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Frozen assets – La Russia e l’Artico

Miscela Strategica – L’Artico riveste da tempo un ruolo rilevante per la Russia, specie militare ed economico. Il riscaldamento globale e le importanti riserve energetiche qui situate creano nuove prospettive per la regione, che possono portare sia vantaggi che svantaggi alla Federazione Russa. Quali sono gli interessi russi in gioco e quali le strategie per tutelarli? Chi sono gli altri attori in gioco?

GLI INTERESSI – La regione dell’Artico riceve da diverso tempo una sempre maggiore attenzione da parte di Mosca per ragioni soprattutto economiche. Le stime effettuate indicano che in questa parte del globo potrebbe concentrarsi una quantità enorme di risorse naturali, liberamente utilizzabili dagli Stati sotto la cui giurisdizione si trovassero. Ciò che più attira l’attenzione sono i possibili giacimenti di petrolio e gas la cui ricerca è ancora ad uno stadio iniziale. Secondo uno studio della US Geological Survey, risalente al 2008, circa il 60% delle risorse energetiche non ancora scoperte si troverebbe in territorio russo, per un totale stimato nell’equivalente di 412 miliardi di barili di petrolio.

Una seconda ragione per l’aumento di interesse russo è legata alla prospettiva di sviluppo della Rotta Marittima Settentrionale (“Northern Sea Route” o NSR). Si tratta di una rotta dotata di un grande potenziale per il commercio marittimo internazionale, dato che è una via più breve per collegare alcuni dei principali porti asiatici al porto di Rotterdam, nonché alcuni di quelli della costa occidentale nordamericana. Ad esempio, il viaggio da Shangai a Rotterdam utilizzando la NSR misurerebbe 9297 miglia invece che le 12107 passando per Suez, quello dal porto di Yokohama, Giappone, 8452 miglia invece che 12894, la distanza dal porto di Vancouver, Canada, sarebbe di 8038 miglia invece che di 10262 attraversando il Canale di Panama. Questa rotta, se utilizzabile, consentirebbe un notevole risparmio per il commercio da e verso queste aree. La sempre maggiore diminuzione della superficie coperta dai ghiacci a causa dell’aumento delle temperature rende questa rotta sempre più praticabile per sempre più lunghi periodi dell’anno.

Una mappa che riporta i risultati della US Geological Survey; fonte: The Economist, 16 giugno 2012
Una mappa che riporta i risultati della US Geological Survey; fonte: The Economist, 16 giugno 2012

LA STRATEGIA PER LE RISORSE – I documenti rilevanti per la comprensione dell’atteggiamento russo verso le risorse naturali della regione sono la “Strategia per la Sicurezza Nazionale della Federazione Russa fino al 2020” del 2009 (successivamente Strategia per la Sicurezza Nazionale), le “Basi della Politica dello Stato della Federazione Russa verso l’Artico per il 2020 ed oltre” del 2008 (Strategia per l’Artico) e la “Strategia Russa per l’Energia fino al 2030” del 2009 (Strategia energetica). Il primo documento lega lo sviluppo della regione alla sicurezza nazionale, mentre  la Strategia per l’Artico individua le risorse presenti come le fondamenta del futuro sviluppo economico e sociale della Russia. Il terzo documento inserisce tra le aree chiave per la futura estrazione di petrolio e gas questa parte del territorio russo. Tuttavia la strategia russa non si articola solamente con atti domestici, ma anche attraverso azioni sul piano internazionale. Importantissima da questo punto di vista è la rivendicazione di porzioni della regione artica sulla base delle norme contenute nella convenzione di Montego Bay sul diritto del mare. Le rivendicazioni di Mosca si intersecano con quelle di altri Stati e dunque la questione dovrà essere risolta da un apposito comitato internazionale. Entro l’autunno di quest’anno la Russia invierà prove scientifiche a supporto della propria posizione nel tentativo che le venga così riconosciuta un’area di 1,2 milioni di kilometri quadrati con le relative risorse. Porre le risorse sotto la propria giurisdizione non è però sufficiente. Il loro sfruttamento è una sfida tra le più impegnative, date le condizioni estreme in cui si svolge e a Rosneft e Gazprom (le uniche aziende russe autorizzate per legge ad operare nell’area) manca il know-how tecnologico adeguato. La soluzione è stata trovata in una serie di partnership con aziende estere come ExxonMobil, Eni, Total e Statoil che, in cambio di una partecipazione nelle attività estrattive, consentirà alle compagnie russe di ottenere le capacità per agire nell’Artico.

