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Prospettive, conferme e ostacoli in Africa

Tra conti con il passato e speranze per il futuro, i Paesi dell’Africa subsahariana sono tra le realtà più dinamiche del mondo, nonostante molti di essi siano costantemente a un passo dal collasso. Vediamo in 5 domande e 5 risposte qualche prospettiva per il 2015 africano, dall’economia alla sicurezza, passando per l’epidemia di ebola e i grandi appuntamenti del nuovo anno

1. QUALI SONO LE PROSPETTIVE ECONOMICHE PER L’AFRICA NEL 2015?

Le stime economiche per l’Africa nel 2015 sono tendenzialmente positive, con un tasso atteso di crescita del PIL complessivo attorno al +5-6%. Tuttavia è necessario assumere questi dati con accortezza, poiché, come più volte evidenziato dagli analisti, l’aumento della ricchezza è da rapportarsi alla base di estrema povertà di partenza: in sostanza, alcuni contesti sono talmente critici che piccoli investimenti producono grandi risultati. La situazione economica africana nel 2015 sarà però condizionata in modo notevole da alcuni fattori:

  • L’aumento dell’afflusso di capitali. Gli investimenti esteri in Africa sono ormai vicini ai 50 miliardi di dollari, decuplicati rispetto al 2004-2005. Al di lĂ  della Cina, a scommettere sul continente nero sono sempre piĂą il Brasile, la Russia e l’India, con un’importante presenza giapponese e sudcoreana. Spesso i settori privilegiati per gli investimenti sono l’agricoltura e le infrastrutture.
  • La stagnazione in Europa e il rallentamento in Cina. I Paesi europei (soprattutto la Francia e il Regno Unito) sono i tradizionali mercati di sbocco delle produzioni africane, ma le difficoltĂ  economiche all’interno dell’Unione europea e la prospettiva di una Cina “ferma” al +7% potrebbero incidere negativamente sul commercio. Brasile e India, tuttavia, sono ottime alternative per la produzione agricola, così come il Giappone per il settore finanziario.
  • Il calo del prezzo del petrolio. Per Paesi come la Nigeria (che dipende al 75% dalle esportazioni di greggio), la diminuzione del valore dell’oro nero potrebbe condurre giĂ  dal prossimo anno a preoccupanti deficit, ma allo stesso tempo garantirĂ  un alleggerimento delle spese per l’industria e i consumatori, ampliando la scia positiva del settore privato africano (alcune societĂ  hanno sfiorato il +20%).
  • Le sfide alla libera circolazione. Il terrorismo e l’epidemia di ebola stanno giĂ  incidendo negativamente su sistemi dinamici e ad alta interconnessione, quali la regione occidentale dell’Africa.

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2. SAHEL, NIGERIA E SOMALIA: CORSI E RICORSI DELLA SICUREZZA AFRICANA?

Nell’Africa subsahariana non mancano purtroppo le minacce alla sicurezza. Il primo esempio che corre alla mente è l’emergenza dei gruppi islamisti combattenti. Il 2014 è di fatto cominciato con l’eco degli attacchi di affiliati ad al-Shabaab contro il centro commerciale Westgate di Nairobi alla fine del 2013 e con il rapimento di oltre 200 ragazze in Nigeria da parte di Boko Haram nella primavera dell’anno appena trascorso. Proprio il gruppo nigeriano è considerato il principale pericolo in Africa, anche alla luce dell’ascesa dello Stato Islamico in Medio Oriente: l’azione militare di Abuja sta mostrando profonde lacune, condizionando la percezione che l’opinione pubblica ha dell’operato del Governo. Oltretutto Boko Haram sta assumendo una dimensione sempre più transfrontaliera, con frequenti sconfinamenti in Camerun. Non bisogna comunque dimenticare altre minacce alla sicurezza del continente nero, a cominciare dalla fascia saheliana, direttamente connessa alle turbolenze del Nordafrica: dal Mali al Camerun si estende infatti una regione nella quale terrorismo islamico e banditismo si incontrano, unendo interessi che comprendono allo stesso tempo il jihadismo, la rivolta armata, il contrabbando e il business dei rapimenti. Più a est persiste la crisi nella Repubblica centrafricana, con scontri su base etnico-religiosa tra cristiani e musulmani solo parzialmente mitigati dagli interventi internazionali. La Repubblica democratica del Congo è lontana dalla pace, mentre le tensioni tra Sudan e Sudan del Sud (ma non quelle all’interno dei due Paesi) sembrano in qualche modo in fase di stallo. In Somalia la situazione è abbastanza sotto controllo, nonostante il drammatico spillover in Kenya e i colpi di coda di al-Shabaab. Il 2015 dovrebbe essere l’anno del potenziamento del sistema di sicurezza e prevenzione dei conflitti dell’Unione africana, nonché il momento per riconoscere che spesso la minaccia di gruppi che si inseriscono nell’islamismo combattente non nasca specificamente come religiosa, ma anzi derivi da ambienti criminali o di marginalità socio-politica, nei quali la causa jihadista emerge solo per opportunità in un secondo momento.

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3. NEL 2015 FINIRA’ L’EPIDEMIA DI EBOLA?

