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Grecia: gli scenari economici post-voto

Syriza ha vinto e questo non ha sorpreso nessuno. Analizziamo “in tre sorsi” quanto la compagine guidata da Alexis Tsipras possa incidere sulle dinamiche economiche del Paese e su quelle europee

1. I POSTUMI DEL VOTO – Dopo il voto di domenica, Alexis Tsipras è indubbiamente il nuovo volto della politica europea. Rinegoziare il debito, archiviare l’austerità e rilanciare la crescita sono gli obiettivi di questa “nuova era” targata Syriza. Ad Atene la speranza è che la Troika ammorbidisca le proprie pretese, che la Banca Centrale Europea intensifichi gli interventi straordinari e che i mercati finanziari non siano più così severi con  l’economia ellenica. Il nuovo governo promette battaglia in nome di una dignità sepolta dalla crisi economica. A tre giorni dalle elezioni lo scenario, strettamente stilizzato, è questo.

Inutile rammentare che quella greca è senza dubbio una delle peggiori crisi economiche dal secondo dopoguerra ad oggi. In termini di potenziale economico la Grecia ha perso all’incirca un decennio (circa il 25% del PIL) e le prospettive future non sono affatto confortanti. Lungi dall’essere superata, la crisi morderà le prospettive di sviluppo del Paese ancora per molto. Quanto preteso da Syriza sembra difficile da applicare nella forma, e ancora poco definito nella sostanza. Non sembra che Tsipras abbia intenzione di sovvertire il sistema negoziale adottato dai predecessori, i quali sono stati poi “bocciati” dalle urne. Berlino fa sapere che non accetterà proposte di taglio del debito greco, tanto meno risulta incline alle revisione delle politiche di austerità, le quali, se interrotte, creerebbero un precedente spendibile nell’intera area. Sembra molto difficile che quanto proposto da Syriza si materializzi.

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Gran parte della popolazione greca è in ginocchio da anni di crisi economica

2. I NUMERI DELLA CRISI- L’aria informale, la semplicità con cui affronta tematiche complesse e in ultimo la capacità nel destare fiducia fanno di Tsipras l’uomo della provvidenza da cui ci si aspetta un’inversione radicale dalla rotta tecnocratica ed economicista intrapresa dalle élites europee. Tuttavia, in linea con queste, i numeri della crisi sono stati divulgati superficialmente, per impressionare più che per informare. I numeri dicono che il debito pubblico greco ante-crisi, seppur elevato, oscillava tra i 100 e 112 punti percentuali sul PIL, per poi schizzare alle stelle solo dopo lo scoppio della pandemia finanziaria nel 2008. Sconvolgenti, invece, come sottolineato dal vice presidente della BCE Vitor Costancio, i numeri dell’indebitamento privato greco, cresciuto in maniera esponenziale prima che la crisi scoppiasse. L’esposizione del settore privato greco all’indebitamento estero conferma l’estrema vulnerabilità del Paese agli shock esterni: qualora dovesse riproporsi un contagio finanziario pari a quello del 2008, la Grecia si troverebbe costretta all’ennesimo “aggiustamento interno” per soddisfare i creditori. In una sola parola, austerità.

3. CONCLUSIONI – Desiderare la fine della crisi non è sufficiente. Le intenzioni ambiziose di Alexis Tsipras volte a redimere l’Europa da anni di scelte economiche poco lungimiranti non sortiranno risultati concreti se non sarà per prima la costruzione dell’euro ad essere messa in discussione. Quanto preteso da Tsipras non tiene conto della geografia dell’eurozona, della consolidata dicotomia centro/periferia. È assolutamente nobile e comprensibile il desiderio del nuovo corso greco di voltare pagina ma è doveroso giungere alla successiva consapevoli degli errori commessi in precedenza.

Daniele Morritti

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Un chicco in più

Vi proponiamo dalla BBC un rapido riassunto dei principali fatti storici della Grecia dal ‘900 ad oggi.

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Daniele Morritti
Daniele Morritti

Sono laureato in scienze internazionali e diplomatiche. Attualmente frequento un master in Relazioni internazionali presso l’Université Libre de Bruxelles.

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