Le rotte marittime nell'Artic; fonte: The Arctic Institute: Center for Circumpolar Security Studies
Le rotte marittime nell’Artic; fonte: The Arctic Institute: Center for Circumpolar Security Studies

LA STRATEGIA PER LA NSR – Lo sviluppo della NSR è ritenuto importante dal governo russo per via degli indubbi benefici economici che la tratta porterebbe con sé. Ma perché quest’ultima possa essere utilizzata sono necessari diversi interventi che coinvolgano il territorio russo adiacente alla rotta. Innanzitutto la creazione di infrastrutture, al momento quasi completamente assenti, e di controlli di frontiera, la fornitura di servizi, il potenziamento della flotta di rompighiaccio e la preparazione per lo svolgimento di operazioni di salvataggio e soccorso. Il Cremlino è al corrente di queste necessità e sono stati predisposti piani per rispondere a queste criticità. Tuttavia sono diverse le difficoltà che si frappongono e i tempi per concretizzare i piani lunghi, cosicché sono ancora preferibili le classiche rotte piuttosto che la Rotta Marittima Settentrionale. Continua però ad essere nell’interesse della Russia rendere appetibile questa nuova rotta, che godrebbe di un indiscutibile vantaggio rispetto ad altre: se la regione artica rimanesse estranea a tensioni internazionali e stabile, la NSR non sarebbe soggetta a fenomeni come la pirateria che invece affligge le rotte che attraversano il Canale di Suez e lo Stretto di Malacca.

Un sottomarino russo classe Borei in navigazione.
Un sottomarino russo classe Borei in navigazione. Image credit: AFP

L’ASPETTO MILITARE – Lo scioglimento dei ghiacci non crea solo opportunità economiche, ma impone anche dei cambiamenti negli aspetti militari che coinvolgono la regione. Il vantaggio principale che i ghiacci fornivano era il seguente: decine di migliaia di chilometri di costa non dovevano essere presidiati in quanto impraticabili per qualunque minaccia volesse essere portata alla Russia. Mosca sta ora predisponendo una maggiore presenza militare anche se in un’ottica meramente difensiva. E’ prevista per la fine del 2014 la creazione di un Comando Militare Strategico per l’Artico, che comprenderà la Flotta Settentrionale, due brigate addestrate alle operazioni in ambiente polare, forze aeree e unità della difesa aerea, oltre che forze speciali. Lo scopo sarà la protezione degli interessi economici russi nell’area ed il controllo delle frontiere. Dall’ottobre del 2013 si sono riaperte basi aeree e stazioni meteorologiche nelle Isole della Nuova Siberia e nell’arcipelago della Terra di Francesco Giuseppe, mentre a novembre è stato annunciato che è in costruzione una rete di radar classe Voronezh per la copertura della parte settentrionale del Paese, la cui posa in opera si prevede sarà completata entro il 2018. Vi sono però delle sfide da affrontare per le Forze Armate russe. Nel piano di riarmo russo fino al 2020 è prevista una quota non indifferente di stanziamenti per la marina, ma il focus è stato dato alla Flotta del Mar Nero e non a quella Settentrionale. Considerate le caratteristiche tecniche delle attuali navi operanti, la Flotta Settentrionale ha una capacità limitata per operare tra i ghiacci e quindi è attualmente inadatta a sostenere le missioni a sostegno degli interessi economici russi nell’area. Sarà di primaria importanza per la Russia rispondere a questa esigenza della marina, specie in relazione all’accresciuta dipendenza della Federazione dal deterrente nucleare e quindi anche dai sottomarini di classe Borei. Due di questi sottomarini sono stanziati presso la Flotta Settentrionale ed il loro numero crescerà di alcune unità, ma essi godono di poca copertura da parte di una flotta di superficie, numericamente scarsa, e dai ghiacci, che sempre più si ritirano.

