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Groenlandia: terra promessa?

A nord dell’Islanda, battuta dai venti sferzanti dell’Artide e bagnata dalle acque gelide dell’atlantico settentrionale, giace un’enorme distesa di terra, ignorata dai più. La Groenlandia è tornata a essere un tema “caldo” del dibattito sullo sfruttamento delle risorse. Vediamo perché

TERRA OSCURA – Nell’immaginario collettivo la Groenlandia è la terra degli eschimesi, che vivono negli igloo e cacciano foche indossando pelli d’orso. Come spesso accade, la realtĂ  è alquanto diversa.

La Groenlandia, un’isola di 2 milioni di km2 (circa 7 volte l’Italia) conta circa 57 mila abitanti, per il 90% di etnia Inuit, principalmente concentrati nell’area intorno alla capitale Nuuk, ridente cittadina, che registra in media 115 ore di luce al mese e una temperatura annua di 1.3 gradi sotto lo zero.

Il territorio è raggiungibile dai turisti solo per via aerea. Durante l’inverno quattro voli a settimana collegano l’isola con Copenhagen e il numero sale a dieci durante l’estate. Islanda e Canada sono generalmente collegati con voli quotidiani durante l’estate.

LA STORIA – A chi appartiene la Groenlandia? E soprattutto, il territorio fa parte dell’Unione Europea? La situazione è piuttosto complessa. Nel 1814, a seguito della separazione tra Danimarca e Norvegia la Groenlandia, come altre colonie, rimase sotto il controllo della Corona Danese. Sin dalla fine della seconda guerra mondiale il paese ha ottenuto crescente autonomia politica da Copenhagen. Nel 1953 ha cessato di essere territorio coloniale pur rimanendo parte costituente del regno di Danimarca. Il processo di decolonizzazione avviato a metĂ  del ’900, il diffuso atteggiamento anti-imperialismo e un “senso di colpa” sviluppatosi in Danimarca per alcuni episodi drammatici riguardanti la popolazione dell’isola (vedi il chicco in piĂą), aprirono la strada a ulteriori riforme nei decenni successivi.

Nel 1979 la Groenlandia ratificò con un referendum la cosiddetta Home Rule, una riforma che istituiva un governo e un parlamento legiferante su questioni “interne”, ma manteneva il veto danese su decisioni in materia di risorse naturali, difesa, politica estera e giurisdizione. Nel 2009 la Home Rule venne sostituita dal Self-Government Act, che riconosce i groenlandesi come collettività indipendente e estende la sovranità del parlamento in materia di risorse naturali e giurisdizione interna, confinando il veto danese alle questioni di difesa, politica estera e diritto internazionale.

Fino a oggi Copenhagen ha di fatto esercitato un monopolio commerciale con la Groenlandia, ma in cambio ha investito a fondo perduto milioni di corone in protezione militare, infrastrutture e sussidi per dare sollievo agli enormi problemi della comunitĂ  locale (abuso di alcool, droghe, corruzione, violenza sui minori), dato che le entrate fiscali da parte di Nuuk sono strutturalmente limitate.

Per quanto riguarda l’Unione Europea, la Groenlandia, per sottrarsi alla regolamentazione sulla pesca,  votò con il referendum nel 1985 il ritiro formale dalle istituzioni comunitarie. Nel 2006 Nuuk ha firmato un accordo che istituisce un accordo di partnership per cui l’UE si impegna a versare annualmente 25 milioni di euro per di favorire politiche sociali a sostegno della popolazione locale.

PROSPETTIVE E SFIDE – Il fatto che la Groenlandia faccia parte regno di Danimarca ma non sia direttamente governato da questo, fa sì che l’isola non sia membro della comunitĂ  Europea e dunque non sia soggetta alla sua legislazione, specialmente per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse.

La Danimarca si trova dunque di fronte ad una situazione paradossale: nonostante abbia fornito supporto costante sia in termini economici che istituzionali, non può oggi beneficiare di un accesso privilegiato alle risorse del paese. Il problema non sembra di facile soluzione e viene trattato con un misto di ambiguità e political correctness dai rappresentanti dei partiti politici in Danimarca.

