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I giorni dell’Arcobaleno del Cile

No! I giorni dell’Arcobaleno, secondo film della rassega cinematografica del Caffè a Seregno (MB), premiato a Cannes nel 2012, in nomination agli Oscar 2013, racconta del referendum cileno del 1989 dove si dovrebbe conscacrare la prosecuzione della dittatura di Pinochet, che non ha però fatto i conti con Renè e la sua allegria…

CILE VS ARGENTINA – Si può mettere l’allegria come tema centrale di un programma politico? Questa è la bellissima provocazione che ci pone questo film. Dopo essere entrati nel Garage Olimpo, questo secondo film che abbiamo presentato a Seregno (MB) su una dittatura sudamericana, in proporzione è una ventata d’aria fresca. Un film piĂą leggero e godibile, una modalitĂ  molto piĂą sfumata di presentare il regime, che nello stesso tempo riflette la differenza tra la situazione argentina tra il 1976 e il 1982 e i diciott’anni di Pinochet (1973-1990). La dittatura cilena, infatti, si è caratterizzata per essere meno brutale e drammatica di quella argentina (i “numeri” della dittatura parlano di 3.200 morti ufficiali, circa 30.000 morti ufficiosi, altrettanti carcerati e 200mila esiliati: cifre analoghe a quelle argentina, verificatesi però in 7 anni contro 18). Le ferite lasciate nella popolazione sono un po’ meno profonde, e la dittatura si è conclusa in maniera naturale, con Pinochet che ha concordato la sua uscita di scena, con l’accordo di non essere perseguito (rimarrĂ  fino al 1998 a capo delle Forze armate, per poi divenire senatore a vita; arrestato a Londra ma mai condannato per motivi di salute nè mai processato in Cile, morirĂ  infine nel 2006).

IL PARADOSSO DELLA RIMOZIONE – Il Cile post-Pinochet ha avuto dunque una transizione tendenzialmente pacifica, e senza i rigurgiti populistici che si sono verificati in Argentina, e la transizione è stata piĂą pacifica e naturale. Il costo di un simile passaggio è però l’assenza di una netta presa di posizione nei confronti del regime: nessuna caccia ai colpevoli (solo 70 persone processate e 20 condannate), una Costituzione mai modificata dall’epoca della dittatura, un centrodestra nel quale ancora oggi molti esponenti erano certamente all’epoca simpatizzanti di Pinochet. La democrazia insomma si è ristabilita e consolidata a prezzo di risparmiare il giudizio su quanto accaduto. Il tema è quello della rimozione, che ritorna anche nei periodi post-ditattura vissuti in altri Paesi (in parte anche in Argentina): come è possibile rimuovere e fingere di ignorare ciò che per sua natura è non removibile?

Augusto Pinochet
Augusto Pinochet

L’EREDITA’ DELLA DISUGUAGLIANZA – La politica e l’economia del Cile odierno sono ancora oggi figlie del periodo della dittatura, che se da una parte ha gettato le basi per una economia stabile e duratura, dall’altra ha portato il Cile ad essere uno dei Paesi al mondo con le maggiori diseguaglianze sociali e con le maggiori differenze nella redistribuzione del reddito: secondo l’Ocse, il Cile è attualmente tra i 34 Paesi piĂą ricchi al mondo, ma il 50% dei cittadini ha uno stipendio inferiore ai 400 dollari al mese, e il 14% vive sotto la soglia di povertĂ . Tutto questo anche a causa di uno Stato sociale estremamente ridotto, con pensioni, sanitĂ  e soprattutto educazione delegate ad enti privati. Soprattutto il tema dell’istruzione ancora oggi provoca grandi tensioni sociali e proteste, dato che i costi dell’educazione in Cile sono tra i piĂą alti al mondo.

