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Cile: generazioni in marcia

Negli ultimi anni migliaia di studenti e lavoratori del Cile sono scesi in piazza per protestare rispettivamente contro il sistema educativo e pensionistico. Due lotte diverse ma spinte da un obiettivo comune: la fine dell’ideologia neoliberista in favore di nuove politiche sociali.

LA MALA EDUCACIÓN – A seguito di un golpe  nel 1973, Augusto Pinochet fu a capo della dittatura militare cilena fino al 1990. Durante la sua presidenza, Pinochet fu artefice di una trasformazione neoliberista dell’economia e della società cilena basata sulla privatizzazione di molti servizi pubblici. Ancora oggi molti settori sono controllati da un sistema privato, tra i quali quello educativo. Infatti, nel 1981 Pinochet privatizzò sia le scuole che le università e inserì le prove d’ingresso in tutti gli istituti, rendendo il percorso scolastico estremamente costoso fin dall’infanzia e costringendo così le famiglie all’indebitamento con le banche. Nel 2014, prima di diventare Presidente per il secondo mandato, Michelle Bachelet (del Partito Socialista) aveva promesso nella sua campagna elettorale che entro il 2020 scuole e università sarebbero state gratuite e che entro la fine del suo mandato nel 2018 il 70% degli studenti universitari avrebbe studiato gratuitamente. A causa della crisi economica cilena però il governo Bachelet ha dovuto rivedere le sue promesse trasformando il 70% nel 60% degli studenti più vulnerabili (ovvero studenti meritevoli che provengono da famiglie a basso reddito).

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Fig. 1 – Proteste per la riforma dell’istruzione in Cile

SULLA STRADA GIUSTA? – Nel gennaio 2015 il Congresso ha approvato un primo pacchetto di misure del processo di riforma del sistema educativo. Tra questi primi cenni di cambiamento è prevista la completa gratuità del percorso scolastico da asilo a superiori (prima della riforma solo le elementari erano gratuite) e l’eliminazione delle prove d’ingresso negli istituti che ricevono sovvenzioni statali. Il prossimo obiettivo del governo Bachelet è far sì che la gestione delle scuole pubbliche passi dagli enti municipali allo Stato. Per quanto riguarda la formazione universitaria, 30 università su 33 iscritte al Sistema Unico di Ammissione (SUA) sono diventate gratuite. Ma, come annunciato dalla Presidente Bachelet, il principale requisito per accedere alla gratuità è appartenere a famiglie in cui ogni membro non guadagni più di 250 dollari mensili. Per ora, circa 165.000 studenti hanno potuto usufruire di questo beneficio.

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Fig. 2 – Tempi duri per la Bachelet: l’idillio con la popolazione cilena sembra essersi guastato

PROTESTE IN CORSO – Proprio a causa di questi requisiti e privilegi, gli studenti si sono mobilitati fin dal 2011 in manifestazioni di protesta e lo scorso agosto hanno organizzato un’enorme marcia nazionale. In particolare, la Confederazione di Studenti del Cile (Confech) e la organizzazione degli indebitati per l’educazione “Deuda Educativa” accusano il governo Bachelet di non mantenere le sue promesse – la stessa Bachelet continua ad affermare che la gratuità universitaria “es un derecho, no un regalo” (è un diritto, non un regalo) – e, anzi, di portare avanti le vecchie politiche del sistema educativo basate sul profitto. Gli studenti e le loro famiglie rivendicano la gratuità ‘indiscriminata’ degli studi universitari e l’estinzione dei debiti anche per chi si è iscritto prima della riforma. Inoltre, come possibile soluzione, propongono la nazionalizzazione di diversi settori produttivi per finanziare il sistema educativo.

