatti fondamentale, in un momento così delicato per l’economia mondiale, evitare una guerra commerciale tra le due maggiori economie mondiali. 

QUALE FUTURO? – Persa la retorica da campagna elettorale, periodo in cui Obama aveva promesso di proteggere i posti di lavoro statunitensi dagli effetti delle pratiche commerciali anticoncorrenziali adottate dagli altri paesi, il presidente Democratico sembra ora essere legato fortemente agli impegni assunti con i sindacati. La decisione della Casa Bianca potrebbe essere proprio un primo segnale alle organizzazioni dei lavoratori, in vista però di maggiori aperture su altri fronti. In realtà una decisione di questo tipo potrebbe risvegliare fantasie protezionistiche in molti altri settori colpiti dalla crisi, rendendo ancor più ostaggio lo staff governativo di pressioni provenienti da molte parti del paese. Non sarebbe poi da escludersi a priori l’ipotesi che il governo di Pechino decida di frenare il processo di riforme interne verso un sempre maggiore apertura economica. Anche in Cina, così come negli Stati Uniti, gruppi d’interesse nazionalistici potrebbero chiedere infatti ritorsioni economiche come risposta alla decisione presa a Washington, fomentando al contempo l’ostilità contro eventuali proposte governative volte a favorire gli sforzi dei negoziatori al WTO, la cui missione è rendere maggiormente condivise le regole degli scambi tra i vari attori internazionali. 

Simone Comi 15 settembre 2009 redazione@ilcaffegeopolitico.it

Foto: sopra, l'ideale unione tra dollaro USA e yuan cinese

Sotto: il logo del WTO, l'Organizzazione Mondiale del Commercio

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