I GIORNI DELL’ARCOBALENO – Il film è ambientato nel 1989, quando Pinochet è costretto dalle pressioni internazionali a indire un referendum che decida la prosecuzione o meno della sua dittatura. Il fronte del no sembra pronto a una campagna elettorale quasi di testimonianza, convinto dell’impossibilitĂ  del successo. Il giovane pubblicitario Renè, protagonista del film, imposterĂ  però una campagna assolutamente geniale, che riuscirĂ  a muovere un intero popolo, compresi noi stessi spettatori del film, che difficilmente finiranno di vedere questa storia senza canticchiare il jingle del fronte del no. Senza anticiparvi nient’altro di questa bella storia, poniamo qui sotto solo tre spunti di riflessione, che sono tre lezioni del film che ci appaiono universalmente valide, ben oltre i confini cileni:

1) La denuncia non basta. Il bello di questo film, la genialità di Renè sta nel tentativo di andare oltre la volontà di denunciare cosa non va, per andare a proporre una volontà di cambiamento. Da una pura denuncia a una nuova proposta: questa è la chiave di volta per provare a cambiare le cose.

2) Il mezzo e il messaggio. Il film ci mostra come, nell’89, si inizi a (im)porre un tema decisivo per qualsiasi campagna politica, il rapporto tra contenuto e contenitore, di cui anche in Italia in questi anni si è enormemente discusso. L’utilizzo dello strumento televisivo e delle tecniche e del linguaggio pubblicitario sembra visto da alcuni come distorsivo: dando prioritĂ  a questi, si rischia di sminuire il vero valore di quanto si vuole comunicare. C’è un momento di discussione, nel fronte del no, che sembra emblematico di tante campagne elettorali perse (anche dalle nostre parti), dove l’importante è fare testimonianza, senza pensare a come comunicare, e quindi senza reali possibilitĂ  di vittoria. Le trovate di Renè, che punterĂ  a sconfiggere la dittatura comunicando una idea di allegria, sono solo una geniale mossa di marketing? Difficile dire che siano solo questo, se sono in grado di risvegliare i sentimenti di un popolo intero.

3) La politica interna. Uno dei paradossi di chi studia la politica internazionale è quello di scoprire che in moltissimi ambiti ciò che fa la differenza non è la politica estera, bensì la politica interna. I grandi attori internazionali, gli Usa, l’Onu e quant’altro… certo queste realtĂ  influenzano molto (anzi: è un fatto che la maturitĂ  di certe democrazie e classi politiche in America Latina sia anche figlia del minor interesse degli Usa per questa regione) ma alla fine, sono spesso le dinamiche di politica interna che muovono i veri cambiamenti degli Stati. E quella di Renè è una lezione e un messaggio di speranza per tutti, anche per noi: i cittadini attivi, la societĂ  civile e chi fa politica, anche dal basso, non deve pensare di essere impotente, perchè davvero può avere la possibilitĂ  di migliorare le cose, portando delle vere proposte di cambiamento. Renè riesce a mettere insieme i concetti di politica e allegria, che al giorno d’oggi ci paiono quanto mai agli antipodi. Eppure, associare la politica a un concetto di “bello” è una lezione che ci fa un gran bene, e davvero per questo a Renè dobbiamo essere grati.

Alberto Rossi

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Alberto Rossi
Alberto Rossi

Classe 1984, mi sono laureato nel 2009 in Scienze delle Relazioni Internazionali e dell’Integrazione Europea all’UniversitĂ  Cattolica di Milano (FacoltĂ  di Scienze Politiche). La mia tesi sulla Seconda Intifada è stata svolta “sul campo” tra Israele e Territori Palestinesi vivendo a Gerusalemme, cittĂ  in cui sono stato piĂą volte e che porto nel cuore. Ho lavorato dal 2009 al 2018 in Fondazione Italia Cina, dove sono stato Responsabile Marketing e analista del CeSIF (Centro Studi per l’Impresa della Fondazione Italia Cina). Tra le mie passioni, il calcio, i libri di Giovannino Guareschi, i giochi di magia, il teatro, la radio.

Co-fondatore del Caffè Geopolitico e Presidente fino al 2018. Eletto Sindaco di Seregno (MB) a giugno 2018, ha cessato i suoi incarichi nell’associazione.

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