PENSIONI IN AZIONI – Anche l’attuale sistema pensionistico cileno è un lascito del processo di privatizzazione di Pinochet. Nel 1981 il dittatore cileno decise di privatizzare il sistema pensionistico affidandolo alle Administradoras de Fondos de Pensiones (AFP). Questo sistema è basato sulla logica neoliberista del “faidate”, cioè ogni cittadino è l’unico responsabile nel garantirsi una pensione dignitosa. Infatti, la propria pensione dipende non solo dai risparmi che si mettono nel contro delle AFP (si versa almeno il 10% del proprio stipendio), ma anche dalle variazioni del mercato dove le AFP mettono i fondi pensionistici (ad oggi il 75% dei fondi è affidato a tre imprese statunitensi e il resto a 10 banche cilene). I fondi pensionistici cileni sono quindi dipendenti dall’andamento dei mercati finanziari e possono o meno dare i propri frutti. Bisogna inoltre sottolineare che il salario minimo cileno è di 257.500 pesos (circa 380 dollari) al mese, ma circa la metà dei lavoratori guadagna meno di 305.000 pesos, a cui si aggiunge anche il fatto che il costo della vita in Cile è paragonabile a quello europeo. Oggi la pensione media cilena è di 310$ al mese, perciò inferiore al salario minimo. Le proteste dei lavoratori cileni, come quelle degli studenti, contro il sistema pensionistico privato vanno ormai avanti da diversi anni e il 21 agosto scorso ha avuto luogo una manifestazione enorme in tutto il Paese e quasi un milione di persone sono scese per le strade della capitale Santiago. In risposta a ciò, la Presidente Bachelet ha proposto una serie di riforme del sistema pensionistico come l’aumento del 5% dei contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi, una pensione minima per gli anziani e l’introduzione di una AFP pubblica (oltre a quelle private). Ma ciò non ha soddisfatto i manifestanti che vogliono l’eliminazione completa delle AFP e la gestione delle pensioni in mano allo Stato.

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Fig. 3 – Cileni in marcia per chiedere un sistema pensionistico più equo

ANNI DIFFICILI PER IL GOVERNO BACHELETIl livello di approvazione del governo Bachelet e della stessa Presidente è man mano diminuito nel corso del suo secondo mandato. In particolare, la percentuale di aventi diritto di voto che non approvano la Presidente è aumentata dal 20 % di marzo 2014 al 72% di settembre 2016, raggiungendo il 77% ad agosto 2016. Per quanto riguarda il governo Bachelet nel suo insieme la percentuale è aumentata dal 22% di marzo 2014 al 77% di settembre 2016, raggiungendo anche in questo caso un picco dell’84% ad agosto 2016. La credibilità della Presidente e del suo governo si è quindi persa nel tempo. Nel 2018 ci saranno le prossime elezioni presidenziali e la Bachelet e il suo partito potrebbero essere ancora in tempo per riconquistare gli elettori facendo acquisire allo Stato il controllo di diversi settori ancora privati.

Viola Graldi

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Secondo uno studio della Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) il Cile è il Paese dove gli insegnanti lavorano per più ore e non hanno una retribuzione proporzionale al loro impegno. Per saperne di più clicca qui . [/box]

Foto di copertina di francisco_osorio Rilasciata su Flickr con licenza Attribution License

 

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Viola Graldi
Viola Graldi

Classe 1992. Viaggiatrice fin da piccola e sempre curiosa di conoscere ciò che mi circonda. Conseguo la laurea triennale in Scienze Internazionali e Diplomatiche all’Università di Bologna, studiando l’ultimo semestre nella coloratissima Lisbona. Da lì nasce la mia passione per il portoghese e per l’energia latino americana che si respira per le ruas lisboetas.  Volendo continuare a studiare oltre confine, atterro in Olanda per un Master in Politica Economica Internazionale all’Università di Groningen, durante il quale torno nella capitale lusitana per un tirocinio in diplomazia economica. Terminati tirocinio e tesi (sulla microfinanza in Bolivia) io e il mio zaino partiamo per un viaggio indimenticabile in America Latina. Ritorno in Europa, precisamente ad Amburgo per un tirocinio formativo e stimolante in politiche ambientali e energie rinnovabili. Caso (e desiderio) vuole che adesso sia tornata in America Latina per un anno di servizio civile nell’affascinante amazzonia ecuadoriana, ora protagonista dei miei racconti
scritti sorseggiando un buon caffè!

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