La corsa alle risorse naturali e il riscaldamento globale hanno attirato crescente l’attenzione verso le aree artiche che custodiscono una buona fetta delle risorse naturali ancora da sfruttare. In particolare in Groenlandia esistono vasti giacimenti di idrocarburi e di minerali, come oro, rame, zinco, platino, nickel, uranio e soprattutto, terre rare. Secondo il Self-Government Act i sussidi dalla Danimarca, e dunque la sua influenza, diminuiranno gradualmente all’aumentare dei proventi ottenuti dalle concessioni minerarie. Il piccolo parlamento groenlandese, formato da 31 membri, può quindi garantire concessioni al miglior offerente, una situazione che può incentivare comportamenti opportunistici.

La posizione della Groenlandia, tra Europa e America del Nord
La posizione della Groenlandia, tra Europa e America del Nord

LA PRESENZA CINESE – Non è una sorpresa che tra i pretendenti ci sia Pechino. Sempre alla ricerca di affari vantaggiosi per assicurarsi l’autosufficienza energetica, il dragone ha saputo sfruttare l’ambizione groenlandese ad ottenere una rapida emancipazione da Copenhagen. La Cina ha giĂ  messo il piede in terra artica. La societĂ  mineraria Sichuan Xinye ha firmato una joint venture con London Mining, titolare della concessione per l’estrazione di ferro nella localitĂ  di Isua. L’accordo prevede l’impiego di know-how britannico e forza lavoro cinese. Se il progetto avrĂ  successo, le compagnie minerarie cinesi Jiangxi Zhongrun e Jiangxi Union otterranno il via libera per l’estrazione di oro e rame in altre localitĂ .

Gli investimenti cinesi suscitano sentimenti discordanti sull’isola. Sichuan Xinye si è impegnata a realizzare un piano d’infrastrutture che comprende un porto, un aeroporto e l’espansione della rete stradale, ma il rovescio della medaglia prevede l’arrivo di 3.000 minatori cinesi, il che non apre prospettive rosee per l’occupazione locale. A Copenhagen numerose critiche sono state rivolte al partito socialdemocratico per non aver preso una posizione risoluta contro i progetti cinesi in Groenlandia. L’impego di lavoratori cinesi nei territori della corona costituisce un’evidente violazione della legislazione sul lavoro e una gestione disinvolta delle operazioni estrattive potrebbe avere conseguenze ambientali disastrose. L’Unione Europea vede con preoccupazione la crescente presenza cinese e ha ventilato la possibilità di ridurre i propri aiuti nel caso in cui Nuuk non prenda provvedimenti in difesa dei lavoratori e dell’ambiente. Bruxelles rappresenta quindi una sponda vantaggiosa nelle negoziazioni della Groenlandia con gli investitori esteri.

La partita è ancora tutta da giocare.

Valeria Giacomin

 

 

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Valeria Giacomin
Valeria Giacomin

Laurea Triennale in Finanza presso l’università Bocconi nel 2009, Double Degree in International Management con la Fudan University di Shanghai tra il 2009 e 2011 e master di secondo livello in Economia del Sud Est Asiatico presso la SOAS di Londra nel 2012. Più di due anni in giro per l’Asia e gran voglia di avventura. Tra il 2010 e il 2012 ho lavorato in Vietnam come analista, a Milano come giornalista e a Città del Capo presso una compagnia e-commerce.
Le mie aree d’interesse sono il commercio internazionale, business development e dinamiche di globalizzazione nei paesi emergenti, in particolare nel settore delle commodities agricole.
Dal 2013 sono PhD Fellow in Danimarca presso la Copenhagen Business School. Sto scrivendo la mia tesi di dottorato sull’evoluzione del mercato dell’olio di palma in Malesia e Indonesia e più in generale seguo progetti di ricerca sul settore agribusiness in Sudest Asiatico.

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