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Nuove speranze per Afghanistan-India-Pakistan

L’incontro bilaterale India-Pakistan tenutosi in occasione dell’Heart of Asia Conference potrebbe aprire nuovi spazi di dialogo capaci di incidere non solo sulle relazioni bilaterali Islamabad-Nuova Delhi, ma anche sulle relazioni con l’Afghanistan nel più ampio quadro regionale

L’INCONTRO AL CUORE DELL’ASIA – Dall’8 al 10 dicembre 2015 Islamabad è stata la sede della Conferenza Heart of Asia, istituita da 14 Paesi per discutere e delineare politiche comuni che possano stabilizzare l’Afghanistan – il Paese al cuore dell’Asia, appunto – e con esso aumentare la sicurezza nella più ampia regione.
L’8 dicembre, si è tenuto l’incontro a livello di Senior Officials, mentre il 9 dicembre è stata la volta della tanto attesa conferenza a livello ministeriale. A renderla estremamente importante è il fatto che essa si sia trasformata in un’occasione di dialogo bilaterale tra India e Pakistan, rispettivamente rappresentati da Sushma Swaraj e da Sartaj Aziz.
Dopo il fiasco di agosto, quando l’incontro pianificato da mesi era stato cancellato all’ultimo per dispute riguardanti i temi da inserire in agenda, erano rimaste poche speranze che si potesse assistere a un cambio di direzione in tempi brevi. E sebbene sia sicuramente prematuro ora parlare di svolta in riferimento all’incontro bilaterale di mercoledì, il fatto stesso che esso ci sia stato è indubbiamente incoraggiante. Segno che forse, dopotutto, qualcosa si sta muovendo anche in Sud Asia, e i due più acerrimi nemici della regione possono rispondere a nuovi spazi di dialogo che si stanno lentamente profilando.

COSA L’HA RESO POSSIBILE – Ad aver creato questi spazi di dialogo da agosto ad oggi, non è stato un singolo, determinante evento. Piuttosto, una serie di eventi che nel complesso hanno avuto un impatto positivo nel ricreare un livello minimo di apertura reciproca.
Prima di tutto c’è stato l’incontro tra Modi e Sharif tenutosi ai margini della COP21, dove sembra che nuovi punti di contatto siano stati trovati sulla questione – per l’India cruciale – dell’attentato a Mumbai del 2008, rispetto al quale Sharif avrebbe promesso un’accelerazione del processo investigativo-punitivo.
Una settimana dopo, si è tenuto un incontro bilaterale a Bangkok tra gli esponenti delle rispettive agenzie di sicurezza nazionale e i segretari della sicurezza, durante il quale si è parlato di terrorismo, di scontri di confine, e della questione del Kashmir (probabilmente la maggiore ferita causata dal processo di partizione del 1947 e a oggi ancora aperta). Sicuramente troppo presto per parlare di significativi passi avanti, l’incontro si è tuttavia concluso con un joint statement in cui il clima di dialogo è stato descritto come “cordiale e costruttivo”.

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Fig. 1 – Un momento dell’Heart of Asia Conference

VECCHI SCONTRI, NUOVI ACCORDI – È allora in questo sorprendente clima di apertura e confronto che si è svolta la terza tappa di questo ultimo cammino di avvicinamento indo-pakistano: l’incontro Swaraj-Aziz, pubblicizzato da entrambi come segno della rinnovata disponibilità del proprio paese a ricucire quei rapporti spezzati in agosto. E del resto, l’incontro ha segnato il recupero di quei colloqui di pace a livello ministeriale che erano stati interrotti nel 2012 e poi più ripresi, ed è il risultato di un significativo passo avanti compiuto sia da Modi sia da Sharif.
Sul tavolo i temi centrali sono stati la questione del Kashmir – la cui discussione e risoluzione è per il Pakistan chiave di volta delle relazioni con Nuova Delhi – e il terrorismo, tema particolarmente delicato per l’India, che si considera da sempre (e non senza ragioni) vittima di quel terrorismo islamico di cui Islamabad sarebbe finanziatrice. Si tratta quindi di temi estremamente delicati e complessi, che non vanno a toccare solo i rapporti bilaterali tra India e Pakistan, ma che sono interessati da (e interessano) più ampie dinamiche regionali, e che coinvolgono altri attori (Afghanistan e Cina in primis).
Altrettanto importanti quanto i temi toccati sono poi i punti di accordo emersi dall’incontro:

  • Cooperazione tra le agenzie di sicurezza nazionale per l’eliminazione del terrorismo;
  • Garanzia da parte del Pakistan di concludere i processi relativi gli attacchi a Mumbai;
  • Accordo su un recupero dei negoziati di pace, ora denominati Comprehensive Bilateral Dialogue;
  • Prossimo incontro tra i Segretari della sicurezza per decidere circa tempi e modalità del nuovo processo di dialogo;
  • Prossimo dialogo su temi quali sicurezza, missili balistici, Kashmir, cooperazione economico-commerciale, contro-terrorismo, turismo religioso, questioni umanitarie.