Il sottomarino USS Alexandria, classe Los Angeles, emerge tra i ghiacci durante l'esercitazione ICEX 2011.
Il sottomarino USS Alexandria, classe Los Angeles, emerge tra i ghiacci durante l’esercitazione ICEX 2011.

NON SOLO RUSSIA – Mosca non è da sola nella regione. Stati Uniti, Canada, Danimarca, Norvegia ed Islanda sono gli altri Stati che rivestono il ruolo di attori principali nell’estremo nord con rivendicazioni territoriali, tutti membri della NATO. Ad essi vanno aggiunti Svezia e Finlandia, esterne alla NATO (partecipano però alla Partnership for Peace) e prive di rivendicazioni territoriali, ma comunque in prima linea nella gestione degli affari artici. Gli interessi di queste nazioni sono in buona sostanza coincidenti con quelli del Cremlino, così come enunciati nel 2008 con la Dichiarazione di Ilulissat (dalla quale sono state escluse Islanda, Svezia e Finlandia in quanto non aventi coste affacciate sull’Artico), la quale invoca la cooperazione internazionale nella regione tramite i fora di discussione già esistenti ed in accordo con la menzionata convenzione di Montego Bay, ponendo attenzione agli effetti del cambiamento climatico e invitando alla collaborazione in ambito scientifico.

La NATO svolge regolarmente esercitazioni militari nella Norvegia settentrionale. Quest’anno, nel corso dell’esercitazione Cold Response 2014, sono stati mobilitati 16.000 uomini da 16 differenti Paesi e la Russia ha partecipato in qualità di osservatrice. Nonostante la retorica che talvolta segue eventi come Cold Response o gli equivalenti russi e nonostante le tensioni nei rapporti tra Russia e NATO in seguito alla crisi in Ucraina, è improbabile uno scontro nella regione artica allo stato attuale; sembra piuttosto che valgano le intenzioni enunciate ad Ilulissat in considerazione di una collaborazione per lo sviluppo economico di una regione che se avesse luogo arrecherebbe grandi vantaggi a tutti i protagonisti.

CONCLUSIONI – L’Artico offre indubbiamente grandi opportunità per la Russia e tutto lascia intendere che quest’ultima ne abbia colto le prospettive. I primi passi per sfruttare il potenziale economico della regione sono già stati intrapresi, come nei casi delle rivendicazioni territoriali e dell’elaborazione di strategie di lungo periodo. Tuttavia sarà difficile per Mosca portare a termine gli ambiziosi piani che si è prefissata, sia in ambito civile che militare, data la debolezza della propria cantieristica e gli intoppi che già si palesano per la creazione di infrastrutture adeguate allo sviluppo della NSR. La ricerca della collaborazione con aziende estere, come nei casi di Rosneft e Gazprom, è sicuramente la via sulla quale puntare perché consente alle compagnie della Federazione di ottenere capacità e conoscenze che sarebbe difficile recuperare altrimenti. A livello statale è ancora più corretto ricercare la cooperazione con gli altri attori della regione poiché consente la creazione di un ambiente stabile nel quale elaborare, ove possibile, soluzioni comuni alle difficoltà per lo sviluppo e ridurre così i costi per sbloccare un potenziale che altrimenti potrebbe rimanere congelato in tutti i sensi.

Matteo Zerini

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Matteo Zerini
Matteo Zerini

Laureato magistrale in Relazioni Internazionali presso la Statale di Milano, frequento ora il master Science & Security presso il King’s College di Londra. Mi interesso soprattutto di quanto avviene in Europa orientale, Russia in particolare, e di disarmo e proliferazione, specie delle armi di distruzione di massa.

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