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sì, ma non troppo velocemente. Dall’avvio dell’emergenza epidemica è passato un anno e gli effetti si sono manifestati in tutto il mondo, nonostante il fronte principale resti nell’Africa occidentale. Contrastato dalla comunità internazionale con ritardo e con scarsità iniziale di mezzi, il virus ebola ha causato circa 7mila vittime, senza dimenticare i danni a un sistema regionale in pieno sviluppo e caratterizzato da una sempre maggiore interdipendenza. L’OMS afferma che l’epidemia continuerà durante il 2015, manifestandosi con focolai isolati soprattutto in Guinea, Liberia e Sierra Leone, ma terminando entro il 2016. L’ebola potrebbe aver cambiato profondamente sia la società dell’Africa occidentale – spinta ad abbandonare alcune abitudini tradizionali e dotata tramite il dolore di una memoria collettiva dell’epidemia, – sia il modo con il quale le Istituzioni sanitarie mondiali affrontano le emergenze.

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4. QUAL E’ L’APPUNTAMENTO DA SEGUIRE NEL 2015 AFRICANO? 

Le elezioni in Nigeria, previste per il 14 febbraio 2015. La Nigeria è la prima economia africana, ma al proprio interno deve affrontare numerose e complesse crisi, da Boko Haram all’insorgenza nel delta del Niger, passando per la pirateria marittima e i conflitti tra Nord musulmano e Sud cristiano. Mai come quest’anno le elezioni nigeriane saranno a rischio di degenerare in episodi di grave tensione e violenza diffusa, soprattutto se il risultato non sarà netto. Per la prima volta, infatti, i partiti contendenti saranno di fatto due, il People’s Democratic Party (PDP) del presidente Goodluck Jonathan e l’All Progressives Congress (APC), sorto dalla fusione tra i principali partiti d’opposizione. La vicenda, tuttavia, è piuttosto complessa, poiché le due formazioni hanno una forte caratterizzazione etnica: l’APC è composto prevalentemente da esponenti del Nord, mentre il PDP ha maggiore presa al Sud e nel delta del Niger. Un primo rischio è che le parti non riconoscano il risultato delle consultazioni. Altro pericolo è che le gravi mancanze politiche, sociali e d’ordine pubblico nella preparazione del voto si tramutino in disordini ed errate procedure. Infine, non è da escludersi che Boko Haram impedisca ai cittadini di recarsi alle urne negli Stati nordorientali, privando l’APC di numerosi sostenitori e minando la legittimità dell’eventuale vittoria del PDP, senza considerare che il complesso sistema elettorale nigeriano rende assai facili ricorsi e contestazioni. I primi mesi del 2015 saranno dunque infuocati in Nigeria, ma avranno rilevanza per tutta l’Africa, poiché indicheranno la strada nel breve periodo di uno dei nuovi giganti mondiali, un Paese fondamentale per la sicurezza internazionale.

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5. QUALI SONO I 5 STATI SUBSAHARIANI DA TENERE D’OCCHIO?

  • Nigeria: le elezioni politiche nella prima economia africana e l’evoluzione della lotta a Boko Haram sono giĂ  due motivi sufficienti per monitorare Abuja. Aggiungiamo poi una crescita stimata del +7,5%, con l’incognita dell’abbassamento dei prezzi del petrolio, dalla cui esportazione dipende in gran parte la ricchezza nigeriana;
  • Etiopia: Addis Abeba ha investito in modo consistente nel settore agricolo e in una serie di imponenti infrastrutture per la produzione di energia idroelettrica, il tutto accompagnato da audaci manovre finanziarie che potrebbero spingere a un +7% del PIL. L’Etiopia, però, sta agendo ormai da anni per affermarsi quale potenza egemone nel Corno d’Africa, tenendo alta la tensione con l’Eritrea, intervenendo in Somalia nonostante i rapporti diretti con il Somaliland e facendo valere la minaccia della propria potenza militare. Il 2015, a distanza di tre anni dalla morte dello storico presidente Meles Zenawi, potrebbe essere l’anno dell’affermazione etiope.
  • Sudafrica: il 2014 in Sudafrica non è stato solo il processo a Oscar Pistorius. La svalutazione della moneta, il crollo della fiducia dei consumatori e i numerosi scioperi hanno fiaccato l’economia del Paese, superata da quella nigeriana. In cerca di una soluzione molte societĂ  sudafricane hanno incrementato investimenti nel resto del continente, sottraendo però capitali all’economia domestica. Nel 2015 si vedranno i risultati e per Jacob Zuma sarĂ  una prova difficile.
  • Burkina Faso: alla fine del 2014 Blaise CompaorĂ© è stato deposto da un golpe confuso, senza eccessiva violenza. La vicenda ha destato l’attenzione della comunitĂ  internazionale, ma, in particolare, dell’opinione pubblica africana, in attesa di comprendere se dal Burkina Faso possa giungere un nuovo modello di democrazia e sviluppo tutto africano.
  • Mauritius: che cosa si può fare alle Mauritius oltre a prendere il sole e nuotare in splendidi fondali? Semplice, investire. Lo Stato insulare è infatti divenuto uno dei principali centri finanziari del mondo, dotato di una legislazione fiscale adatta ad accogliere capitali e fortune. Si potrebbe pensare che Mauritius sia un “semplice” paradiso della finanza internazionale – e l’impressione non è distante dalla realtĂ , – però c’è un particolare interessante: è nelle sue banche che si vanno concentrando le ricchezze del crescente numero di nuovi ricchi africani, attirati da allettanti proposte finanziarie. In sostanza, il 2015 confermerĂ  Mauritius come una della casseforti dello sviluppo africano.

Beniamino Franceschini

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Un chicco in piĂą

Questo pezzo fa parte de “Il Giro del Mondo in 30 Caffè”, il nostro outlook per il 2015. Lo potete trovare per intero qui. Buona lettura!

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono specializzato in geopolitica e marketing elettorale. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa. Ho un gatto bianco e rosso chiamato Garibaldi.

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