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Kosovo: cinque mesi senza governo

Sono passati cinque mesi dalle elezioni, ma il Kosovo rimane senza Governo e il traguardo di formare un nuovo esecutivo sembra lontano. Il Paese rischia il collasso economico, mentre si torna a parlare di elezioni anticipate.

COSA È SUCCESSO – Le elezioni di giugno avevano decretato come primo partito il PDK dell’ormai ex premier Hashim Thaçi. Nonostante ciò, il PDK non è riuscito a formare un Governo per via dell’opposizione, che si è raggruppata in una grande coalizione composta da LDK di Isa Mustafa, AAK di Ramush Haradinaj e Nisma di Fatmir Limaj, ex compagno ai tempi dell’UCK di Thaçi, con il beneplacito del Vetevendosje! di Albin Kurti. Il 17 giugno, il partito di Thaci ha presentato un suo candidato per la carica di Presidente dell’Assemblea. L’opposizione ha fatto blocco e ha abbandonato l’aula durante la votazione, interrompendo la seduta per mancanza del quorum, salvo poi rientravi proponendo ed eleggendo il proprio candidato Isa Mustafi. A questo punto Thaçi si è rivolto alla Corte costituzionale per delegittimare il candidato dell’opposizione, in quanto, da vincitore delle elezioni, la carica spetterebbe al suo partito.

LA CORTE COSTITUZIONALE – La Corte si è espressa a favore di Thaçi, annullando inoltre l’elezione di Isa Mustafi: secondo gli articoli 67.1 e 67.2 della Costituzione spetterebbe alla coalizione vincente nominare il Presidente dell’Assemblea. Il nodo da sciogliere è l’interpretazione della Corte sull’espressione «maggioranza uscita dalle urne», che non specifica come comportarsi in casi di coalizioni formatesi dopo le elezioni o prima. Thaçi ha sfruttato in pieno questa opportunità e ha chiesto che fosse un membro del proprio partito a rivestire questa carica, pur sapendo di non avere possibilità di ricevere i voti dal blocco di opposizione. Dall’altra parte l’opposizione non intende votare in nessuna maniera membri dell’Assemblea fuori dalla coalizione. Il presidente Jahjaga ha cercato a più riprese di intavolare delle trattative durante questi mesi, ma senza esito. Il problema, per indire elezione anticipate, sarebbe anche quello di non poter sciogliere un’Assemblea prima che essa sia effettivamente riunita.

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PROBLEMI ECONOMICI – Se il Belgio è riuscito per ben due volte ad andare avanti senza un Governo, sicuramente il Kosovo non ha l’organizzazione statale per sopportare cinque mesi senza una guida per il Paese. Il vuoto politico si riflette non solo sulle Istituzioni, ma anche sulle aziende pubbliche e su quelle private che hanno partenariati con lo Stato. Lo stallo che si è creato frena irrimediabilmente l’approvazione del budget per il 2015, avvicinando una condizione di default, senza possibilità di offrire i servizi di base. In ansia sono anche i dipendenti pubblici, all’incirca 80mila, che rischiano di non ricevere lo stipendio. La situazione potrebbe sbloccarsi con un accordo specifico tra i partiti per evitare la “chiusura dello Stato”, ma sulla pianificazione per l’anno prossimo ci saranno comunque conseguenze gravose. L’unica via d’uscita sembra affidata alla possibilità che il presidente Jahjaga metta tutti d’accordo sulla possibilità di un Governo tecnico o di avviare trattative per proporre di nuovo delle elezioni. Tutto questo sicuramente giova al PDK di Hashim Thaçi, che farà di tutto per riavere al suo fianco l’alleato Behgjet Pacolli, rimasto fuori dall’Assemblea per pochi voti. Tutto questo a discapito del popolo e in favore di giochi politici e rigidità su posizioni e aspettative pre-elettorali.

Juljan Papaproko

[box type=”shadow” align=”aligncenter” ]Un chicco in più La comunità serba in Kosovo rappresentata da 10 deputati aveva votato per Isa Mustafi per dare una svolta allo stallo politico tra i vertici politici kosovari. Hanno dichiarato che sosterranno qualunque candidato pur di uscire da questa situazione.[/box]

 

Foto: David Bailey MBE

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Juljan Papaproko
Juljan Papaproko

Juljan Papaproko è nato a Tirana. Laureato in Scienze Politiche a Torino con una tesi sulla Guerra del Kosovo. Collabora con diverse testate giornalistiche in Italia e in Albania. Il suo centro di interesse è l’Europa e i Balcani, binomio difficile ma affascinante. Diverse esperienze di vita a Torino, Firenze, Parigi, Bruxelles e Berlino. Condivide con il Caffè la stessa passione per la geopolitica.

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