IL RUOLO DI KABUL – Come detto, però, il significato di questo incontro va oltre i rapporti bilaterali Pakistan-India. Un ruolo cruciale all’interno di questa rinnovata possibilità di distensione è infatti quello giocato dall’Afghanistan.
A questo rispetto è importante notare come l’Afghanistan si ponga sia a monte del dialogo – come attore potenzialmente capace di indurre Nuova Delhi e Islamabad all’avvicinamento – sia a valle, come attore che dalla distensione indo-pakistana ha indubbi vantaggi da guadagnare.
Relativamente al ruolo dell’Afghanistan nel dialogo tra i due storici rivali, si deve ricordare innanzitutto l’importanza della sua posizione – nel cuore dell’Asia. È in virtù di essa, infatti, che le dinamiche interne afghane vanno a toccare in modo cruciale – quando non anche diretto – le dinamiche degli attori della regione, interessando quindi sia Pakistan sia India. Un Afghanistan sicuro e in pace, fondato su istituzioni politiche pienamente funzionanti e indipendenti da influenze esterne, sarebbe allora fonte di stabilità e sicurezza per l’intero Sud Asia. Implicherebbe, infatti, la presenza nel centro della regione di un partner affidabile, nonché di un importante ponte di collegamento economico, commerciale ed energetico tra Asia Centrale e Sud Asia. Viceversa, un Afghanistan instabile e insicuro quale ancora è oggi – con il controllo esercitato dal potere centrale che non raggiunge tutte le province, dove ci sono aree interamente subordinate al controllo talebano, dove la presenza di contingenti militari stranieri è essenziale per evitare il collasso delle forze di sicurezza locali – rende più insicura e instabile l’intera regione (come del resto gli attacchi terroristici a cui Afghanistan, Pakistan e India sono stati – e sono tuttora – esposti dimostra).
India e Pakistan, allora, hanno sicuramente molto da guadagnare, sia in termini di sicurezza sia in termini di prospettive commerciali ed energetiche, da una cooperazione sincera che includa tra gli obiettivi la stabilizzazione del vicino occidentale.
Dalla prospettiva di Kabul, poi, è da considerare che quanto finora detto vale anche in direzione opposta: una distensione Nuova Delhi-Islamabad è per l’Afghanistan auspicabile, in quanto avrebbe per il Paese significativi vantaggi, soprattutto in termini di cooperazione a livello militare e a livello di intelligence nella lotta al terrorismo, e in termini di investimenti (che l’India ha ridotto da quando si è sentita messa in secondo piano dalla politica estera di Ghani).
Superando una politica estera afghana che dopo aver per anni trascurato il Pakistan a favore dell’India ha seguito, nell’ultimo anno, la logica opposta, Ghani dovrebbe allora investire le proprie energie nel premere per un avvicinamento indo-pakistano dal quale ha tutto da guadagnare.

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Fig. 2 – L’Afghanistan rappresenta un Paese focale per la regione

L’INTERESSE DELLA REGIONE – Favorire il dialogo tra i due tradizionali rivali è di interesse regionale (come i Paesi dell’Heart of Asia Conference sembrano del resto riconoscere) per creare nuove dinamiche positive e cooperative, in assenza delle quali “il secolo asiatico” non potrà diventare realtà.

Marta Furlan

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in più

Il Processo di Istanbul ha creato nel 2012 un’agenda di cooperazione regionale nota come Heart of Asia, incentrata sulla stabilizzazione dell’Afghanistan. Ne fanno parte Afghanistan, Azerbaijan, Cina, India, Iran, Kazakhstan, Kirgizistan, Pakistan, Russia, Arabia Saudita, Tajikistan, Turchia, Turkmenistan, Emirati. [/box]

Foto: hafeezanwar12

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Marta Furlan
Marta Furlan

Sono nata a Milano nel 1993, e mi sono laureata in Lingue straniere per le Relazioni Internazionali all’Università Cattolica con una tesi sullo sviluppo del terrorismo jihadista da Al Qaeda ad ISIS. Attualmente sto frequentando un Master in European and International Studies presso l’Univeristà di Trento. Le mie aree di interesse principali sono la politica del Medio Oriente e il terrorismo islamico, e la mia grande passione è viaggiare.

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