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Il sogno celeste

Già due volte campioni del mondo, gli uruguagi sognano un'incredibile tripleta. Sebbene i pronostici siano tutti contro, si tratta di una delle rivelazioni del torneo. In patria, un Paese sviluppato e economicamente e politicamente in salute, nonostante i problemi legati alla crisi economica mondiale. L'Uruguay resta una delle realtà più virtuose del subcontinente americano e il calcio sembra attualmente calcare le orme della situazione politico-economica.

IL PAESE

Secondo Paese per grandezza in tutto il sub-continente americano, secondo solo al Suriname, il piccolissimo Stato (circa 3 milioni e mezzo di abitanti) rappresenta una delle realtà più floride e sviluppate dell’America Latina. Dal 2004 è al potere per la prima volta il Fronte Ampio, grande coalizione di centro-sinistra che raggruppa tutte le forze della sinistra, dai comunisti, ai socialisti, agli ex guerriglieri rivoluzionari dei Tupamaros. L’economia dell’Uruguay è una delle più virtuose del Sudamerica, così come, a livello politico, la situazione sembra essere molto stabile, dopo la fine della dittatura militare, durata per più di dieci anni tra gli anni ’70 e ’80.

Per alcuni aspetti, verrebbe da dire, ancora “ultimo tra i primi”, se si considera il rapporto dell’Economist Intelligence Unit secondo cui l’Uruguay è il meno democratico delle 28 maggiori democrazie al mondo, il Paese vanta comunque una posizione di avanguardia in tema di libertà e diritti civili, se rapportata al resto dell’America Latina. La qualità della vita è una delle migliori nell’area, come dimostrato dall’aspettativa di vita tra le più alte e i tassi di mortalità tra i più bassi nella regione. Allo stesso modo, l’Uruguay vanta il più basso indice di corruzione percepita di tutto il Sudamerica, dopo il Cile e, dopo l’Argentina, il più alto indice di sviluppo umano. Una delle sfide cui deve far fronte attualmente, complice la contingenza economica mondiale, riguarda la diminuzione della disoccupazione (quasi all’11%) e il peso ancora molto forte dell’agricoltura sull’economia del Paese.

CAFFE’ IN PILLOLE

  • In un’epoca, soprattutto in prospettiva, di conflitti mondiali per le risorse primarie, riguardo la risorsa per eccellenza, l’acqua, l’Uruguay può dormire sogni sereni. Il 100% della popolazione rurale ha accesso all’acqua potabile e il Paese è ricchissimo di risorse idriche.

  • La grandissima maggioranza (circa il 90%) degli abitanti dell’Uruguay, unico caso insieme all’Argentina nel continente sudamericano, è di origine europea, soprattutto spagnola e italiana.

  • L’attuale Presidente uruguagio, Josè Mujica Cordano, è il primo Presidente proveniente dal gruppo dei Tupamaros, rivoluzionari e guerriglieri attivi durante il regime militare.

  • Circa la metà degli abitanti di tutto il Paese è concentrata nell’area urbana della sua capitale Montevideo.

LA CELESTE

In pochi avrebbero scommesso su una squadra apparentemente non irresistibile, proveniente da prove non brillanti nelle ultime apparizioni dei Mondiali di calcio e per di più inserita in un girone, quello A, ostico e quasi insuperabile, con Francia, Messico e i padroni di casa del Sudafrica. Eppure chi lo ha fatto è stato ripagato. L’Uruguay è attualmente tre le prime otto del Mondiale, con buone possibilità di giocarsi un posto in finale, presumibilmente (salvo altre grandi sorprese) con una tra Brasile e Olanda. Già campione del mondo ben due volte, nel 1930 (prima edizione della Coppa del Mondo) e nel 1950, la squadra sudamericana torna a sognare uno storico risultato che entrerebbe nella storia.

Finiti i tempi, a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, dei talenti alla Fonseca, Francescoli, Aguilera e Recoba, tutti di livello internazionale ma troppo isolati per poter far sì che la squadra decollasse, l’Uruguay di oggi, con Tabarez (ex allenatore del Milan) in panchina, sembra essere più competitivo. Dopo aver sostanzialmente fallito nelle ultime edizioni dei Mondiali, la Celeste si gioca contro il Ghana un posto tra le prime quattro di Sudafrica 2010. A guidare la squadra c’è il talento di Diego Forlan, attaccante dell’Atletico Madrid, insieme al bomber dell’Ajax Luis Suarez. Se questi due giocano come sanno, con una riserva di lusso come il palermitano Cavani, sarà difficile per tutti battere questa squadra, nonostante non sia tra le favorite del torneo.

GEOPALLONE

Basterebbe ricordare il nome dello stadio di Montevideo: il Centenario. Nel 1930 la prima edizione dei Mondiali di Calcio, ideati da Jules Rimet, si disputano proprio in Uruguay e l’occasione è un classico intreccio tra calcio e politica: il centenario del Giuramento della Costituzione, avvenuto nel luglio del 1830 . Del resto l’Uruguay era la squadra più forte al mondo, reduce dalle vittorie alle Olimpiadi estive del 1924 e 1928. Organizzazione del Mondiale in casa, stadio appena inaugurato apposta per l’occasione, prendendo spunto dai cento anni della Costituzione del Paese, e la storia è fatta. L’Uruguay, proprio nello stadio di Montevideo, vince i primi Mondiali della storia. Il 31 luglio, giorno dopo la finale dei Mondiali, fu proclamato giorno di festa nazionale.

Nel 1950 ancora l’Uruguay è indirettamente protagonista di una delle crisi socio-politiche legate al calcio più incredibili di sempre. Nell’ultima partita dei Mondiali giocati stavolta in Brasile, davanti ai 200.000 spettatori del mitico Maracanà di Rio de Janeiro, ai padroni di casa basta un pareggio per conquistare il titolo e la vittoria appare certa. A meno di mezz’ora dalla fine il Brasile è in vantaggio, ma in un quarto d’ora la Celeste ribalta il risultato, grazie a due autentici miti del calcio urugagio e mondiale: Ghiggia e Schiaffino. L’Uruguay è per la seconda volta campione del Mondo e la partita passerà alla storia per i Brasiliani come “il disastro del Maracanà. Almeno dieci persone sono morte di infarto nello stadio, per lo choc, e dopo la partita si sono verificati molti casi di suicidio, da parte di brasiliani che avevano scommesso tutto sulla vittoria della propria squadra. L’Uruguay fu costretto a scappare letteralmente in patria, ma ciò non evitò a Schiaffino un’aggressione fuori lo stadio, che gli costò lesioni a una gamba che lo tennero per un anno lontano dai campi di gioco. In Brasile si proclamarono tre giorni di lutto nazionale. Rimangono le parole di Ghiggia: «A sole tre persone è bastato un gesto per far tacere il Maracanà: Frank Sinatra, il Papa e io».

Stefano Torelli

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